Intrichi d'amore di Torquato Tasso pagina 31

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camera, può stare che destramente si sia nascosto in altro luogo. E se ben Franceschetto ha variato, tengo per fermo che sia proceduto per timor della madre che gli era presente. In somma, Leandro, vorrei segni più chiari per dischiarare l'offuscato intelletto mio, perchè le donne son donne, e sanno e ponno fingere una cosa per un'altra. LEANDRO Ormai, padrone, non mi è rimasto concetto nè parola di potervi dissuadere e levar questa frenesia di capo. Io vi dico risolutamente che Cornelia è casta più che mai, che Camillo è fedele, e che Franceschetto è stordito. Potta di me! volete più presto credere ad una falsa imaginazione, ad un semplice figliuolo, che a quel che avete veduto con gli occhi proprii e tocco con le proprie mani? Andiamo dunque a rivestirci, e ritorniamo a casa. ALESSANDRO Aspettate: vuo' prima vedere questo foglio che trovai sopra il mio scrittorio; che, se non erro, parmi la scritta che mi lasciò il Signor Stefano, con condizione che non s'aprisse se non dopo li dieci anni di sua morte. Ed è pur essa. Qui dice: «In anno 1576»; adesso siamo del<l>'86, è già finito il decennio, e per ciò la voglio e posso aprire, con leggerla tutta dal principio al fine. MAGAGNA Ho sentito parlare di Camillo, di Cornelia, di stordito: dubito che questo sia l'astrologo che aspettava la Signora; ma mi maraviglio come non fa menzione di Magagna, che pure per amore venne in furore e matto. CORNELIA Vengo in finestra, perchè sento parlar nella strada: ed è pur Leandro con quel scempio dell'astrologo; sta leggendo non so che scrittura. Legga pure, faccia segni e caratteri a suo modo, che tutte sono vanità. Non di meno saper tanti particolari tra me e Camillo mi fa stare alquanto sospesa. CAMILLO Ma perchè vado mirando le piaghe altrui, e non mi miro le mie? Vada Ersilia dove li piace, che io vedrò d'accostarmi a i raggi del mio vivo sole. Eccolo in finestra. Vedo là retirato Magagna, e colà Leandro. Chi è quell'altro in abito lungo? Che novità sono queste? Starò rimesso qui dentro per vederne la riuscita. LEANDRO Padrone mio, per buona pezza sete diventato stupido. Vi fate segni? Che cosa è cotesta? ALESSANDRO Camillo è Persio! CORNELIA Camillo... Ahimè! Persio era mio figlio. CAMILLO Che ha da far Camillo con Persio? MAGAGNA Camillo è perso? Buono, affè! LEANDRO Io non v'intendo, padrone; che dite? ALESSANDRO Cornelia non più amante!... CORNELIA Non più amata, dovevi dire. CAMILLO Non più amante di Camillo, è vero. MAGAGNA Non più amante del perso, ergo di Magagna. LEANDRO Parlatemi più chiaro. ALESSANDRO Figlio e madre. CORNELIA Nè l'uno, nè l'altro. CAMILLO So che dice. MAGAGNA Figlio e madre non stavano bene; ma Magagna maxime. ALESSANDRO Muzio è morto. CORNELIA Mio marito, è vero. CAMILLO Erra in nome, io sono il morto. MAGAGNA Me ne contento. LEANDRO Fatevi intender, di grazia. ALESSANDRO Fuora Camillo... CORNELIA Ahimè! Non voglio. CAMILLO Così non fosse fuora. MAGAGNA Mi piace. LEANDRO Volgetevi in me, che cosa dite? ALESSANDRO ...e venga Persio. CORNELIA Volesse Iddio. CAMILLO Costui sarà il diavolo. MAGAGNA Domine, non. ALESSANDRO Fuora, dico, il nome di Camillo, e venga chiamato Persio, figlio di Cornelia e Muzio. CORNELIA Ahimè! Che sento? CAMILLO Ahimè! Che dice? MAGAGNA Ahimè! Che parla? LEANDRO Che intrico è questo? Districatelo ad un tratto, ditemi il tutto. ALESSANDRO Mi tolgo la barba, mi scuopro Alessandro, fuora d'ogni sospetto: Cornelia gli è madre, Persio gli è figlio. CORNELIA Che fantasma è quello che io veggo? Costui si trasforma in Alessandro, e vuol che i morti siano vivi, e non balbutisce più. Oh, che magico stupendo! CAMILLO Ed è pur Alessandro. Ohimè, come è vivo? Io son fuor di me. MAGAGNA Questo è un altro diavolo! LEANDRO Voi mi fate stupire e morire di voglia, per non volermi dire apertamente il fatto. ALESSANDRO Cornelia già non è mia moglie. Brianda è veramente: costei sarà la mia, colei sarà col figlio. CORNELIA Nomina la prima moglie, che similmente è morta; parla pur di figlio, e che io non li sia moglie. Che cose contrarie son queste? CAMILLO Io non posso far altro che stupire. ALESSANDRO Camillo amarà Cornelia, ed ella Camillo, d'uno amor giusto e vero... Ma, ecco Magagna. MAGAGNA Ohimè! questo è lo spirto d'Alessandro che se ne viene verso di me, per saper l'amor mio, di Camillo e di Cornelia. Spirto, io ti commando per arte e per parte,che t'allarghi di qua, perchè io ti dirò il vero: sappi che Camillo e io siamo concorsi ad amar Cornelia. ALESSANDRO Intendi, Leandro; vedi se io m'ingannavo. Ecco che nell'ultimo la verità da se stessa si discuopre. LEANDRO Quando io credevo che fossimo fuora d'intrico, tanto più c'intrighiamo: causa ne sete voi, che parlate per enigma, e volete credere ad un balordo, che per timore del spirito dirà mille vanità. ALESSANDRO Segui pur, segui, Magagna. MAGAGNA Ahimè! Non t'accostare, spirito. San Cipriano, prega per me. Io a pena ne ho a<ù>to parole e sguardi. ALESSANDRO Ma chi gli ha aùti? Dimmi il vero. MAGAGNA Essa, la cornutella, era dedicata in tutto e per tutto a Camillo. Largo, di grazia, se non volete che rimetta a basso il magnare di tre giorni. ALESSANDRO Han forse conseguito insieme il desiderio loro? MAGAGNA Stavano già per far la copula, ma non l'hanno fatta, a fè! LEANDRO Orsù, che ne volete più? ALESSANDRO Io notavo l'animo: ma poi che questa scrittura mi toglie questo sospetto, andiamo in casa. MAGAGNA Ora mi accerto che costui è da vero il padrone, poi che se ne va verso la casa: chi ha temperato stempere, che il forno è caduto. Ma lasciami accostare pian piano. O padrone mio morto, già fatto vivo, perdonatemi, che la paura mi ha fatto sparlare. Io mi dimento, io mi pento. ALESSANDRO Vien meco, Leandro. Andiamo, che mi par mill'anni di consolar Cornelia. CORNELIA Vengono da me: mi farò fuora per uscirli incontra. Scena 5 CAMILLO Voglio in ogni modo accostarmi, per chiarirmi meglio. O da me sempre amato, o da me sempre riverito padre e padron mio, mi rallegro in vedervi vivo più che non mi dolsi in giudicarvi morto. Ma come vivete, se Leandro disse che èrate morto? Che abito è cotesto? ALESSANDRO In quest'abito si è raffinata la fede tua, Persio mio, e non più Camillo, a guisa dell'oro che si raffina nel fuoco. Entriamo, che sentirai cose stupende. CAMILLO Io in parte ho inteso, ma confusamente, il tenore della scritta che lasciò il Signor Stefano buona memoria, la qual, secondo io intesi, vuol che sia Persio figlio di Cornelia, e che mio padre sia Muzio. ALESSANDRO Così sta. Ma ecco Cornelia. CORNELIA O cara pupilla de gli occhi miei, o marito mio dolcissimo, giudicato morto per mia continua morte, ma ora vivo per mia perpetua vita! Chi mi ti tolse? Chi mi ti dà? Chi mi addolorò? Chi mi consola? Sei tu che mi consoli, Alessandro mio? Io ti conosco ad un tratto che nè abito nè altro mi ti può nascondere, tralucendo come il sol nel vetro il lume dell'amor nostro. Ho inteso dalla finestra non so che cosa di Persio mio figlio. Raccontami il tutto, e allegrami doppiamente. ALESSANDRO Dirò la somma qui fuora, che dentro poi diremo diffusamente il tutto. Ecco: Camillo, ora Persio vostro figlio, che nel sacco di Famagosta <fu> menato con voi prigione, fu venduto poi così piccolo a mio fratello, il quale avendo aùta piena informazione di voi e di Muzio vostro marito, già ucciso nella battaglia, e di tutto il successo, lo scrisse in questo foglio, piacendoli che si chiamasse Camillo a memoria d'un suo proprio figliuolo; e lasciò che s'aprisse nel decimo anno della sua morte, con ordine che io lo debbia trattare da figlio, e che succeda a tutte le facultadi. E perchè dopo, senza sapere che fuste quella, vi presi per moglie, e l'amor naturale all'inconosciuta oprava tra di voi e Camillo, che vi amavate scambievolmente; io, sospettando della

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Argomenti: decimo anno,    vado mirando

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