Intrichi d'amore di Torquato Tasso pagina 21

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quale...? LAVINIA Sì. BIANCHETTA E questo qua... è Flavio? LAVINIA No. FLAMINIO Non tel diss'io? CAMILLO Oh, crudeltà! BIANCHETTA Ma chi è? Ditelo liberamente, che io vi prometto d'interporre l'aiuto e consiglio mio per farvi servigio. Dite dunque, chi è? LAVINIA L'istesso... CAMILLO Senti. FLAMINIO Ma non io. CAMILLO Eh, sì. FLAMINIO Vedrai. BIANCHETTA L'istesso ch'io t'ho detto, cioè Flavio. LAVINIA No. FLAMINIO Fu vero? CAMILLO Oh, gran pietà! BIANCHETTA Ma chi? LAVINIA L'istesso che ho amato e amarò sempre, come voi sapete. Dico il mio Giovan Lui... FLAMINIO Ah, non potè finir gi, per la dolcezza che sente! Oh, cruda più che la tigre! BIANCHETTA Dunque volete cangiar questo per quello? Val più un pelo di Flavio che cento Giovan Luigi! LAVINIA Amor me l'impresse nell'animo, che nè lima d'altrui persuasioni, nè scarpello di maladicenza me lo scancellaranno mai dal cuore. BIANCHETTA Orsù, poi che così vi piace, a me anco piace: state allegra, che vi servirò di modo tale che questa sera averete in casa il vostro Giovan Luigi. LAVINIA Volesse Dio! BIANCHETTA Così sarà, e intenderete. Io so che egli non v'ama. LAVINIA È vero, il crudelaccio FLAMINIO E voi la crudelissima. BIANCHETTA E so, di più, che egli ama Pasquina. LAVINIA È vero. BIANCHETTA (Oh, che bel colpo da mastro, che farò!) Aprite ben l'orecchie. Io tengo strettissima amicizia con Cosmo, servitore del Napolitano. Non lo conoscete voi? LAVINIA Conosco. BIANCHETTA Oh, se costui per buona sorte mi capitasse ora avanti, saria molto al proposito. CAMILLO Va innanzi, Flavio. FLAMINIO Già mi mettevo in via. BIANCHETTA Ma eccolo: oh, che buona fortuna! FLAMINIO Tutt'oggi vado attorno, e nol posso trovare. In fine, quando si vuol un uomo, non si trova, e quando non si vuole non te lo puoi levar dinanzi. Vedrò se fosse colà. BIANCHETTA Cosmo, oh, Cosmo. (Qui Pasquina viene in finestra, vede, e tace). FLAMINIO Chi mi chiama? Oh, sei tu, Bianchetta? Vi è la Signora Lavinia ancora? Bascio le mani di Vostra Signoria. LAVINIA Ben venga il mio Cosmo. FLAMINIO Mio? È troppo grazia, questa, che s'io fosse vostro non andarei così come vado. LAVINIA Dico mio, che tu sarai il mio medico, se tu vorrai. FLAMINIO Così fosse servizio a Vostra Signoria di accettarmi, come io servirei volentieri per medico. BIANCHETTA Or lasciamo questo, e intendi bene quel che si desidera da te. Tu sai già che il tuo padrone ama scioccamente Pasquina, e disama questo ritratto della bellezza del mondo, che l'ama con tanto amore. FLAMINIO (Così nol sapesse!) Or dite. BIANCHETTA Per condurlo qui in casa della Signora Lavinia, tu fingendo gli dirai che Pasquina è inchinata già alle sue voglie, e desidera che se ne venghi in forma di molinaro col sacco in spalla, come se venisse a pigliare il grano; e intrato, si rimetta dentro la prima camera terrena, dove trovarà nascosta Pasquina. FLAMINIO Ben: che faremo per questo? BIANCHETTA Faremo così, che in luogo di Pasquina si riponerà nascosta lì dentro la Signora Lavinia; dove standosi al buio, credendosi il Napolitano far con Pasquina, farà con Lavinia. Intendi? FLAMINIO Intendo; perchè no? Anzi vi prometto servire adesso adesso. BIANCHETTA E sarai rimunerato di così buono offizio. FLAMINIO Questo offizio veramente non è mio; ma sarò ruffiano a me stesso, per servire alla Signora Lavinia. LAVINIA Ti ringrazio infinitamente: e se mai il Signor Giovan Luigi sarà mio marito, col quale zelo io lo desidero in casa, ti farò conoscere con effetto che sarai tu il padrone di quanto tengo. FLAMINIO E perciò io mi conduco a servirla, che se fosse in altro modo, non mi ci cogliereste. BIANCHETTA Orsù, le cose sono in rassetto, vattene sopra, Signora Lavinia, e mettetevi all'ordine, che fra poch'ore sarete sodisfatta. LAVINIA Mi raccomando, e in man vostra ripongo l'onore e la vita mia. BIANCHETTA Riposatevi, che sarete servita. Orsù che fai, che pensi, Flavio? La conclusione è fatta per gli ignoranti. Non intendi mo l'artifizio mio? Concludi, corri, va, mettiti l'ale, e trova un abito di molinaro, col sacco e barba posticcia, ed entra in luogo del Napolitano in quella camera, dove poi non si trovarà Giovan Luigi con Pasquina, nè Lavinia con Giovan Luigi, ma una coppia di voi felici amanti. FLAMINIO Sarei veramente felice quando entrassi come Flavio, e non come Giovan Luigi. BIANCHETTA Pazzo che sei! Sai tu come diceva la buona memoria di mia madre? Come la donna dolcemente prova, lascia la strada vecchia per la nova. Intendetemi ancor voi, Signor Camillo. CAMILLO Io vi intendo, vi ammiro, e stupisco del vostro mirabil artificio. FLAMINIO Orsù, io vado, e permetta il Cielo, Signor Camillo, ch'abbiamo insieme felicissimo successo. CAMILLO Andate in buon ora, e speriamo amando. Ma che fia di noi, Bianchetta mia? BIANCHETTA Molto più che bene. Andiam di qua, che sento aprir la porta di Cornelia con molta furia; non vorrei che fossemo veduti insieme. Voltiam di là, e ritorniamo di nascosto. Scena 11 CORNELIA Incauta e misera che io sono! Che faccio? Chi mi trasporta? A che fine son qui? Dove ne vado? Che penso? Che parlo? Non ho luogo, nè pensiero, nè parlar fermo: ogni luogo mi attrista, ogni pensiero m'annoia, ogni parlar m'affligge, s'io non veggio, s'io non penso, s'io non parlo di Camillo mio. Vorrei ire dove egli sta, pensar col suo pensiero, e parlar con esso lui, ma non posso, infelice me, che io stessa fui ministra del mio danno. Non lo doveva scacciare, non pensarli male, non parlarli sdegnosa. Sciocca Cornelia! Che volevi più? Lo spazio di tanti mesi che secretamente l'avevi amato s'era rinchiuso in un punto solo, che dicendo di sì a quei schiavi suoi fratelli, Camillo era pur tuo. È vero che ti giovava la morte di Alessandro, per aver più sicuro il giuoco; ma nol potevi esequire, dubitando che Camillo non ti fusse veramente figliastro. Ma poi che, insensata, fusti certa che non ti era niente, che egli ti amava, ti voleva, ti adorava, perchè l'odiasti, perchè lo lasciasti? Deh, misera! Ecco da un inconveniente seguir l'altro. Puote tanto in te lo sdegno, tanto la gelosia, che esponesti a morte Ersilia, quella povera figliuola, che al presente sarà stata uccisa: cose indegne non solo di te, ma di tutte le donne indegne. Nondimeno, che posso fare se Amore mi predomina, mi consiglia, mi scompiglia? Venga pur l'astrologo a sicurarmi che Camillo fia qui, che mi ama, che ritorni a casa, e muora Ersilia, muora il mondo, e muora io, che morrei felice, morendo in grazia di colui che ne gli occhi soli ha tutte le grazie sparse. Scena 12 BIANCHETTA Eccola a punto che sta sola in porta, come noi vogliamo: fermati, che io vado. CAMILLO Così farò: e voglia il Cielo che riesca il disegno nostro. Ma ricordatevi di non publicare che io sia innamorato di lei, nè ella di me, poi che il negozio passa ancora secreto. BIANCHETTA Volete imparare alla gallina di ruspar, voi? Cheto, e senti. Oh, che pietà! Oh, che fallo ha commesso, morir senza causa? Povero giovane! Cornelia dolente, che farai, sentendo la sua morte? CORNELIA Ohimè! Bianchetta parla di morte, morir senza causa, e parla di giovane. Costei sarà del certo Ersilia. Misera me, siamo scoperti. BIANCHETTA Mi scoppia il cuore pensando con qual pietà, con qual umiltà chiedeva aita e cercava soccorso. Deh! se in me fusse la forza come è l'animo, l'arei tratto da quel pericolo. CORNELIA Vorrei fuggire, ma non so dove. BIANCHETTA Deh, Signora Cornelia, sete qui? A tempo vi trovo, ma trovar non vi vorrei, dovendovi dir cose di tanto dispiacere. Giovane infelice! CORNELIA Bianchetta, tu piangi? Che cosa ti è successo? Parla, raffrena le lagrime. BIANCHETTA La giusta occasione che mi invita a piangere mi fa ingorgiar le parole, che non possono uscir dalle fauci. In che parte, ahimè, in che parte di Tartaria, ahimè!? Piangi ancor meco, misera Cornelia.

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