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Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga pagina 73bene, mi congratulo, cugina Rubiera! La testa è sana! Conoscete ancora la gente! - Essa voleva narrargli anche i suoi guai, biasciando, sbuffando e imbrogliandosi, con la lingua grossa e le labbra pavonazze, spumanti di bava. Il barone, affettuoso, tendeva l'orecchio, si chinava su di lei. - Eh? Che cosa? Sì, sì, capisco! Avete ragione, poveretta! - In quella sopraggiunse la nuora infuriata. - Non si capisce una maledetta! - osservò Zacco. - Deve essere un purgatorio per voialtri parenti. - La paralitica fulminò un'occhiata feroce, rizzando più che poteva il capo piegato sull'omero, mentre donna Giuseppina la sgridava come una bimba, asciugandole il mento con un fazzoletto sudicio. - Che avete? che volete? stolida!... Vi rovinate la salute!... È proprio una creaturina di latte, Dio lodato! Non bisogna credere a quello che dice! Ci vuole una pazienza da santi a durarla con lei!... - La suocera adesso spalancava gli occhi, guardandola atterrita, rannicchiando il capo nelle spalle, quasi aspettando di essere battuta: - Vedete? Santa pazienza! - Ve l'ho detto, - conchiuse il barone. - Avete il purgatorio in terra, per andarvene diritto in paradiso. Indi giunse don Ninì a prendere le chiavi della cantina. Trovando il cugino fece un certo viso sciocco. - Ah... cugino!... che c'è di nuovo? Vostra moglie sta bene?... Qui, da me, lo vedete... guai colla pala! Che c'è, mammà? i soliti capricci? Permettetemi, cugino Zacco, devo scendere giù un momento... Le chiavi stavano sempre lì, appese allo stipite dell'uscio. La paralitica li accompagnava cogli occhi, senza poter pronunziare una parola, sforzandosi più che potesse di girare il capo a ogni passo che faceva il figliuolo, con delle chiazze di sangue guasto che le ribollivano a un tratto nel viso cadaverico. Zacco allora cominciò a snocciolare il rosario contro di mastro-don Gesualdo. - Signore Iddio, me ne accuso e me ne pento! L'ho durata fin troppo con colui! Mi pareva una brutta cosa abbandonarlo nel bisogno... in mezzo a tutti i suoi nemici... Non fosse altro per carità cristiana... Ma via! è troppo... Neanche i suoi parenti possono tollerarlo, quell'uomo! Figuratevi! neanche quello stolido di don Ferdinando!... Si contenta di non uscire più di casa pur di non essere costretto a mettere il vestito nuovo che gli ha mandato a regalare il cognato... Sin che campa, avete inteso? Quello è un uomo di carattere! Infine sono stanco, avete capito? Non voglio rovinarmi per amore di mastro-don Gesualdo. Ho moglie e figliuoli. Dovrei portarmelo appeso al collo come un sasso per annegarmi? - Ah!... ve l'avevo detto io! Vediamo, via, in coscienza! Cosa era mastro-don Gesualdo vent'anni fa?... Ora ci mette i piedi sul collo, a noialtri! Vedete, signori miei, un barone Zacco che gli lustra le scarpe e s'inimica coi parenti per lui! L'altro chinava il capo, contrito. Confessava che aveva errato, a fin di bene, per impedirgli di far dell'altro male, e cercare di cavarne quel poco di buono che si poteva. Una volta, in vita, si può sbagliare... - L'avete capita finalmente? Avete visto chi aveva ragione di noi due? La moglie gli chiuse la parola in bocca con una gomitata: - Lasciatelo parlare. È lui che deve dire ciò che vuole adesso da noi... quel ch'è venuto a fare... - Bene! - conchiuse Zacco con una risata bonaria. - Son venuto a fare il Figliuol Prodigo, via! Siete contenti? Donna Giuseppina era contenta a bocca stretta. Suo marito guardò prima lei, poi il cugino Zacco, e non seppe che dire. - Bene, - riprese Zacco un'altra volta. - So che stasera quei ragazzi vogliono fare un po' di chiasso per le strade. Ci avete appunto in mano le chiavi della cantina per tenerli allegri. Badate che non ho peli sulla lingua, se a qualcuno salta in mente di venire a seccarmi sotto le mie finestre. Ci ho molta roba anch'io nello stomaco, e non voglio aver dei nemici a credenza, come mastro-don Gesualdo!... Marito e moglie si guardarono negli occhi. - Son padre di famiglia! - tornò a dire il barone. - Devo difendere i miei interessi... Scusate... Se giochiamo a darci il gambetto fra di noi!... Donna Giuseppina prese la parola lei, scandolezzata: - Ma che discorsi son questi?... Scusatemi piuttosto se metto bocca nei vostri affari. Ma infine siamo parenti... - Questo dico io. Siamo parenti! Ed è meglio stare uniti fra di noi... di questi tempi!... Don Ninì gli stese la mano: - Che diavolo!... che sciocchezze!... - Quindi si sbottonò completamente, guardando ogni tanto sua moglie: - Venite in teatro questa sera, per la cantata dell'inno. Fatevi vedere insieme a noialtri. Ci sarà anche il canonico. Dice che non fa peccato, perché è l'inno del papa... Discorreremo poi... Bisogna metter mano alla tasca, amico mio. Bisogna spendere e regalare. Vedete io? E agitava in aria le chiavi della cantina. La vecchia, che non aveva perduto una parola di tutto il discorso, sebbene nessuno badasse a lei, si mise a grugnire in una collera ostinata di bambina, gonfiando apposta le vene del collo per diventar pavonazza in viso. Ricominciò il baccano: nuora e figliuolo la sgridavano a un tempo; lei cercava di urlar più forte, agitando la testa furibonda. Accorse anche Rosaria, col ventre enorme, le mani sudice nella criniera arruffata e grigiastra, minacciando la paralitica lei pure: - Guardate un po'! È diventata cattiva come un asino rosso! Cosa gli manca, eh? Mangia come un lupo! Rosaria non la finiva più su quel tono. Il barone Zacco pensò bene di accomiatarsi in quel frangente. - Dunque, stasera, alla cantata. IV C'era un teatrone, poiché s'entrava gratis. Lumi, cantate, applausi che salivano alle stelle. La signora Aglae era venuta apposta da Modica, a spese del comune, per declamare l'inno di Pio Nono ed altre poesie d'occasione. Al vederla vestita alla greca, con tutta quella grazia di Dio addosso, prosit a lei, don Ninì Rubiera, nella commozione generale, si sentiva venire le lagrime agli occhi, e smanacciava più forte degli altri, borbottando fra di sé: - Corpo di!... È ancora un bel pezzo di donna!... Fortuna che non ci sia mia moglie qui!... Ma i rimasti fuori, che spingevano senza poter entrare, partirono finalmente a strillare viva e morte per conto proprio; e quanti erano in teatro, al baccano, uscirono in piazza, lasciando la prima donna e il signor Pallante a sbracciarsi da soli, colle bandiere in mano. In un momento si riunì una gran folla, che andava ingrossando sempre al par di un fiume. Udivasi un gridìo immenso, degli urli che nel buio e nella confusione suonavano minacciosi. Don Nicolino Margarone, Zacco, Mommino Neri, tutti i bene intenzionati, si sgolavano a chiamare "fuori i lumi!" per vederci chiaro, e che non nascessero dei guai. La folla durò un pezzo a vociare di qua e di là. Indi si rovesciò come un torrente giù per la via di San Giovanni. Dinanzi all'osteria di Pecu-Pecu c'era un panchettino con dei tegami di roba fritta che andò a catafascio - petronciani e pomidoro sotto i piedi. Santo Motta, che stava lì di casa e bottega, strillava come un ossesso, vedendo andare a male tutta quella roba. - Bestie! animali! Che non ne mangiate grazia di Dio? - Quasi pestavano anche lui, nella furia. Giacalone e i più infervorati proposero di sfondar l'uscio della chiesa e portare il santo in processione, per far più colpo. - Sì e no. - Bestemmie e sorgozzoni, lì all'oscuro, sul sagrato. Mastro Cosimo intanto s'era arrampicato sul campanile e suonava a distesa. Le grida e lo scampanìo giungevano sino all'Àlia, sino a Monte Lauro, come delle folate di uragano. Dei lumi si vedevano correre nel paese alto, - un finimondo. A un tratto, quasi fosse corsa una parola d'ordine, la folla s'avviò tumultuando verso il Fosso, dietro coloro che sembravano i caporioni. Mèndola, don Nicolino, lo stesso canonico Lupi che s'era cacciato nella baraonda a fin di bene, strillavano inutilmente: - Ferma! ferma! - Il barone Zacco, non avendo più le gambe di prima, faceva piovere delle legnate, a chi Tag: bene barone moglie don parola donna capo noi occhi Argomenti: mastro cosimo, sangue guasto Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il benefattore di Luigi Capuana Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Mattinate napoletane di Salvatore Di Giacomo Nuove storie d'ogni colore di Emilio De Marchi Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come vestirsi per un appuntamento galante Educazione e addestramento di un cane Medicina estetica, croce e delizia di uomini e donne Una alimentazione corretta Come fare un cambio di look istantaneo
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