La favorita del Mahdi di Emilio Salgari pagina 56

Testo di pubblico dominio

ufficiali basci-bozuk che gli restituirono spigliatamente il saluto, strinse vigorosamente la mano che il reporter gli porgeva. —Dove diavolo siete stato fino ad ora? chiese gaiamente il generale. Sono sei giorni che non vi fate vedere nella mia tenda, amico caro, e cominciavo a temere che vi fosse accaduta qualche disgrazia. —Non ancora, generale, disse O'Donovan, sorridendo. Ho fatto una escursione agli avamposti per vedere come vanno le faccende. —E che avete veduto? —Ho trovato innanzi a tutto questi due ufficiali che conobbi a Chartum e che venivano appositamente in cerca del vostro esercito per arruolarsi. Vogliono combattere contro le orde del Mahdi. —Ah! fe' il generale, fissando attentamente i due falsi ufficiali.
Voi siete venuti appositamente per combattere contro i ribelli?
—Sì, generale, disse Fathma —Da dove venite? —Dal Bahr-el-Abiad. —Avete incontrato dei ribelli dietro via? —Ci hanno inseguiti dieci o dodici volte. —Avete avuto un bel coraggio, amici miei, e una bella costanza per raggiungere il mio esercito attraversando un paese sollevato a rivolta. Ah! voi volete battervi? Vi batterete e presto. —Si fa partenza forse? chiese O'Donovan. —Fra qualche giorno, rispose il generale, diventando d'un tratto pensieroso. Sapete, O'Donovan, che noi ci troviamo in una posizione che può chiamarsi disperata? Se noi non entriamo più che in fretta in El-Obeid, corriamo il pericolo di terminare la campagna con una catastrofe. —Cosa c'è di nuovo? —Che l'esercito muore di stenti e di sete. Non vuole più obbedire ai miei comandi, si lamenta che manca di tutto, che così non la può durare, che ne ha abbastanza della campagna e che vuole ritornare a casa. —Quando è così si ricorre a mezzi estremi per ridurlo all'obbedienza. —Allora si ribella. —Si fucilano i ribelli. —Con Aladin pascià è impossibile fucilare. Anche ieri l'altro un circasso sparò una fucilata contro un ufficiale dei basci-bozuk e fu un vero miracolo se non l'uccise. Io voleva far passare per le armi il circasso, ma Aladin s'interpose e dovetti cedere. Come è possibile farsi ubbidire con questi esempi? —Ma non siete voi il comandante supremo dell'esercito? —Sì, sono io, ma solo di nome, disse con amarezza il generale. —Qui mi si odia, qui si mormora che io conduco l'esercito a completa ruina, che non so comandare, che mi curo degli Egiziani come fossero i miei cani. Sono inglese, e voi sapete guanto gli Egiziani odiano noi. Vi sono dei giorni che mi pento di essermi messo alla testa di questi miserabili, ve lo giuro. —Quando marcieremo su El-Obeid? —Appena che avrò appianate le questioni con Aladin pascià. Io voglio marciare seguendo la pianura, lui vuole prendere la via dei monti, e intanto si perde tempo e il pericolo cresce. —Dove trovasi l'esercito del Mahdi? —Chi lo sa? Le guide ci tradiscono, le spie si contraddicono; non sappiamo affatto nulla. Per maggior disgrazia un tedesco la scorsa notte disertò e si dice che siasi recato al campo del Mahdi. —Chi è questo traditore? chiese con indignazione O'Donovan. —Il vostro servo. —Che?… Gustavo Klootz…[1] Tuoni e fulmini!… È impossibile. [1] Il 20 agosto 1885 mi abboccai coll'illustre missionario D. Luigi Bonomi, reduce dal Sudan dopo essere stato per tre lunghi anni prigioniero del Mahdi. Interrogatolo su Gustavo Klootz mi disse: «È vero che scomparve dal campo ma non credo che abbia informato il Mahdi dell'indisciplina che regnava nel campo degli Egiziani. «Gustavo Klootz, divenuto poi mio amico, era un buon giovane, incapace di un tradimento. Il Mahdi l'aveva fatto suo consigliere e lo stimava molto. «Più volte il Klootz aiutò noi prigionieri e s'adoperò per
calmare il suo terribile padrone che ci minacciava di morte.»
(E. S.)
—Ve lo dico io, O'Donovan. Il reporter vibrò un pugno spaventevole ad una scranna che non resse all'urto e andò in pezzi. —Miserabile Klootz! tuonò. Chi avrebbe detto che quel giovanotto sarebbe diventato un traditore! io non lo credo ancora. —Eppure è vero. È scomparso la scorsa notte. —Forse fu ucciso. —No, delle spie l'hanno visto entrare nel campo di Ahmed. —Allora siamo perduti. Il miserabile narrerà al Mahdi che l'indisciplina regna nelle nostre truppe e che manchiamo di tutto. —È cosa certa, disse il generale. —Spingerà il Mahdi a piombarci addosso. Il generale crollò il capo. —Forse è meglio, disse, dopo qualche istante di meditazione. Una battaglia la desidero poichè la sola vittoria può salvarci. —E se invece di vincere si perde? —Dio nol permetta; neppur uno di noi scamperà all'eccidio! La fronte del generale s'aggrottò. Chinò il capo sul petto, incrociò macchinalmente le braccia e si mise a passeggiare in preda a brutti pensieri. Il più profondo silenzio regnò per qualche minuto nella tenda. Ad un tratto O'Donovan sentì urtarsi il gomito. Si volse e vide Fathma che lo guardava con occhi supplichevoli; comprese subito ciò che voleva. —Generale, disse. Hicks pascià rialzò la testa interrompendo la passeggiata. —Avete qualche cosa da dirmi, chiese distrattamente. —Conoscete voi gli ufficiali che condusse Dhafar pascià? —Tutti. —Fathma s'avvicinò vieppiù a O'Donovan, Non respirò più e strinse le mani sul petto quasi volesse imporre silenzio ai precipitosi battiti del suo cuore. —Generale, continuò il reporter, avete conosciuto un tenente che si chiama Abd-el-Kerim? Hicks pascià lo guardò in silenzio passandosi la mano manca sulla fronte come cercasse nella memoria. —Un arabo? disse poi. —Sì, un arabo esclamò Fathma con veemenza. —Era alto, dal nobile portamento, capelli e baffi neri. —Sì, proprio così, proprio così, balbettò l'almea. —L'avete conosciuto anche voi? —Era… Era un mio amico. —Ah! fe' il generale. Lo conobbi a Duhem assieme al capitano Hassarn. Un rauco sospiro sortì dalle labbra contratte di Fathma e la sua fronte si coprì di stille di sudore. I suoi occhi si aprirono smisuratamente fissandosi in quelli del generale, come volesse leggere ciò che passavagli per la mente. —L'avete conosciuto, mormorò ella con un filo di voce. Ed ora… si trova qui? —No, nè lui ne Hassarn. L'almea indietreggiò tre o quattro passi barcollando come se fosse stata percossa dalla folgore. O'Donovan l'afferrò per un braccio stringendoglielo come in una morsa. Ella s'arrestò di botto; comprese il pericolo che correva, l'abisso in cui stava forse per precipitare. —Che è successo di loro? chiese O'Donovan stornando l'attenzione del generale. Sono stati forse uccisi? —Sono caduti in una imboscata appena usciti da Duhem. Il capitano
Hassarn fu ucciso da tre colpi di lancia, l'altro…
—L'altro?… chiese Fathma con voce strozzata. —Fu fatto prigioniero dagl'insorti!… —Dio!… rantolò ella. Cacciò fuori un urlo disperato, straziante, portò le mani alla testa e cadde fra le braccia di Omar. O'Donovan impallidì come un morto; credette che tutto fosse perduto. —Che è successo? chiese il generale correndo verso Fathma. —Non è nulla generale, disse O'Donovan, sbarrandogli il passo.
Abd-el-Kerim era suo… era suo fratello.
—Ah! disgraziato!… slacciategli le vesti, lasciatemi vedere: —Non è nulla, vi ripeto, non è nulla. —Chiamatemi il capitano medico, replicò il generale cercando di avvicinarsi all'almea svenuta. Lasciatemi vedere se posso fare qualche cosa io. —Lo chiamerò più tardi, generale, non datevi pensiero di nulla, lasciate che lo trasporti nella mia tenda. Portalo via Omar. Il negro vedendo il generale avvicinarsi e comprendendo il gran pericolo che correva l'almea se veniva scoperta, s'affrettò a gettarle sul volto il turbante, poi, presala fra le braccia, uscì di corsa dalla tenda. —Permettetemi di seguirlo, generale, disse O'Donovan che sentì il cuore allargarsi. Quel povero ufficiale ha avuto un terribile colpo. —Fate pure O'Donovan, ma potevate lasciarlo

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Argomenti: profondo silenzio,    quattro passi,    vero miracolo,    terribile padrone,    pugno spaventevole

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