Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga pagina 14

Testo di pubblico dominio

son io... il debitore di tutti quanti!... Brontolava ancora allontanandosi all'ambio della mula sotto il sole cocente: un sole che spaccava le pietre adesso, e faceva scoppiettare le stoppie quasi si accendessero. Nel burrone, fra i due monti, sembrava d'entrare in una fornace; e il paese in cima al colle, arrampicato sui precipizi, disseminato fra rupi enormi, minato da caverne che lo lasciavano come sospeso in aria, nerastro, rugginoso, sembrava abbandonato, senza un'ombra, con tutte le finestre spalancate nell'afa, simili a tanti buchi neri, le croci dei campanili vacillanti nel cielo caliginoso. La stessa mula anelava, tutta sudata, nel salire la via erta. Un povero vecchio che s'incontrò, carico di manipoli, sfinito, si mise a borbottare: - O dove andate vossignoria a quest'ora?... Avete tanti denari, e vi date l'anima al diavolo! Giunse al paese che suonava mezzogiorno, mentre tutti scappavano a casa come facesse temporale. Dal Rosario veniva il canonico Lupi, accaldato, col nicchio sulla nuca, soffiando forte: - Ah, ah, don Gesualdo!... andate a mangiare un boccone?... Io no, per mia disgrazia! Sono a bocca asciutta sino a quest'ora... Vado a celebrare la santa messa... la messa di mezzogiorno!... un capriccio di Monsignore! - Sono salito al paese apposta per voi!... Ho fatto questa pettata! - È caldo, eh! - intanto si asciugava il sudore col fazzoletto. - Ho paura che mi giuochino qualche tiro, riguardo a quell'appalto delle strade comunali, signor canonico. Vossignoria che vi fate sentire in paese... ci avete pensato? So poi l'obbligo mio!... - Ma che dite?... fra di noi!... ci sto lavorando... A proposito, che facciamo per quell'altro affare? ci avete pensato? che risposta mi date? Don Gesualdo il quale aveva messo al passo la mula, camminandogli allato, curvo sulla sella, un po' sbalordito dal gran sole, rispose: - Che affare? Ne ho tanti!... Di quale affare parlate vossignoria? - Ah! ah! la pigliate su quel verso?... Scusate... scusate tanto!... Il canonico mutò subito discorso, quasi non gliene importasse neppure a lui: parlò dell'altro affare della gabella, che bisognava venire a una conclusione colla baronessa Rubiera: - C'è altre novità... Il notaro Neri ha fatto lega con Zacco... Ho paura che... Don Gesualdo allora smontò dalla mula, premuroso, tirandola dietro per le redini, mentre andava passo passo insieme al prete, tutto orecchi, a capo chino e col mento in mano. - Temo che mi cambino la baronessa!... Ho visto il barone a confabulare con quello sciocco di don Ninì... ieri sera, dietro il Collegio... Finsi d'entrare nella farmacia per non farmi scorgere. Capite? un affare grosso!... Son circa cinquecento salme di terra... C'è da guadagnare un bel pezzo di pane, su quell'asta. Don Gesualdo ci si scaldava lui pure: gli occhi accesi dall'afa che gli brillavano in quel discorso. Temeva però gli intrighi degli avversari, tutti pezzi grossi, di quelli che avevano voce in capitolo! E il canonico viceversa, andava raffreddandosi di mano in mano, aggrottandosi in viso, stringendosi nelle spalle, guardandolo fisso di tanto in tanto, e scrollando il capo di sotto in su, come a dargli dell'asino. - Per questo dicevo!... Ma voi la pigliate su quel verso!... Scusate, scusatemi tanto!... Volevo con quell'affare procurarvi l'appoggio di un parentado che conta in paese... la prima nobiltà... Ma voi fate l'indifferente... Scusatemi tanto allora!... Anche per dare una risposta alla signora Sganci che ci aveva messo tanto impegno!... Scusatemi, è una porcheria... - Ah, parlate dell'affare del matrimonio?... Il canonico finse di non dar retta lui stavolta: - Ah! ecco vostro cognato! Vi saluto, massaro Fortunato! Burgio aveva il viso lungo un palmo, aggrottato, con tanto di muso nel faccione pendente. - V'ho visto venire di laggiù, cognato. Sono stato ad aspettarvi lì, al belvedere. Sapete la notizia? Appena quindici salme fecero le fave!... Neanche le spese, com'è vero Iddio!... Son venuto apposta a dirvelo... - Vi ringrazio! grazie tante! Ora che volete da me? Io ve l'aveva detto, quando avete voluto prendere quella chiusa!... buona soltanto per dar spine!... Volete sempre fare di testa vostra, e non ne indovinate una, benedett'uomo! - rispose Gesualdo in collera. - Bene, avete ragione. Lascerò la chiusa. Non la voglio più! Che pretendete altro da me? - Non la volete?... L'affitto vi dura altri due anni!... Chi volete che la pigli?... Non son tutti così gonzi!... Il canonico, vedendo che il discorso si metteva per le lunghe, volse le spalle: - Vi saluto... Don Luca il sagrestano mi aspetta... digiuno come me sino a quest'ora! - E infilò la scaletta pel quartiere alto. Don Gesualdo allora infuriato prese a sfogarsi col cognato: - E venite apposta per darmi la bella notizia?... mentre stavo a discorrere dei fatti miei... sul più bello? mi guastate un affare che stavo combinando!... I bei negozi che fate voi! Chi volete che la pigli quella chiusa? Massaro Fortunato dietro al cognato tornava a ripetere: - Cercando bene... troveremo chi la pigli... La terra è già preparata a maggese per quest'altr'anno... mi costa un occhio... Vostra sorella fa un casa del diavolo... non mi dà pace!... Sapete che castigo di Dio, vostra sorella! - Vi costa, vi costa!... Io lo so a chi costa! - brontolò Gesualdo senza voltarsi. - Sulle mie spalle ricadono tutte queste belle imprese!... Burgio s'offese a quelle parole: - Che volete dire? Spiegatevi, cognato!... Io già lavoro per conto mio! Non sto alle spalle di nessuno, io! - Sì, sì, va bene; sta a vedere ora che devo anche pregarvi? Come se non l'avessi sulle spalle la vostra chiusa... come se il garante non fossi io... Così brontolando tutti e due andarono a cercare Pirtuso, che stava al Fosso, laggiù verso San Giovanni. Mastro Lio stava mangiando quattro fave, coll'uscio socchiuso. - Entrate, entrate, don Gesualdo. Benedicite a vossignoria! Ne comandate? volete restar servito? - Poi come udì parlare della chiusa che Burgio avrebbe voluto appioppare a un altro, di allegro che era si fece scuro in viso, grattandosi il capo. - Eh! eh!... la chiusa del Purgatorio? È un affar serio! Non la vogliono neanche per pascolo. Burgio s'affannava a lodarla, terre di pianura, terre profonde, che gli avevano dato trenta salme di fave quell'anno soltanto, preparate a maggese per l'anno nuovo!... Il cognato tagliò corto, come uno che ha molta altra carne al fuoco, e non ha tempo da perdere inutilmente. - Insomma, mastro Lio, voglio disfarmene. Fate voi una cosa giusta... con prudenza!... - Questo si chiama parlare! - rispose Pirtuso. - Vossignoria sa fare e sa parlare... - E adesso ammiccava coll'occhietto ammammolato, un sorrisetto malizioso che gli errava fra le rughe della bazza irta di peli sudici. Sulla strada soleggiata e deserta a quell'ora stava aspettando un contadino, con un fazzoletto legato sotto il mento, le mani in tasca, giallo e tremante di febbre. Ossequioso, abbozzando un sorriso triste, facendo l'atto di cacciarsi indietro il berretto che teneva sotto il fazzoletto: - Benedicite, signor don Gesualdo... Ho conosciuto la mula... Tanto che vi cerco, vossignoria! Cosa facciamo per quelle quattro olive di Giolio? Io non ho denari per farle cogliere... Vedete come sono ridotto?... cinque mesi di terzana, sissignore, Dio ne liberi vossignoria! Son ridotto all'osso... il giorno senza pane e la sera senza lume... pazienza! Ma la spesa per coglier le olive non posso farla... proprio non posso!... Se le volete, vossignoria... farete un'opera di carità, vossignoria... - Eh! eh!... Il denaro è scarso per tutti, padre mio!... Voi perché avete messo il carro innanzi ai buoi?... Quando non potete... Tutti così!... Vi mettereste sulle spalle un feudo, a lasciarvi fare... Vedremo... Non dico di no... Tutto sta ad intendersi... E lasciò cadere un'offerta minima, seguitando ad andarsene per la sua strada senza voltarsi. L'altro durò un pezzetto a lamentarsi, correndogli dietro, chiamando in

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