La favorita del Mahdi di Emilio Salgari pagina 33

Testo di pubblico dominio

succedevano rigogliosi campi di durah, d'orzo e di miglio, in mezzo ai quali andavano e venivano bande di schiavi occupati alla raccolta o alla mietitura e che rompevano il silenzio con bizzarre e selvagge canzoni che si ripercuotevano sulle rive opposte del fiume, sempre coperte da boscaglie. Qua e là apparivano dei tugul di paglia dalla cui sommità o dai fori laterali sfuggivano getti di fumo, e più lontano delle zeribak occupate da mandrie di vacche. Di tratto in tratto piccole carovane si mostravano fra le piantagioni, alcune in riposo coi cammelli inginocchiati che sbadigliavan sotto i torbidi raggi solari e altre in movimento, accompagnate dal dolce tintinnìo dei campanelli appesi al collo o alla fronte degli animali. Omar si diresse verso un tugul sotto la cui rekùba (tettoia) stava indolentemente sdraiato su di un angareb un giovane sennarese che dall'aspetto pareva un barcaiuolo. Egli si sedette vicino a lui e dopo di avergli inviato, come è l'abitudine, il saluto, gli chiese: —Sei di Quetêna? —Sì, rispose il sennarese, senza muoversi. Omar estrasse un pugno di parà e glieli gettò nella farda. Il sennarese lo guardò sorpreso, ma senza aprir bocca e li raccolse meccanicamente. —Parla, disse semplicemente Omar. Hai veduto arrivare in Quetêna dei soldati egiziani, che conducevano una bella donna? —No. —Nemmeno dei beduini guidati da un greco? —Dei beduini sì, portavano una donna che dalle vesti mi parve un'almea. Omar fece un soprassalto sull'angareb, sbarrando tanto d'occhi. —Non m'inganni tu? chiese egli con veemenza. —A che pro? rispose il sennarese alzando le spalle. —L'hai veduta coi tuoi occhi quest'almea? —Sì, e mi parve assai bella, una specie d'urì del paradiso del
Profeta.
—E tu dici che la portavano? —Sì, la portavano su di un angareb sostenuto da due mahari. —Era ammalata forse? chiese Omar, che si sentì un brivido correre per le ossa. —Mi si disse che era pericolosamente ferita. —Come?…. Ferita mortalmente?…. Da chi?…. Quando?…. —Che ne so io! Non conosco gli uomini che la conducevano, nè so da dove venissero. —I beduini erano guidati da un greco d'alta statura con barba nera e ispida? —Sì, il greco era alto e barbuto, anzi lo scorsi mezz'ora fa seduto sulla riva del Bahr-el-Abiad a quattrocento passi da qui. Omar saltò in piedi colla dritta sull'impugnatura dell'jatagan. Sul suo nero volto brillava una gioia selvaggia, feroce. —Egli è a quattrocento passi di qui! esclamò egli afferrando per le spalle il sennarese e ficcando i suoi occhi in quelli di lui. —Ti assicuro che lo vidi e scommetterei che vi è ancora. —E l'almea dove fu alloggiata? —In una palazzina della riva sinistra ed è circondata da un palmeto. —Grazie, giovanotto, grazie, ripetè Omar, gettandogli nella farda un nuovo pugno di para. Uscì dalla rekùba come un lampo, si calò il cappuccio fino al mento, e si slanciò sul sentiero avanzandosi a rapidi passi. —Il greco è un uomo morto, mormorò egli. Lo getto nel Nilo a pasto dei coccodrilli e poi salvo Fathma. Non temere mio povero padrone, che Omar ritornerà a farti felice. Era da prevedersi che avrebbero assalita e distrutta la scorta per avere in loro mani l'almea, ma Omar vi punirà tutti, tutti! Si gettò in mezzo ai canneti, procedendo a salti, sollevando bande di pernici, di pavoncelle, di cornacchie e di superbi fenicotteri che fuggivano gridando maledettamente, e giunse a trecento passi dai primi tugul di Quetêna. Qui si arrestò di botto come fosse stato d'un colpo pietrificato. A dieci metri di distanza, seduto su di una piccola rupe tagliata a picco sul Bahr-el-Abiad, aveva scorto un uomo avvolto in una ricca farda, colla faccia semi-coperta da una barba nera e ispida. Lo riconobbe subito; un tremito di collera agitò le sue membra e i suoi lineamenti. —Notis! esclamò. Lo fissò attentamente, trucemente, rattenendo il respiro. Il greco aveva gli occhi rivolti su di una bella abitazione, piantata sulla riva opposta del fiume e che specchiavasi nelle tranquille acque. Sulla cima di quella villetta ondeggiava la bandiera greca, e tutto all'intorno crescevano superbe palme e grandissimi tamarindi che deliziosamente ombreggiavano. Omar sussultò e spinse i suoi occhi verso le finestre riparate da leggiere persiane. —Fathma è là! mormorò egli. Il cuore me lo dice e lo sguardo del greco fisso su quelle finestre mi assicura che il cuore non si inganna. Sta bene: ora a noi due, Notis. Levò dalla cintura una pistola, l'armò silenziosamente, versò alcuni grani di polvere nello scodellino per essere più sicuro del colpo e l'alzò, mirando la testa del greco. Gli faccio scoppiar il cranio, pensò il negro. Capitombolerà nel Nilo e i coccodrilli s'incaricheranno di far sparire il cadavere. La canna dell'arma si era arrestata all'altezza della fronte di Notis; già stava per far partire la carica, quando udì sulla riva opposta un: —Olà! Abbassò la pistola, nel mentre che il greco saltava in piedi. Guardò e vide staccarsi dalla villetta una piccola barca montata da un beduino, il quale arrancando vigorosamente, fendè la corrente del Bahr-el-Abiad. —Sei tu, Fit Debbeud? chiese Notis. —E chi vuoi che sia? rispose lo sceicco. —Fit Debbeud! mormorò Omar, Questo è il nome dei sceicco che rapì il mio padrone e che lo chiuse nei sotterranei di El-Gark. Che succede mai? Si nascose meglio che potè fra le canne colla pistola sempre impugnata. Il beduino toccò la riva, si arrampicò sulla piccola rupe e baciò la mano che il greco gli porgeva. —Finalmente! esclamò Notis, mandando un sospirone. Come vanno adunque le cose laggiù? Posso o non posso vederla e parlarle senza pericolo? —Fathma è in piedi ed è completamente ristabilita, rispose lo sceicco sorridendo. La ferita si è cicatrizzata mercè le mie erbe miracolose e tu puoi parlarle d'amore senza che abbiamo a temere una ricaduta. Quella donna bisogna che sia di ferro per guarire da un colpo di pugnale così terribile. Omar sentì le carni raggrinzarsi e sul volto correre grosse gocce di sudore. Guardò lo sceicco e il greco stupefatto. —Guarita!… un colpo di pugnale!… balbettò egli. Cosa è successo mai? Che l'abbiano pugnalata per impadronirsi di lei? Ah! miserabili!… —Sa che io sono qui? chiese Notis dopo qualche istante di silenzio. —Non ti ha mai nominato ma deve saperlo. Non ha parlato altro che di
Abd-el-Kerim.
Il greco fece un gesto d'impazienza e digrignò i denti come una jena. Sempre quell'uomo esclamò con rabbia. Che non l'abbia a dimenticare mai adunque? —Chissà, forse col tempo la ferita si rimarginerà. —Non col tempo, io ho fretta di farla mia, capisci, Fit Debbeud.
L'amo e sempre più furiosamente e voglio che lei mi ami.
—Tenta, forse vi riuscirai. E di Elenka sai nulla? —Assolutamente nulla, Eppoi, in quale modo? Ho paura di non udir parlare più mai di lei, ora che trovasi giù nel Kordofan. —E nemmeno del tuo rivale? —Nemmeno. —Vuoi recarti dall'almea? —Sì, ma come mi accoglierà? chiese Notis incrociando le braccia. —Probabilmente assai male, ma dinanzi alle minaccie cederà, rispose lo sceicco. Le dirai, per ispaventarla, che gl'insorti hanno ucciso Dhafar pascià e tutti gli uomini che lo seguivano. —Ma non vorrà credermi. —Oggi, ma domani o posdomani ti crederà, ne ho la certezza. Il greco fissò i suoi occhi sull'abitazione, esaminando le finestre e sorrise con compiacenza. —Vieni Fit Debbeud, disse. Tutti e due scesero dalla rupe e guadagnarono la barca arenata fra i canneti. Omar saltò fuori e li vide prendere i remi, attraversare il fiume e sbarcare dinanzi all'abitazione. Una bestemmia gli uscì dalle labbra; le sue mani tormentarono il grilletto delle pistole. —Che accadrà mai? si chiese egli coi denti stretti. Ho una smania furiosa di sparare loro addosso, ma quand'anche gli uccidessi poco guadagnerei. Orsù, siamo pazienti. Guardò attentamente la riva opposta e gli

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Argomenti: quattrocento passi,    trecento passi,    nero volto,    nuovo pugno

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