Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga pagina 41

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fratello!... Una cum regibus!... - Va bene, va bene, - gli rispose il marchese Limòli. - Non ci pensate. Il barone Mèndola, che era stato a confabulare con della gente, fuori sul pianerottolo, rientrò gesticolando: - Signori miei!... se sapeste!... Casco dalle nuvole!... - Zitto! - gli fece segno il marchese, - zitto! Che cos'è adesso?... Nella camera di Bianca udivasi un gran trambusto; delle voci affannose e supplichevoli; un tramenìo come di gente in lotta; grida deliranti di dolore e di collera; poscia un urlo che fece trasalire tutti quanti. L'uscio fu sbatacchiato con impeto, e ne uscì all'improvviso il marchese, stravolto. Un momento dopo si affacciò la zia Macrì gridando: - Un medico! Presto! presto! Giungevano allora altri parenti in processione, compunti, con guanti neri. In mezzo al rumore delle seggiole smosse, la zia Macrì tornò a gridare: - Presto! un medico! presto! IV "Se agglomerate cerimonie tema non forman delle mie verghe non ne traligna l'ossequio. Sì che sorgenti men fallaci e più stabili le sole preci ne reputo. Il favor di un vostro sguardo è quel che anelo, e lo ambisco mercé delle melenzose mie riga. "L'ore 7 del 17. "Barone Antonino Rubiera." - Sicuro! - aggiunse mastro Titta che stava sull'uscio del palchetto, mentre donna Fifì compitava la letterina. - Me l'ha data lui stesso, il baronello, per consegnarla di nascosto alla prima donna. Ma per carità! Son padre di famiglia!... Non mi fate perdere il pane. Donna Fifì, gialla dalla bile, non rispose neppure. Di nascosto, dietro il parapetto, spiegazzava la lettera con mano febbrile. Indi la passò alla mamma che balbettava. - Ma sentiamo... Cosa dice?... - Me ne vo, - riprese il barbiere umilmente. - Torno sul palcoscenico perché adesso lei ammazza il primo amoroso, e devo pettinarla coi capelli giù per le spalle... Mi raccomando, donna Fifì!... Non mi tradite!... - Ma che dice? - ripeté la mamma. Nicolino cacciò il capo fra di loro, e si buscò una pedata. Agli strilli accorse don Filippo, che stava passeggiando nel corridoio, perché il palco era pieno zeppo. Che c'è?... Al solito! Facciamo ribellare tutto il teatro... soltanto noi!... Canali cacciò anche lui il capo dentro il palchetto. - State attenti! Ora c'è la scena in cui s'ammazzano!... - Magari! - borbottò fra i denti Fifì. - Eh? Che cosa? - Nulla. Fifì ha mal di capo, - rispose don Filippo. Quindi piano alla moglie: - Si può sapere che cosa c'è? - Si soffoca! - aggiunse Canali. - Mi fate un po' di posto?... Guardate lassù!... quanta gente! Quasi quasi mi metto in maniche di camicia. C'era una siepe di teste. Dei contadini ritti in piedi sulle panche della piccionaia, che si tenevano alle travi del soffitto per guardar giù in platea; dei ragazzi che si spenzolavano quasi fuori della ringhiera, come stessero a rimondar degli ulivi; una folla tale che la signora Capitana, nel palco dirimpetto, minacciava di svenirsi ogni momento, colla boccetta d'acqua d'odore sotto il naso. - Perché non si fa slacciare dal Capitan d'Arme? - disse Canali che aveva di tali uscite. Il barone Mèndola, il quale stava facendo visita a donna Giuseppina Alòsi nel palco accanto, si voltò colla sua risata sciocca che si udiva per tutta la sala. Donna Giovannina si fece rossa. Mita sgranò tanto d'occhi, e la mamma spinse Canali fuori dell'uscio. Poi disse a Fifì: - Bada! La Capitana ti guarda col cannocchiale!... - No! Non guarda me! - rispose lei facendo una spallata. - Ne volete sentire una nuova? - seguitò il barone ostinandosi a cacciare il capo nel vano dell'uscio. - C'è un casa del diavolo, dalla Capitana!... Fa sorvegliare la locanda dov'è alloggiata la prima donna!... Suo marito stesso, poveretto!... Pare che ne abbia scoperto delle belle!... - Il Capitan d'Arme, seccato, fu costretto a rimbeccargli: - Perché non badate a quel che succede in casa vostra, caro collega? - Ehm! ehm! - tossì don Filippo gravemente. Dalla platea intimarono pure silenzio, giacché s'alzava il sipario. Donna Bellonia allora cavò fuori gli occhiali per leggere il biglietto, dietro le spalle di Fifì. - Ma che dice? Io non ci capisco niente!... - Ah, non capite?... Non me ne ha scritta mai una così bella!... l'infame! il traditore!... Il fatto è che Ciolla, il quale si piccava di letteratura, ci s'era stillata la quintessenza del cervello, chiusi tutti e due a quattr'occhi col baronello nella retrobottega di Giacinto. Don Filippo tornò a domandare: - Ma che c'è? Si può sapere? - Ssst!!! - zittirono dalla platea. Si sarebbe udita volare una mosca. La prima donna, tutta bianca fuorché i capelli, sciolti giù per le spalle, come l'aveva pettinata mastro Titta, faceva accapponar la pelle a quanti stavano a sentirla. Alcuni, dall'ansia, s'erano anche alzati in piedi, malgrado le proteste di quelli ch'erano seduti dietro e non vedevano niente. Lo stesso Canali, commosso, si soffiava il naso come una tromba. - Guardate! guardate!... adesso!... - "Io!... io stessa!... con questa destra che tu impalmasti, giurandomi eterna fé!..." L'amoroso, un mingherlino che lei si sarebbe messo in tasca, indietreggiava a passi misurati, con una mano sul giustacuore di velluto, e l'altra, in atto di orrore, fra i capelli arricciati. - Non ci reggo, no! - borbottò Canali. E scappò via, giusto nel momento che risuonavano gli applausi. - Che comica, eh? Che talento? - esclamò don Filippo smanacciando lui pure. - Peste!... maleducato!... Nicolino impaurito sgambettava e cacciavasi verso l'uscio a testa in giù, strillando che voleva andarsene. Un terremoto giù in platea. Tutti in piedi, vociando e strepitando. La prima donna ringraziava di qua e di là, dimenando i fianchi, saettando il collo a destra e a sinistra al pari di una testuggine, mandando baci e sorrisi a tutti quanti sulla punta delle dita, colle labbra cucite dal rossetto, il seno che le scappava fuori tremolante ad ogni inchino. - Sangue di!... corpo di!... - esclamò Canali che era tornato ad applaudire. - Son maritato!... son padre di famiglia!... Ma farei uno sproposito!... - Papà mio! papà mio! - proruppe allora donna Fifì, scoppiando a piangere addosso al genitore. - Se mi volete bene, papà mio, fatemi bastonare a dovere quella sgualdrina!... - Eh?... - balbettò don Filippo rimasto a bocca aperta e con le mani in aria. - Che ti piglia adesso? Donna Bellonia, Mita, Giovannina, tutte insieme si alzarono per calmare Fifì, circondandola, spingendola in fondo, verso l'uscio, per nasconderla. Nei palchi dirimpetto, giù in platea, vi fu un ondeggiare di teste, delle risate, dei curiosi che appuntavano il cannocchiale verso il palchetto dei Margarone. Don Filippo, onde far cessare lo scandalo, si mise in prima fila, insieme a Nicolino, appoggiandosi al parapetto, salutando le signore col sorriso a fior di labbra, mentre borbottava sottovoce: - Stupida!... Tuo fratello, così piccolo, ha più giudizio di te, guarda!... Anche nel palco accanto si udiva un tramenìo. La signora Alòsi tutta affaccendata, con la boccettina di acqua d'odore in mano, e il barone Mèndola voltando la schiena al teatro, scuotendo per le braccia un ragazzetto bianco al par della camicia, abbandonato sulla seggiola. - Gli è venuto male al piccolo La Gurna... - disse il barone Mèndola dal palco di donna Giuseppina. - Capisce come uno grande!... Una seccatura! - Come la mia Fifì... or ora!... Benedetti ragazzi! Pigliano tutto sul serio!... Il fanciullo, pallido, con grandi occhi intelligenti e timidi, guardava ancora la scena a sipario calato. Donna Giuseppina, dopo che il nipotino si fu riavuto alquanto, offrì per cortesia la sua boccetta d'odore ai Margarone. Don Filippo seguitò a brontolare sottovoce: - Tale e quale come il ragazzo La Gurna che ha sett'anni!... Vergogna!... Non mi ci pescate più, parola d'onore! Ma tacque vedendo entrare Mèndola che veniva a far visita, vestito in gala, colla giamberga verde bottiglia, i calzoni fior di pomo, soltanto il corvattone nero pel lutto

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