La vita comincia domani di Guido da Verona pagina 52

Testo di pubblico dominio

solo, contro quella scolaresca dileggiante. Quando un calamaio spruzzò d'inchiostro l'assito polveroso che innalzava la cattedra, divenne livido per la collera, si compresse i pugni su le tempie, diede un calcio a quel calamaio spezzato, ed uscì. La scolaresca lo accompagnava cantando a tempo di fanfara: — «Non si vuol nè più nè meno, che scacciare il Saraceno!». Man mano che finiva una classe gli studenti affluivan nella corte, sicchè tutti i professori, dopo aver tentato invano d'imbrigliare quella ribellione, s'eran adunati perplessi nella sala del Consiglio Accademico. Frattanto, sotto il porticato, s'improvvisavan cartelli a pitture d'inchiostro e s'affiggevano alle colonne, o, inastate, si portavan come insegne sopra il mareggiare delle teste. — Vogliamo la terza sessione! Fuori il Saraceno! Abbasso il Rettore Rolandi!» Poi si torcevan dalle risa davanti ad una caricatura improvvisata, che, nel contorno d'una enorme bottiglia d'Acqua di Janos, raffigurava il Rolando e il Saraceno seduti a braccetto sopra due pitali. E sotto eravi la scritta: «Congedo per motivi di salute» — Fuori! fuori! si chiude! — gridava a squarciagola il bidello, tentando di persuaderli con le buone a scendere in istrada. Ma lo tiravan per la giubba e gli davan lo sgambetto, chiamandolo il «Grand'Eunuco», per esser egli senza pelo, alto e panciuto. Dalla scala del Consiglio, stretta d'assedio, scese un piccolo vecchio dalla bianca barba quadrata, il professore di fisiologìa, che gli studenti amavano. Fu accolto da un'ovazione: — «Viva il professore Sammarco! Ci ascolti, professore...» Tutti gli si facevano intorno, volevano tutti parlare. Egli alzò davanti a loro il palmo rugoso, come faceva dalla sua cattedra per imporre silenzio. — Sentite, figliuoli... Se non vi sciogliete súbito, il Rettore annunzia che farà chiudere l'Università fino a tempo indeterminato. E riflettete che siam presso agli esami. Ragazzi, mandate una commissione: le vostre domande saranno discusse. — È un pezzo che inoltriamo domande! Ci si beffa di noi! Revoca e sessione! Viva il professor Sammarco! — Figliuoli, ascoltate... Ma la sua voce debole si perdeva nel frastuono, mentre la notizia della minacciata chiusura si diffondeva per la corte sollevando urli; un gesticolar di braccia furibonde si agitava contro le finestre del Consiglio Accademico. Il Commissario camminava nervosamente davanti all'Università, senza badare ai dileggi velati che gli mandava la studentesca; una ressa di popolo curioso ingombrava la strada, e su l'alto della scalinata il bidello gesticolante cercava di persuadere quelli ch'eran seduti sui gradini a levarsi e discendere nella strada. Ma in fondo alla corte cominciavano a scoppiare grida sediziose: — Barricate la porta! Non vogliamo poliziotti. Contro la forza useremo la forza! Uh!... uh!... L'orologio della torre sonò le undici, con lenti colpi metallici che furono ascoltati; poi tutti si ammassarono sotto le finestre del Consiglio, quasi avessero in animo di darvi la scalata. Appunto alle undici doveva il Ferento impartire la sua lezione agli studenti del quinto anno, ed ecco sopraggiungeva, camminando frettoloso, allorchè di lontano vide quell'assembramento davanti all'entrata dell'Università. Quasi correndo percorse l'ultimo tratto, udì le grida, si cacciò nella folla ed apparve in basso della gradinata. Il Commissario, che per primo lo riconobbe, gli si avvicinò parlandogli concitato: — Questa indecenza dura da oltre un'ora! Hanno messo un'aula a soqquadro ed asserragliano i Professori. Esito ad intervenire per timore di guai serii, ma se fra dieci minuti non si sciolgono, chiamo rinforzi, entro e li sgombero. — Aspetti! — egli disse rapidamente. E saliti d'un balzo i tre gradini esterni, si cacciò in mezzo ad un gruppo di studenti, che al vederlo ammutolirono. Egli girò su tutti loro uno sguardo freddo, quasi malvagio, ma nulla disse: camminò avanti, a fronte alta, quasi fosse certo che la scalinata ingombra dovesse aprire un varco davanti a lui. D'improvviso, tutti coloro che barricavan la gradinata standovi seduti e vociando, con un sol moto sorsero in piedi, si fendettero, ed egli salì fra loro velocemente, con gli occhi accesi d'una collera muta. Su l'alto della scalinata si volse con veemenza: — E nessuno di voi — gridò ai più vicini, — ha osato imporre silenzio a questa gazzarra da comizio pubblico? Nessuno? E perchè venite qui a studiare l'uomo, se non avete compreso ancora che la più vile cosa per un uomo è ubbidire alla folla? Il bidello ansante gli corse incontro, congiungendo le mani, quasi che in lui fosse l'estrema sua speranza. Egli non l'ascoltò nemmeno, ma vôlti gli occhi beffardi sovra il cerchio di studenti che gli si formava intorno: — Dove sono e chi sono, — interrogò — i promotori d'una così bella rivolta? Chi sono, domando? Non c'è fra voi uno solo che osi declinare il proprio nome? — Io, per esempio! — esclamò con tracotanza un giovine di membra complesse, che, sebben lontano, cercava di estollere il suo massiccio cranio chiomato, perch'egli lo riconoscesse. — Ah, lei? Magentini, se non erro? — Appunto, Magentini del quinto anno, — rispose il giovine facendosi largo. E incominciò, con un tono arrogante: — Perchè, vede, professore... — Non si disturbi, la prego! Di lei mi ricordo bene, assai bene. Poichè, avendola interrogata qualche tempo fa su certi problemi di embriologìa, ella mi espose una teorìa siffatta, secondo la quale, come le osservai, il colmo per la donna evoluta sarebbe quello di mettere al mondo un neonato con la barba... Si accomodi pure! Una risata clamorosa eruppe dagli ascoltatori, facendo giustizia del malcapitato, che si rimpicciolì nella ressa, mentre invece, nel fondo della corte, il gruppo de' più facinorosi non cessava dalle grida ostili. — Taceranno! — egli affermò con la voce rauca d'ira. — Taceranno! — E si cacciò davanti, pallido, nel tumulto che infieriva. Due ne prese per le spalle, quattro ne urtò: sotto i porticati la studentesca ondeggiava; un lungo solco di silenzio rimaneva dietro i suoi passi. Chiamati per nome, alcuni studenti lo spalleggiavano; e camminando a fronte alta, sicuro di non fermarsi, la sua pallida forza impetuosamente li dominò. Un certo silenzio intorno a lui si fece, un poco d'ordine fu ristabilito, e solo permaneva sotto le finestre del Consiglio il gruppo de' più accesi, che non volevano intender ragione. Quando costoro s'accorsero che la maggioranza dei compagni stava per arrendersi a consigli di moderatezza, con furore insorsero chiamandoli disertori e pecore, facendo quanto baccano potevano, perchè nessuna parola d'ordine fosse potuta udire. — «Uh! vi lasciate tirare per le orecchie! Pecore! pecore! uuh!...» Poi si cominciò a gridare: — «Abbasso il Ferento!» — prima da qualche voce isolata, poi con gran clamore da tutto il gruppo ch'era lontano. Egli si volse, come se l'avessero staffilato in pieno viso; balzò sul muricciuolo che riuniva i colonnati, così da estollersi alto e solo sopra l'assembramento, e simile a quello ch'era stato nei giorni di battaglia, quando, amato e odiato, il suo nome batteva come una bandiera, tese verso loro il braccio, e ridendo esclamò: — È inutile che mi gridiate abbasso, perchè la natura mi ha posto in alto! E brillava, e la sua testa leonina era bella a vedersi come quella di un tribuno imperioso che dómini un parlamento. Brillava ed era solo, e raggiava da sè tanta forza, che i gridatori si tacquero, mentre da tutta la studentesca infiammata un altissimo grido si partiva, una sol voce, che obliosa d'ogni piccola discordia pareva inginocchiasse quei giovani davanti all'uomo più forte. — Spezzare qualche banco, assediare una scala, dipingere ad inchiostro una piacevole caricatura, farvi suonare i tre squilli e sciogliere dalla Polizia... sarebbe questo per caso lo spirito di

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Argomenti: lungo solco,    enorme bottiglia,    voce debole,    popolo curioso,    massiccio cranio

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