Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga pagina 33

Testo di pubblico dominio

stata per levare di mano al barone Zacco le terre del comune che da quarant'anni erano nella sua famiglia, e il prezzo a cui erano salite. La gente si affacciava sugli usci, per veder passare mastro-don Gesualdo. - Guardate un po', signori miei, a che s'era arrivati!... - Fresco come un bicchier d'acqua, quel mastro-don Gesualdo che se ne andava a casa, colle mani in tasca... In tasca aveva più denari che capelli in testa! e dava da fare ai primi signori del paese! Nell'anticamera aspettava don Giuseppe Barabba, in livrea: - Signor don Gesualdo, c'è di là la mia padrona a farvi visita... sissignore! - Donna Mariannina in gala era seduta sul canapè di seta, sotto lo specchio grande, nella bella sala gialla. - Nipote mio, l'avete fatta grossa! Avete suscitato l'inferno in tutto il parentado!... Sicuro! La moglie del cugino Zacco è venuta a farmi vedere i lividori!... Sembra ammattito il barone!... Prende a sfogarsi con chi gli capita... Ed anche la cugina Rubiera... dice ch'è un proditorio! che il canonico Lupi vi aveva messi d'amore e d'accordo, e poi tutt'a un tratto... È vero, nipote mio? Son venuta apposta a discorrerne con Bianca... Vediamo, Bianca, aiutami tu. Cerchiamo d'accomodarla. Voi, don Gesualdo, le farete questo regalo, a vostra moglie. Eh? che ne dite? Bianca guardava timidamente ora lei ed ora il marito, rannicchiata in un cantuccio del canapè, colle braccia sul ventre e il fazzoletto di seta in testa, che s'era messo in fretta onde ricevere la zia. Aprì la bocca per rispondere qualche cosa, messa in soggezione da donna Mariannina, la quale continuava a sollecitarla: - Eh? che ne dici? Adesso sono anche affari tuoi. Bianca tornò a guardare il marito, e tacque imbarazzata. Ma egli la tolse d'impiccio. - Io dico di no, - rispose semplicemente. - Ah? ah? Dite così?... Donna Mariannina rimase a bocca aperta lei pure un istante. Poscia divenne rossa come un gallo: - Ah! dite di no?... Scusatemi... Io non c'entro. Ero venuta a parlarne con mia nipote, perché non vorrei liti e questioni fra parenti... Anche coi tuoi fratelli, Bianca... quel che non ho fatto per indurli... don Diego specialmente ch'è così ostinato!... Una disgrazia... un gastigo di Dio! - Che volete farci? - rispose don Gesualdo. - Non tutti i negozi riescono bene. Anch'io, se avessi saputo... Non parlo per la moglie che ho presa, no! Non me ne pento!... Buona, interessata, ubbidiente... Glielo dico qui, in faccia a lei... Ma quanto al resto... lasciamo andare! - Dite bene, lasciamo andare. Apposta son venuta a parlare con Bianca, perché so che le volete bene. Adesso siete marito e moglie, come vuol Dio. Anch'essa è la padrona... - Sissignore, è la padrona. Ma io sono il marito... - Vuol dire che ho sbagliato, - disse la Sganci punta al vivo. - No, non avete sbagliato vossignoria. È che Bianca non se ne intende, poveretta. È vero, Bianca, che non te ne intendi, di'? Bianca disse di sì, chinando il capo, ubbidiente. - Sia per non detto. Non ne parliamo più. Ho fatto il mio dovere di buona zia, per cercare di mettervi d'accordo... Anche oggi, laggiù, al Municipio, avete visto?... quello che vi feci dire dal canonico Lupi?... - Lupus in fabula! - esclamò costui entrando come in casa propria, col cappello in testa, il mantello ondeggiante dietro, fregandosi le mani. - Sparlavate di me, eh? Mi sussurravano le orecchie... - Voi piuttosto, buonalana! Avete la cera di chi ha preso il terno al lotto! - Il terno al lotto? Mi fate il contrappelo anche? Un povero diavolo che s'arrabatta da mattina a sera!... - Si discorreva della gabella delle terre... - disse don Gesualdo tranquillamente, tirando su una presa, - così, per discorrere... - Ah! ah! - rispose il canonico; e si mise a guardare in aria. La zia Sganci osservava lei pure i mobili nuovi, voltando la testa di qua e di là. - Belli! belli! Me l'aveva detto la cugina Cirmena. Peccato che non mi sentissi bene la sera del matrimonio... - E gli altri pure, signora donna Mariannina! - rispose il canonico con una risatina. - Fu un'epidemia!... - No! no! Posso assicurarvelo! in fede mia!... La Rubiera, poveretta!... E anche suo figlio... Lo sento sempre che si lagna... - Zia, come potrei?... - Donna Mariannina s'interruppe. - Ma abbiamo detto di non parlarne più. Lui però si duole di non poter venire a fare il suo dovere... Dissidi ce n'è sempre, dico io, anche tra fratelli e sorelle... Ma passeranno, coll'aiuto di Dio... Sai, Bianca? tuo cugino si marita. Ora non c'è bisogno di far misteri perché tutto è combinato. Don Filippo dà la tenuta alla Salonia, trenta salme di terra! Una bella dote. Bianca ebbe un'ondata di sangue al viso, indi divenne smorta come un cencio; ma non si mosse né disse verbo. Il canonico rispose lui invece, masticando ancora l'amaro. - Lo sappiamo! lo sappiamo! L'abbiamo capita oggi, al Municipio!... - Infine non seppe più frenarsi, quasi bruciasse a lui la ferita. - La baronessa Rubiera ha cercato di dare il gambetto a me pure!... a me che le avevo proposto l'affare!... Si è messa d'accordo cogli avversari! Tutti contrari!... I parenti della moglie schierati contro il marito!... Uno scandalo che non s'è mai visto... Hanno bandito un nuovo appalto per il ponte... onde fargli perdere la cauzione a questo disgraziato! Tutte le angherie!... Per la costruzione delle nuove strade fanno venire i concorrenti sin da Caltagirone e da Lentini!... - Di là almeno non ci capita addosso qualche altro parente!... - ha detto il barone Mèndola, colla sua stessa bocca, nella farmacia. Donna Marianna diventava di cento colori, e si mordeva le labbra per non spifferare il fatto suo. Don Gesualdo invece se la rideva tranquillamente, sdraiato sul suo bel canapè soffice, e a un certo punto gli chiuse anche la bocca con la mano, al canonico. - Lasciate stare!... Queste son chiacchiere che non vanno al mulino. Ciascuno fa il suo interesse. - Dico per rispondere a donna Mariannina. Volete sentirne un'altra, eh? la più bella? Si sono pure messi d'accordo per vendere il grano a rotta di collo, e far cascare i prezzi. Una camorra! Il baronello Rubiera ha detto che non gliene importa di perdervi cent'onze, pur di farne perdere mille a don Gesualdo che ha i magazzini pieni... Al marito di sua cugina! Vergogna! Ce n'ho venti salme anch'io, capite, vossignoria! Una birbonata! Il canonico andava scaldandosi maggiormente di mano in mano, rivolto a mastro-don Gesualdo: - Bel guadagno avete fatto a imparentarvi con loro. Chi l'avrebbe detto... eh? L'avete sbagliata!... Scusate, donna Bianca! non parlo per voi che siete un tesoro!... Allora, cara donna Mariannina!... allora, quand'è così, muoia Sansone con tutti i Filistei. - E lasciamoli morire, - disse la signora Sganci alzandosi. - Già il mondo non finirà per questo. - Come la nipote s'era alzata anch'essa dal canapè, mortificata da tutti quei discorsi, colle braccia incrociate sul ventre, donna Mariannina continuò ridendo e fissandole gli occhi addosso: - È vero, Bianca, che il mondo non lo lascerai finire, tu? - Bianca tornò a farsi rossa. - Evviva! Mi congratulo. Ora che avete questa bella casa dovete fare un bel battesimo... con tutti i parenti... d'amore e d'accordo. Se no, perché li avrete spesi tanti denari? Don Gesualdo non voleva darla vinta ai suoi nemici, ma dentro si rodeva, perché davvero non gli servivano gran cosa tutti quei denari spesi. - Eh, eh, - rispose con quel certo buon umore che voleva sfoggiare allora. - Pazienza! Serviranno per chi verrà dopo di noi, se Dio vuole! - E batteva affettuosamente sulla spalla della moglie, amorevole e sorridente, mentre pensava pure che se i suoi figliuoli avessero avuto la stessa sorte, erano proprio denari buttati via, tante fatiche, i guadagni stessi, sempre con quel bel risultato! Poi, quando la zia Sganci se ne fu andata, prese a brontolare contro Bianca, che non si era messo il vestito buono per ricevere la zia: - Allora a che serve aver la roba? Diranno che ti tengo come una serva. Bel

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Argomenti: povero diavolo,    nuovo appalto

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