Intrichi d'amore di Torquato Tasso pagina 24

Testo di pubblico dominio

donna senza fele. FLAMINIO Di me, non dici il vero. Dubito d'alcun inganno di quel traditore e fraudolente di Camillo. Dimmi, di grazia, tutto il successo per minuto. MAGAGNA Vedendosi Camillo discacciato dalla Signora per conto d'Ersilia, e tu sdegnato che non t'amava, sete venuti insieme questa mattina travestiti in casa e, crudelmente troncandoli prima il capo, l'avete poi percossa con più ferite. Ahimè! Che in pensarci mi si schianta il cuore. FLAMINIO Eri tu allora in casa? MAGAGNA Era, troppo: ma che potevo fare, io solo, servitore e vecchio, contra di doi padroni e giovani? Tanto più che la Signora Cornelia dormiva. FLAMINIO E conosceste me chiaramente? MAGAGNA Quanto a te non troppo bene, per rispetto del pappafico che avevi in faccia. Ma Camillo, stando scoperto, lo conobbi chiaramente. FLAMINIO Dunque dici affermativamente che son stato io? MAGAGNA Perchè Camillo diceva: «dàlli, dàlli, Flaminio, beviamoci il sangue di questa crudele». Ed ella sfortunata non potè dir altro, eccetto: «e tu ancora, Flaminio? Ah! Flaminio, e tu ancora?», quasi volesse dire: che t'ho fatto io? Perchè m'uccidi, Flaminio? FLAMINIO Oh, gran tradimento! oh, traditor crudele! oh, fatto degno di mille vendette! Innocente fanciulla! Io vendicarò la tua morte sopra dell'empio omicida e del compagno ancora, qual credo sia stato Flavio, poi che insieme si partirno, non curandosi di me. Io crepo di rabbia. Non posso contenermi. Vo' partir di qua. Ecco, Magagna, il capo. Vattene a casa. Conservalo in mio nome, che senza cercar giustizia saranno molto ben puniti, quei traditori infami. MAGAGNA Perdonami, Signor mio. Confesso aver errato, perchè in nominarmi Flavio mi son ricordato di quel vigliacco di Camillo che diceva: «dàlli, dàlli, Flavio», e non «Flaminio»; la somiglianza delli nomi me t'ha fatto incolpare a torto. Orsù, conoscendo che farai subito l'effetto contra quei forfanti, mi risolvo andar in casa, e communicando il tutto con la Signora, son certo che li piacerà la determinazione di Vostra Signoria. Mi raccommando, con avertirli che quel che si ha da fare si faccia presto. FLAMINIO Vanne pure, che io vagando con l'intelletto non posso aver luogo stabile. MAGAGNA Buona è venuta, a fè! Chi scampa un'ora, cent'anni vive. Io ne ho scampato una, e farò campare poco l'altro. Intrarò da questa porta, già che da quella strada veggo venir non so chi. Scena 6 CAMILLO Poichè Cornelia è perfida e crudele, dirò che ognuno è perfido e crudele. Io credevo fermamente che l'amor suo fusse vero e che avesse di me pietà: ma fu finto l'amore, fu cruda quella pietà. Ella m'introdusse bellamente in camera; ma uscendone poi, mi serrò dentro, con animo senza dubio di farmi uccidere, come ha fatto della povera Ersilia. Ma Dio, che spesso gl'innocenti aiuta, mi misse in cuore che io calasse dalla finestra, la quale se ben è alta, mi son pur salvato illeso. Onde ella, ritornando con gli assassini, restarà col suo inganno ingannata. Ma chi è quel giovinetto moro, che timido e sospeso se ne vien di là? ERSILIA Le pene mi son care e li martirii mi son dolci per te, caro e dolce mio bene. Ma... eccolo, sbigottito e pauroso! Ohimè! tremo e temo. M'accostarò pure, già che tutte le nubi non possono coprire il sole delle sue bellezze, e fingerò con bel modo andar dalla lunga. In fine Roma è bella, Roma è buona, ma per me non suona. A Dio, quel Cavaliero. CAMILLO A Dio, quel giovinetto. ERSILIA Godo almeno d'un saluto furtivo. CAMILLO Che cerchi? Che pretendi? Perchè ti volgi in là? ERSILIA Cerco mia ventura, pretendo mercede, e mi volgo, conoscendomi indegno della presenza vostra. CAMILLO Queste parole non son mica da schiavo. Sei nato in Roma? ERSILIA In Roma. CAMILLO Sei schiavo, o libero? ERSILIA Libero per nascimento, ma schiavo per volontà. CAMILLO E di chi? ERSILIA D'un Cavalier come voi, a chi ho servito e servo con tutto il cuore; e l'ingrato mi nega la mercede del servito. CAMILLO Son veramente parti indegne di Cavaliero, e in Roma non si usa questa tirannide. ERSILIA E per ciò son disgraziato, che fuor d'ogni costume a me si ristringe quel che a gli altri è largo. CAMILLO Ahimè! ERSILIA Che cosa avete, Signore? CAMILLO Vorrei esser servo come sei tu, e non servo come son io. ERSILIA Al contrario; e io vorrei esser come voi, e non servo come son io. CAMILLO Basta, non accade trattar teco queste parole. Va con Dio, figlio mio, va. ERSILIA E dove volete che io vada, avendo ritrovato quel che andavo cercando? L'aria di Vostra Signoria mi piace tanto che, volendo, vi vorrei servire, sperando d'esser sodisfatto per l'avenire, se non ho potuto per il passato. CAMILLO Vanne pure, che io ho altri pensieri nel capo. ERSILIA E io son qui per levarvi ogni pensiero, sicuro che conoscendo il mio servizio, ne restarete contento per sempre. Ma dove andate? CAMILLO Dove mi piace. Che ne vuoi saper tu? ERSILIA Vuo' saperlo, perchè vi sarò sempre appresso come servo, che volontariamente mi vi dono. CAMILLO Ti ringrazio di questa buona volontà. Procacciati d'altro padrone, che io non ho bisogno di servo. E pur mi sei dietro. Vattene, dico. ERSILIA Non posso. CAMILLO Oh, questa sarà bella! Che vuoi? ERSILIA Servirvi. CAMILLO A me non serve il tuo servire. ERSILIA E a me giova che io vi servi. CAMILLO Se tu non mi lasci, mi farai uscir del manico. ERSILIA Fate come volete. CAMILLO Tira via, fraschetta, non mi rompere il capo. E pur mi segui? Or prendi questo calcio. Vattene in malora. ERSILIA E questo ancora sopporto pazientemente; e a guisa di fedel cagna, che pur battuta ritorna al suo padrone, così ritorno a voi. CAMILLO L'amorevolezza di costui mi sforza ad ascoltarlo, con tutto che mi trovo travagliato di mente. Dimmi, giovane, chi è quel tuo padrone? ERSILIA Non sta molto lontan di qua. CAMILLO Dunque abita in questa strada? ERSILIA Qui dimora. CAMILLO Come si domanda? ERSILIA Camillo. CAMILLO Camillo di chi? ERSILIA Camillo della mia morte. CAMILLO Mira che strano cognome. ERSILIA Più strani sono li fatti. CAMILLO Per che causa non pretende pagarti? ERSILIA Per mia disgrazia, e per sua crudeltà. CAMILLO Tiene il torto per certo. ERSILIA Il medemo torto tenete voi, che volendovi servire, non accettate la mia servitù. CAMILLO Siamo in casi differenti. Ma dimmi, donde nasce questa sùbita affezione che mi porti? ERSILIA Non è sùbita, nè anco nasce al presente: poi che affrontandosi il mio sangue col vostro, è segno che la natura me lo diede dalle fasce, e d'allora coverta, comincia adesso a scoprirsi. CAMILLO Oh, tu mi ragioni per filosofia! Hai studiato, quel giovane? ERSILIA Ho studiato, e studio, ad amare e servire, e ancora non trovo chi mi corrisponda. L'essempio si vede in voi, che mi vi sono offerto per servire, e mi rifiutate. CAMILLO Ahi! che passò il tempo che io dominava. Mi trovo adesso in così misero stato, che lo cambiarei volontieri col più vile e abietto del mondo. ERSILIA E perchè? CAMILLO Perchè ho perduto ogni mio bene. ERSILIA O Dio! chi sa se intendesse di me? Aiutami, sorte! CAMILLO Tu parli fra te stesso? Che dici di sorte? ERSILIA Mi doglio che non m'aiuta la sorte. CAMILLO E a me peggio. ERSILIA Signor mio, quantunche mi vedete giovane, nondimeno essendo stato in corte di chi del mio danno è signore, so molti rimedii e ho pratica di molte cose, che, volendo conferir meco i vostri segreti, credo che vi potrò giovare. CAMILLO Il mio male è senza rimedio. ERSILIA Ad ogni male è rimedio, dopo la morte. CAMILLO Ahimè, morte crudele! ERSILIA Dunque morte v'ha tolto il vostro bene? E non è perduto, come dicevate dianzi? CAMILLO Peggio che morte. ERSILIA Che più peggio! Sarà forse morte violenta, o di laccio, o di ferro, o d'altro? CAMILLO Ahimè! che tu m'uccidi a ricordarmi l'iniquo tradimento. ERSILIA Deh, se fosse io la tradita! CAMILLO O Ersilia,

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