Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga pagina 46

Testo di pubblico dominio

addosso una occhiataccia. - Vacci tu al battesimo della tua figliuola. È affar tuo! Io non son nato per stare fra i signoroni... Voialtri venite a cercarmi soltanto quando avete bisogno di me... per chiudere la bocca alla gente... No, no... quando c'è da guadagnare qualcosa non vieni a cercarmi, tu!... Lo sai? L'appalto della strada... la gabella... Mastro Nunzio voleva snocciolare la litania dei rimproveri, intanto che ci si trovava. Ma Gesualdo, il quale aveva già la casa piena di gente, e sapeva che non gli avrebbe mai fatto chinare il capo se aveva detto di no, se ne andò colle spalle e il cuore grossi. Non era allegro neppur lui, poveraccio, sebbene dovesse far la bocca ridente ai mirallegro e ai salamelecchi. Però infine con Nanni l'Orbo, più sfacciato, che gli rompeva le tasche chiedendogli i confetti a piè della scala, si sfogò: - Sì!... Va a vedere!... Va a vedere come s'è storta fin la trave del tetto, ora ch'è nata una bambina in questa casa! Barabba e il cacciatore della baronessa Mèndola avevano dato una mano a scopare, a spolverare, a rimettere in gambe l'altare sconquassato, chiuso da tant'anni nell'armadio a muro della sala grande che serviva di cappella. La sala stessa era ancora parata a lutto, qual'era rimasta dopo la morte di don Diego, coi ritratti velati e gli alveari coperti di drappo nero torno torno per i parenti venuti al funerale, com'era l'uso nelle famiglie antiche. Don Ferdinando, raso di fresco, con un vestito nero del cugino Zacco che gli si arrampicava alla schiena, andava ficcando il naso da per tutto, col viso lungo, le braccia ciondoloni dalle maniche troppo corte, inquieto, sospettoso, domandando a ciascuno: - Che c'è? Cosa volete fare? - Ecco vostro cognato, - gli disse la zia Sganci entrando nella sala insieme a don Gesualdo Motta. - Ora dovete abbracciarvi fra di voi, e non tenere in corpo il malumore, con quella creaturina che c'è di mezzo. - Vi saluto, vi saluto, - borbottò don Ferdinando; e gli voltò le spalle. Ma gli altri parenti che avevano più giudizio, facevano buon viso a don Gesualdo: Mèndola, i cugini Zacco, tutti quanti. Già i tempi erano mutati; il paese intero era stato sottosopra ventiquattr'ore, e non si sapeva quel che poteva capitare un giorno o l'altro. Oramai, per amore o per forza, mastro-don Gesualdo s'era ficcato nel parentado, e bisognava fare i conti con lui. Tutti perciò volevano vedere la bambina - un fiore, una rosa di maggio. - La zia Rubiera abbracciava Bianca, come una mamma che abbia ritrovato la sua creatura, asciugandosi gli occhi col fazzoletto diventato una spugna. - No! Non ho peli sullo stomaco!... Non mi pareva vero, dopo d'averti allevata come una figliuola!... Sono una bestia... Son rimasta una contadina... tale e quale mia madre, buon'anima... col cuore in mano... Bianca tutta adornata sotto il baldacchino del lettone, pallida che sembrava di cera, sbalordita da tutta quella ressa, non sapeva che rispondere, guardava la gente, stralunata, cercava di abbozzare qualche sorriso, balbettando. Suo marito invece faceva la sua parte in mezzo a tutti quegli amici e parenti e mirallegro, col viso aperto e giulivo, le spalle grosse e bonarie, l'orecchio teso a raccogliere i discorsi che si tenevano intorno a lui e dietro le sue spalle. La zia Cirmena, infatuata, rispondeva a coloro che auguravano la nascita di un bel maschiotto, più tardi, che già le femmine sono come la gramigna, e vi scopano poi la casa del bello e del buono per andare a maritarsi... - Eh... i figliuoli bisogna pigliarseli come Dio li manda, maschi o femmine... Se si potesse andare a sceglierli al mercato... A don Gesualdo non gli mancherebbero i denari per comprare il maschio. - Non me ne parlate! - interruppe alla fine la zia Rubiera. - Non sapete quel che costino i maschi!... Quanti dispiaceri!... Lo so io!... E continuò a sfogarsi all'orecchio di Bianca, accesa, sbirciando di sottecchi don Gesualdo per vedere quel che ne dicesse. Don Gesualdo non diceva nulla. Bianca invece, cogli occhi chini, si faceva di mille colori. - Non lo riconosco più, no!... nemmeno io che l'ho fatto!... Ti rammenti, che figliuol d'oro?... docile, amoroso, ubbidiente... Adesso si rivolterebbe anche a sua madre, per quella donnaccia forestiera... una commediante, la conosci? Dicono che ha i denti e i capelli finti... Deve avergli fatta qualche malìa! Commediante e forestiera, capisci!... lui non ci vede più dagli occhi... Spende l'osso del collo... La gente cattiva... i birboni anche l'aiutano... Ma io non pago, no!... Oh, questo poi, no! - Zia! - balbettò Bianca con tutto il sangue al viso. - Che vuoi farci? È la mia croce! Se sapevo tanto piuttosto... Don Gesualdo badava a chiacchierare col cugino Zacco, tutti e due col cuore in mano, amiconi. La baronessa allora spiattellò la domanda che le bolliva dentro: - È vero che tuo marito gli presta dei denari... sottomano?... L'hai visto venire qui, da lui?... Di', che ne sai? - Certo, certo, - rispose in quel punto don Gesualdo. - I figliuoli bisogna pigliarseli come vengono. - Zacco a conferma mostrò le sue ragazze, schierate in fila come tante canne d'organo, modeste e prosperose. - Ecco! io ho cinque figliuole, e voglio bene a tutte egualmente! - Sicuro! - rispose Limòli. - È per questo che non volete maritarle. Donna Lavinia, la maggiore, volse indietro un'occhiata brutta. - Ah, siete qui? - disse il barone. - Siete sempre presente come il diavolo nelle litanie, voi! Il marchese, che doveva essere il padrino, si era messa la croce di Malta. Don Luca venne a dire che il canonico era pronto, e le signore passarono in sala, con un gran fruscìo di seta, dietro donna Marianna la quale portava la bambina. Dall'uscio aperto vedevasi un brulichìo di fiammelle. Don Ferdinando, in fondo al corridoio, fece capolino, curioso. Bianca dalla tenerezza piangeva cheta cheta. Suo marito ch'era rimasto ginocchioni, come gli aveva detto la Macrì, col naso contro il muro, si alzò per calmarla. - Zitta... Non ti far scorgere!... Dinanzi a coloro bisogna far buon viso... Tutt'a un tratto scoppiò giù in piazza un crepitìo indiavolato di mortaletti. Don Ferdinando fuggì via spaventato. Gli altri che assistevano al battesimo corsero al balcone coi ceri in mano. Persino il canonico in cotta e stola. Era Santo, il fratello di don Gesualdo, il quale festeggiava a quel modo il battesimo della nipotina, scamiciato, carponi per terra, colla miccia accesa. Don Gesualdo aprì la finestra per dirgli un sacco di male parole: - Bestia!... Ne fai sempre delle tue!... Bestia!... Gli amici lo calmarono: - Poveraccio... lasciatelo fare. È un modo d'esprimere la sua allegria. La zia Sganci trionfante gli mise sulle braccia la figliuola: - Eccovi Isabella Trao! - Motta e Trao! Isabella Motta e Trao! - corresse il marchese. Zacco soggiunse ch'era un innesto. Le due famiglie che diventavano una sola. Però don Gesualdo tenendo la bambina sulle braccia rimaneva alquanto imbroncito. Intanto don Luca, aiutato da Barabba e dal cacciatore, serviva le granite e i dolci. La zia Cirmena, che aveva portato seco apposta il nipotino La Gurna, gli riempiva le tasche e il fazzoletto. Le Zacco invece, poiché la maggiore, contegnosa, non aveva preso nulla, dissero tutte di no, una dopo l'altra, mangiandosi il vassoio cogli occhi. Don Luca incoraggiava a prendere dicendo: - È roba fresca. Sono stato io stesso ad ordinarla a Santa Maria e al Collegio. Non s'è guardato a spesa. - Diavolo! - disse Zacco, che cercava l'occasione di mostrarsi amabile. - Diavolo! Vorrei vedere anche questa!... - Gli altri facevano coro. - Ecco che risorgeva casa Trao. Voleri di Dio. Quella bambina stessa che aveva voluto nascere nella casa materna. Il canonico Lupi arrivò anche a congratularsi col marchese Limòli il quale aveva pensato al mezzo di non lasciare estinguere il casato alla morte di don Ferdinando. - Sicuro, sicuro, - borbottò don Gesualdo. - Era già inteso... V'avevo detto di sì allora... Quando ho

Tag: don    zia    bianca    casa    viso    bambina    vedere    gente    sala    

Argomenti: paese intero,    sala grande,    drappo nero,    isabella motta

Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina:

Romanzo d'una signorina per bene di Anna Vertua Gentile
La via del rifugio di Guido Gozzano
Il benefattore di Luigi Capuana
Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi
Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili

Articoli del sito affini al contenuto della pagina:

Le candele di olio essenziale
Come fare un trattamento facciale di base a casa
Maschere naturali per la cura della pelle del viso
Manutenzione delle protesi mammarie a lungo termine
Cura dei capelli per la stagione estiva


<- precedente 1   |    2   |    3   |    4   |    5   |    6   |    7   |    8   |    9   |    10   |    11   |    12   |    13   |    14   |    15   |    16   |    17   |    18   |    19   |    20   |    21   |    22   |    23   |    24   |    25   |    26   |    27   |    28   |    29   |    30   |    31   |    32   |    33   |    34   |    35   |    36   |    37   |    38   |    39   |    40   |    41   |    42   |    43   |    44   |    45   |    46   |    47   |    48   |    49   |    50   |    51   |    52   |    53   |    54   |    55   |    56   |    57   |    58   |    59   |    60   |    61   |    62   |    63   |    64   |    65   |    66   |    67   |    68   |    69   |    70   |    71   |    72   |    73   |    74   |    75   |    76   |    77   |    78   |    79   |    80   |    81   |    82   |    83 successiva ->