La favorita del Mahdi di Emilio Salgari pagina 14

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grotta. Una collera senza limiti alterava il suo volto già per sè stesso abbastanza truce e una smania terribile, una sete di vendetta ardevagli in petto. Egli comprendeva ormai che tutto era terminato e che le speranze che Abd-el-Kerim avesse finito per ravvedersi e ritornare ad Elenka, erano troncate, come pure comprendeva che Fathma per lui era definitivamente perduta a meno di un miracolo o di un tradimento. —Ah! esclamò egli coi denti stretti, lasciandosi cadere su di un macigno e prendendosi la testa fra le mani, È proprio vero che quel traditore di Abd-el-Kerim l'ha definitivamente rotta con mia sorella Elenka? Eppure mi pareva innamorato alla follia; eppure aveva giurato di farla sua e giurato non su Allah, ma sul Corano. Traditore e spergiuro adunque, quest'arabo del demonio!… Maledetta Fathma, sei stata la causa di tutte le mie disgrazie! «Ma Notis è forte e tremendo nelle sue ire e nelle sue vendette, e per quanto io ami quell'almea, mi vendicherò, ma ben terribilmente. Va, Fathma, abbandonati nelle braccia di quello spergiuro che ingannò mia sorella; disprezzami fin che vuoi, ma io ti schianterò il cuore, oh sì, te lo schianterò. Se non fosse un barlume di speranza che ancor mi trattiene, la speranza che Abd-el-Kerim abbia a tornare ai piedi di Elenka, lo assassinerei questo mio rivale! Egli si assise dinanzi l'apertura della grotta spiando attentamente il campo egiziano per rendersi conto di quanto succedeva. Di quando in quando uscivano lunghe file di egiziani carichi dei loro sansemieh di pelle di capra che andavano a empire ai pozzi d'Hossanieh e dietro a loro schiere di asini coi boricchieri che trottavano ai loro fianchi emettendo il lamentevole loro haaahh per animarli, squadroni di basci-bozuk che si esercitavano a manovrare sui terreni malagevoli e compagnie di soldati che marciavano in qua e in là formando di spesso i quadrati, come se si trattasse di sostenere una canea di arabi Abu-Rof. Mille rumori venivano dal campo in mezzo ai quali risuonava la stridula voce degli acquaiuoli che gridavano incessantemente, moja! moja! (acqua! acqua!) e quella nasale dei muezzin. D'improvviso Notis si levò in piedi come spinto da una molla, emettendo una bestemmia. Aveva visto un ufficiale uscire dal campo e dirigersi verso Hossanieh e precisamente verso la casupola di Fathma. —Ah! esclamò con indefinibile accento d'odio. Sei tu Abd-el-Kerim! Va a trovarla pure quell'altera almea, ma ti giuro che la vedrai per l'ultima volta. Cadrai nelle mie mani e quando ti avrò spezzato il cuore ti getterò in quelle dell'antica tua fidanzata, in quelle di mia sorella Elenka. Ira di Dio! Ti farà uscire il sangue a goccia a goccia, se tu non ti piegherai dinanzi a lei. So quanto sia vendicativa mia sorella che ha nelle vene puro sangue greco. Egli si tacque nello scorgere il nubiano che montato su di un mahari carico d'oggetti, galoppava furiosamente verso la collina. Sorrise di gioia e si stropicciò le mani mormorando più volte: —A me ora la vendetta. Takir in pochissimo tempo giunse ai piedi della collina e salì subito alla grotta carico di viveri, di coperte e di talleri. —Avete udito, poco fa, un colpo di fucile sparato qui vicino? chiese il nubiano, gettando a terra tutta quella roba. —Non inquietarti Takir, disse Notis. L'ho sparato io contro uno schiavo di Hassarn. —Avete ammazzato Amr? L'ho veduto un'ora fa uscire dalla tenda dell'arabo. —Gli ho fatto scoppiare la testa e poi l'ho seppellito. Ma lasciamo lì i morti e parliamo dei vivi, ora. Che notizie rechi dal campo? —Novità eccellenti, padrone. —Fathma, trovasi ancora nella sua casupola? —Trovasi sempre là. —Come mai Abd-el-Kerim commette simili imprudenze? —Non so di chi dovrebbe aver paura, ora che vi crede morto. —Hai ragione, Takir, disse Notis sorridendo. Credo che questa mia morte abbia a giovarmi assai per condurre a buon fine i miei progetti. Tira innanzi, negro mio. —Ho veduto l'arabo recarsi alla casupola ed entrare. —L'ho scorto pure io. Parlami d'Hassarn, quel maledetto turco che odio quasi al pari di Abd-el-Kerim. Che fa egli? —Per quanto lo cercassi non potei vederlo ma suppongo che si trovasse nella tenda di Dhafar pascià. —Sia bene, ora faremo i nostri piani per colpirli proprio in mezzo al cuore tutti quanti. Stette un momento silenzioso immergendosi in tristi pensieri, poi, fattosi versare un bicchiere di bilbel, specie di birra fatta con maiz e dòkòn, di sapore dolcigno, e tracannatala, s'alzò, piantandosi dinanzi al nubiano. —Takir, disse con voce grave. Se tu fosti nei miei panni che faresti? —Assassinerei tutti e tre quei miserabili, rispose il negro senza esitare. —Sarebbe una vendetta troppo dolce, eppoi, bisogna che serbi Fathma per me ed Abd-el-Kerim per mia sorella. —Allora che fare? È una gran disgrazia che vi siate innamorato di quell'altera almea. —Taci, Takir; io l'amo alla follia, l'amo furiosamente. È tanto bella e tanto giovane che sarebbe un peccato farla morire. Ma non credere che l'ami solamente, no, ira di Dio! L'amo tremendamente, ma nel medesimo tempo l'odio ferocemente. —E dunque che volete fare? —Innanzi a tutto bisogna che abbia in mano uno dei due, meglio se avrò prima Abd-el-Kerim. —Abd-el-Kerim! esclamò Takir sorpreso. E per che farne? —Una volta in mia mano penseremo a strappargli quella passione che ha per Fathma e a gettarlo nelle braccia di mia sorella. Coi tormenti a tutto si riesce. —Si capisce che volete tormentarlo per bene. —Sì, e terribilmente. Odimi ora, Takir. Tornò a sedersi, vuotò la fiaschetta del bilbel, e facendo cenno al nubiano di avvicinarglisi: —Tu comprendi, che senza aiuti sarà difficilissimo se non impossibile, d'impadronirsi di Abd-el-Kerim. Conosci tu qualche hossanieh poco scrupoloso che si possa comperare con un bel pugno d'oro? —So che alle ruine di El-Garch sta accampato lo sceicco Fit Debbeud con un seguito abbastanza numeroso. Questo beduino, che io conosco a fondo, per un bel gruzzolo d'oro potrebbe mettersi ai vostri servigi. È un uomo forte, coraggioso, capace di pugnalare cento uomini senza commuoversi. È quello che io cercava, Takir. Tu ti recherai nelle foreste e gli parlerai, poi monterai sul tuo mahari e trotterai verso Chartum. Ho bisogno assoluto di mia sorella Elenka per vincere Abd-el-Kerim. —Oh! fe' il nubiano, Elenka qui, al campo? —Sicuro, la condurrai a Hossanieh ed ella non indugierà a venire quando tu le avrai raccontato come stanno qui le cose. Orsù, mettiti in cammino e recati a parlare con Fit Debbeud. E voi? —Io verrò con mio comodo, quando tu avrai spianata la via e messo al corrente di tutto lo sceicco. Il nubiano riprese gli oggetti che aveva deposti a terra e tornò a partire. Notis, dopo d'averlo visto a correr come un'antilope, verso le foreste, esaminò la sua ferita, vi sovrappose un cataplasma di erbe medicinali e si sedette dinanzi a un vaso ripieno di ebrèk, cibo assai appetitoso e rinfrescante composto di durah ridotto in pasta sottile e un po' agro per meglio conservarsi. Finito il pasto che inaffiò con un abbondante sorso di merissak, sorta di birra inebriante fatta con durah fermentato, e fumato un sigaretto, discese la collina e salì sul mahari di Takir, spingendolo a lento passo verso le foreste che chiudevano, all'est, l'orizzonte. Alle tre dopo il mezzodì giunse ai primi alberi e incontrò il nubiano che veniva in cerca di lui, accompagnato da un beduino avvolto in un gran taub, armato d'una lunga harba (lancia) e munito di una daraga, grande scudo di legno coperto di pelle di elefante. —Tutto va bene, gli disse Takir. Lo sceicco Fit Debbeud è a secco di talleri e purchè voi riempiate le sue tasche vi ammazzerà dieci volte Abd-el-Kerim. Siate prudente, col danaro, so non volete venire assassinato sulla porta della tenda. —Non temere, Tahir; rispose Notis. So cosa è il beduino. —Allora in marcia e che Allàh ci protegga. S'internarono tutti e tre sotto la

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