La favorita del Mahdi di Emilio Salgari pagina 30

Testo di pubblico dominio

sulla guardia della scimitarra. —Chi sei? gli chiese con voce arrangolata. —Un dongolese che militò sotto le bandiere del Mahdi e che poi disertò per passare sotto quelle di Yossif pascià. Sono un superstite della strage di Kadir. —E tu dici?… —Che quella donna mente. —Io! esclamò la povera almea, che perdeva il suo sangue freddo. —Sì! tu menti, ripetè il dongolese con maggior forza. Io ti vidi a
El-Obeid quando tu eri la favorita del Mahdi!
Fathma mandò un grido terribile e tentò gettarsi sul dongolese, ma i soldati l'afferrarono pei polsi. Abd-el-Kerim mise mano alla scimitarra. —Miserabile! urlò egli. Gli ufficiali però lo disarmarono, trascinandolo via come pure disarmarono il capitano Hassarn che aveva puntata una pistola sul delatore. —Arrestate quella donna, disse Dhafar pascià, e conducetela a
Chartum.
—Non fatelo! Non fatelo!… urlò Abd-el-Kerim che fuori di sè dibattevasi disperatamente fra gli ufficiali. —Arrestate quella donna, e trascinatela via, replicò Dhafar imperiosamente. I soldati afferrarono l'almea e la portarono via malgrado le strazianti sue grida e i suoi sforzi sovrumani. —Aiuto, Abd-el-Kerim, aiuto, Hassarn, ripeteva la poveretta. L'arabo cercò di correre in suo aiuto seco trascinando gli ufficiali ma si fermò dinanzi al pascià che, tratto dalla cintura un revolver, lo toglieva di mira. —Se tu la segui io ti ammazzo, gli disse Dhafar. —Lasciami andare che io diserto la mia bandiera, lascia che io segua colei che amo più della mia vita, urlò Abd-el-Kerim, che pareva un pazzo. Degradami se vuoi ma lascia che io vada con lei a Chartum, che io la protegga, che io la discolpi. —Abd-el-Kerim, ho ordini formali del governatore di Chartum di condurti meco e io ti condurrò al sud. Ad un suo cenno dodici o quindici neri s'impadronirono dello sventurato arabo, lo rovesciarono, lo legarono saldamente e lo trascinarono a viva forza. Hassarn che aveva sguainata la scimitarra, circondato da ogni lato, fu costretto ad abbandonare ogni difesa e a lasciarsi arrestare. —A cavallo, comandò il pascià. Lo stato maggiore salì in sella e si affrettò a raggiungere il piccolo esercito che si dirigeva verso i monti Kaid. Nel medesimo istante echeggiò un gran scroscio di risa beffarde e il greco Notis apparve. Egli tese le mani l'una verso il sud dove veniva trascinato
Abd-el-Kerim e l'altra verso il nord dove veniva trascinata Fathma.
—Io al nord ed Elenka al sud, diss'egli. I greci hanno vinto gli arabi. CAPITOLO XIV.—La caccia all'almea. L'esercito egiziano era ormai scomparso dietro le colline quando il greco lasciò il campo. Egli raggiunse il villaggio d'Hossanieh, ben avvolto nel taub, attraversò rapidamente quel laberinto di viuzze ingombre di cammelli carichi per lo più di gomma o di durah e guadagnò un'altura sulla quale il dongolese che aveva accusata l'almea, canterellava dei versetti dell'Alcorano. —Ah! sei qui, disse il greco. Ti ringrazio innanzi a tutto del servigio che hai reso alla favorita del Mahdi. —Ringraziate vostra sorella che mi diede l'imbeccata, rispose il dongolese. Bisogna proprio dire che è una gran furba. —È greca e ciò basta. Hai veduto alcuno? —Fit Debbeud e i suoi sono nascosti a cinquecento passi da qui e non attendono che il segnale per venire. —Non perdiamo tempo allora. Trasse una pistola e la sparò in aria; una detonazione analoga facevasi udire pochi secondi dopo. Quasi subito una banda di mahari uscì da un macchione di palme deleb e si diresse a tutta corsa verso l'altura. In testa cavalcava Fit Debbeud, riconoscibile pel suo fez rosso e le bardature lucenti del suo cammello, e al suo fianco cavalcava, Elenka colla carabina in mano e la lunga capigliatura, cosparsa di monete d'oro, sciolta al vento. Giunti ai piedi del colle lo sceicco e la greca discesero di sella e raggiunsero Notis che aveva acceso pacificamente il suo scibouk. —Ebbene, fratello, chiese Elenka con voce un po' alterata e pigliandogli una mano. —Tutto è andato bene, rispose Notis. —Ah!.. esclamò la greca con gioia feroce. I Greci hanno battuto gli
Arabi.
—Si, sorella, i Greci hanno vinto gli Arabi. —Fathma adunque?… —È condotta prigioniera a Chartum. —E lui?… —E lui segue l'esercito. —L'ha abbandonata forse?… —Oibò! Abd-el-Kerim è più innamorato di prima. Sulla nivea fronte della greca si disegnò una profonda ruga. —Ancora, diss'ella con dispetto. Come è avvenuta la separazione? —Furono separati colla forza e poco mancò che Dhafar pascià non uccidesse l'arabo con un colpo di revolver. Il maledetto aveva tratta la scimitarra per accorrere in aiuto di Fathma. —E che facciamo ora? —Io vado dietro l'almea e tu ad Abd-el-Kerim; questo è quello che ci rimane a fare. —Ma se Abd-el-Kerim è così fortemente innamorato di Fathma, alla prima occasione diserterà per raggiungerla. —Ecco quello che tu dovrai impedire. Dhafar pascià ti darà man forte per trattenerlo al campo. —Ho paura di non riuscire nel mio intento, Notis. Se ama tanto l'almea giammai acconsentirà a diventare mio fidanzato dopo quel che feci. —Bah? fe' il greco, alzando le spalle. Il tempo cicatrizza le ferite e cicatrizzerà anche quella di Abd-el-Kerim. Seguilo, mostrati premurosa e sottomessa a lui, salvalo quando puoi salvarlo e affascinalo appena che lo potrai fare senza pericolo. Hai il tuo mahari, armi e argento, unisco a tutto ciò il mio schiavo Takir onde ti protegga: va con Dio! —E tu! —Io vado dietro a Fathma, la raggiungo, sbaraglio la sua scorta e me la porto a Quetêna oppure in qualche altra città, forse a Chartum. —Sicchè forse non ci rivedremo più. —Chi sa? Se Dio lo vuole! Del resto non c'è altra scappatoia: o andare o restare, che equivale a vincere o perdere. Scegli! —Parto pel sud. —Ed io parto pel nord. Il greco prese Elenka per mano e scesero la collina seguiti dallo sceicco che non apriva bocca. —Va, sorella, che il tempo stringe e sii forte e prudente, disse
Notis, quando giunsero al piano.
—È per me doloroso separarci per sempre, fratello. —Dio lo vuole. Elenka salì sul suo mahari, dopo aver abbracciato il fratello; gli strinse un'ultima volta la mano e partì rapidamente accompagnata dal nubiano. Tre volte volse la testa indietro salutando col fazzoletto…. poi sparve in mezzo ai campi di durah e alle foreste di tamarindi. —Povera sorella, mormorò Notis sospirando. Ho il presentimento di non rivederla più mai! Egli rimase lì colle braccia incrociate sul petto e lo sguardo fisso verso il luogo ove era scomparsa Elenka. Lo sceicco lo trasse da quei tetri pensieri battendogli sulle spalle. —Non bisogna stare qui troppo, gli disse. —Hai ragione, Fit Debbeud, rispose il greco. —Che via prendiamo? —Quella di Chartum. Prima che il sole tramonti bisogna che Fathma sia in mia mano. —E colla scorta, come si farà? —Adopereremo le nostre armi e li uccideremo dal primo all'ultimo. —Quando è così, siamo tutti pronti. In sella compagni! Il drappello si mise in marcia senza troppo affrettarsi, volendo raggiungere la scorta in sulla sera, nel momento che accampava, onde impedirle che potesse salvarsi colla fuga. Notis aveva sommo interesse che nessuno sopravvivesse, onde evitare che si recassero a Chartum a denunciarlo e quindi a perderlo. Passato Hossanieh essi s'inoltrarono nelle vaste pianure del nord adorne di cespugli, di gruppi di palme e di grandi zone di papaveri alti più di un metro e carichi di capsule grosse come uova di gallina nel cui interno, non di rado, contengono più di trentaduemila semi, e abbelliti da grandi fiori bianchi, rossi, rosei, violetti e più spesso screziati. Notis e lo sceicco si misero alla testa, ritti in sulla gobba degli animali onde abbracciare maggior orizzonte e gli altri si misero a loro dietro in lunga fila, colle lancie gettate a bandoliera e i moschettoni e gli jatagan in mano. —Credi che abbiamo fatto molta strada? chiese Notis dopo

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Argomenti: sguardo fisso,    cinquecento passi,    piccolo esercito,    medesimo istante,    grido terribile

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