Nuove storie d'ogni colore di Emilio De Marchi pagina 26

Testo di pubblico dominio

s'inginocchia, nasconde la faccia tra le pagine della sua «Via al Cielo» e si alza poi più lieta e più rossa dopo aver pregato per i bambini, per Carlinetto e un poco anche per i suoi peccatucci veniali. Vivendo un po' di tempo in un gran magazzino di mode, ha imparato il savoir faire di trattare colla gente e una grazietta un po' biricchina, che le mette due fossette sulle gote e una sul mento quando ride. Ha poi dei dentini meravigliosi, bianchi e piccini come grani di riso. Oggi per la circostanza si è messa indosso tutti i gioielli di sposa, la catena d'oro e i pizzi freschi alle maniche e al collo. I tre invitati, in fila come i soldati, fecero una bella riverenza, presero la bella manina fresca, balbettarono qualche complimento col modo confuso e goffo che usano sempre i giovinastri, quando sono sotto la suggezione di una donna di garbo. Il trattar bene colle donne, specialmente colle più belle e colle più maliziose, non è questione di coraggio, nè d'ingegno, e nemmeno d'aver studiato belle lettere. Anzi niente è più inutile per dire a una bella signora il suo sentimento quanto il sapere molte lingue. Dunque non è meraviglia se, con tutto il suo latino, anche don Procolo non sapesse trovar di meglio che la solita frase:—Ho piacere di fare la sua conoscenza….. —E io ho piacere di conoscere i miei più tremendi rivali. Carlinetto parla sempre di loro come di antiche amorose. Fra noi dunque ci dovrebbe essere della ruggine e della gelosia, ma oggi è giorno di pace. —Pax in terra hominibus—disse il prete. —Et donnibus—soggiunse Carlinetto con un latino tutto suo. Si rise ancora una volta tutti insieme. L'Erminia a ridere pareva un campanello. Carlinetto (quell'asino!) acceso in viso d'un bel porporino che tradiva tutte le sue diverse e profonde affezioni, alzando le braccia, lasciò cadere le mani aperte sulla schiena di Battistone, larga come una piazza, e gridò:—Merito proprio d'essere impiccato?—E voleva dire se per una donnina così non c'è il suo tornaconto anche a fare uno sproposito. Battistone capì l'antifona e dopo aver studiata la bella figura della padrona di casa coll'occhio dell'uomo navigato (era stato in Crimea, lui) si volse verso il camino, ruminando non so che confiteor. Ma tutti erano curiosi di sapere com'era andata l'avventura del telegramma. Carlinetto, non volendo che si toccassero certi tasti in presenza dell'Erminia, la mandò via con un grazioso pretesto. —Vado, vado, non son mica curiosa delle loro avventure…. —Resti, resti…—gridarono in coro. —Che, che, che….—E ridendo, quella testolina a riccioli, immersa come in un canestrino nell'apertura fresca del colletto di pizzo, scomparve fra le pieghe della tenda. I giovinastri rimasero un poco sconcertati anche dopo, come se la bella donnina non fosse scomparsa del tutto. Qualche cosa resta sempre nell'aria dove è passata una bella donna. —E dunque, da dove vieni, Battistone? io t'ho aspettato fino alle quattro. —Vengo da Monza. —Ti è toccato partire? —La Ludovina, dopo la scenata di ieri l'altro, era in sospetto e volle accompagnarmi fino alla stazione, anzi fino al vagone, e non se ne andò se non quando vide partire il treno. A Monza son saltato giù e ho preso il tram a cavalli per ritornare a Milano. —Ahi! ella comincia a sospettare…—osservò il Cavaliere. —Ma infine che diritti ha questa sora Ludovina?—chiese brutalmente don Procolo.—Non la puoi buttar nel Naviglio? —È una buona donna….—mormorò il maggiore. —Quando la serva comanda al padrone, latet anguis in herba. —C'è l'anguilla nell'erba…—E Carlinetto fece seguire alla sua traduzione una lunga risata… eh, eh, eh, eh… Gli altri risposero: oh, oh, ah, ah…. Il fuoco scoppiettava nel caminetto. Gli spiriti si scaldavano strofinandosi. Il prete stava per dare a Battistone un buon consiglio, ma gli venne in mente la massima evangelica:—Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra…—E poi in queste faccende ne sa più un matto in casa sua, che un prete sul pulpito. Son le circostanze che fanno l'uomo peccatore. Intesero una grande scampanellata. Carlinetto corse a vedere di chi fosse la manina leggiera. Ed entrò il Chiodini con un grosso cartoccio sopra una mano e nell'altra il fiocco del campanello. —Tu hai una forza di dopo pranzo, caro mio… —Credevo di essere a casa mia dove ho una serva sorda e bisogna sonar forte—disse l'avvocato, collocando il grosso cartoccio del panettone sopra una tavola e intascandosi sbadatamente il fiocco.—Ho voluto passar di casa a cambiare le scarpe e nella furia ho sbagliato, ho mescolate due paia. Ho calzato le due scarpe diritte e una mi fa veder le stelle. Puoi tu, Carlinetto, prestarmi una pantofola? —Te ne posso prestar due, anima mia. —Ti ho portato un panettone. Anche qui, guarda la mia distrazione! L'ho comperato apposta stamattina per averlo più fresco, e due volte sono uscito di casa senza ricordarmi di prenderlo nè la prima, nè la seconda volta. Per cui ho dovuto risalire una terza volta le scale al buio e quasi mi rompo il naso nello stipite dell'uscio. —Ah vecchio giovinastro! tu hai bisogno di prender moglie. —M'è capitata l'istessa storia ieri a conto di un cappello nuovo che mi ha portato il cappellaio, che non so più dove l'abbia ficcato. Pigliami dunque col cappello vecchio…. E fa le mie scuse alla tua signora, se vengo a tavola con una pantofola—Il Chiodini, sospinto bel bello da Carlinetto, fece il suo ingresso nel salotto, zoppicando. Fu accolto, col solito schiamazzo, I soliti perdevano la suggestione e sì credevano nella bottega del Paolo. Fecero girare il Chiodini sulla pantofola e tutti si credettero obbligati di dargli un consiglio. La distrazione non può derivare che da un abuso di applicazione. Dunque, adelante, Pedro, con iuicio… Qualche cosa si agitò sotto la tenda, qualche cosa che non era un cagnolino. Ne uscì un bimbo di forse due anni, con un tamburello al collo, che traballando sulle sue gambe grassottelle, disse:—Cignòli, è in taola. —Presento Peppinotto. En avant, monsieur le general, faccia il suo dovere. Come ti ha insegnato la mamma? Peppinotto intese che dovesse recitare la poesia del santo Natale, aprì le braccia, fece un mezzo inchino e declamò colla graziosità di chi non capisce nulla: Co il bambin che dolme in cuna È il Cignol del mal, del ciel…. Battistone, il reduce dalla Cernaja, non lo lasciò finire. I corpi grossi, ha dimostrato Newton, attraggono i piccini. Se lo prese in braccio e mentre don Procolo misurava al bimbo la grossezza dei polpacci dentro il cerchio delle dita, il cavaliere agitava il pulcinella dietro le spalle di Battistone. —Tornò la signora Erminia con sua sorella Paolina, molto più giovine di lei, una ragazzona di quindici anni e mezzo, pettinata ancora alla bambina, con due trucioli castagni cascanti sugli occhi, piena di salute e di cuor contento, un po' vergognosa e molto pacifica in tutti i suoi movimenti. —Questa poi me la prendo io!—disse don Procolo, offrendo il braccio alla ragazza che accettò subito. Battistone e il Cavaliere presentarono insieme il braccio all'Erminia, che li prese tutte e due. Le scarpe del Cavaliere stridevano come nelle grandi occasioni, e Battistone, sentendo quel braccio leggero e delicato sul suo e quel profumo delicato dei capelli, non potè sottrarsi a un confronto ripugnante, Gli pareva d'aver sul braccio un panierino di fiori. Non era avvezzo a portare dei canestri così leggeri, l'ortolano! Per andare nel salotto da pranzo dovettero traversare prima la camera da letto, che formava l'angolo della casa. Una lucernetta nascosta da un paralume, rischiarando a mala pena il passaggio, lasciava lo sfondo nell'ombra, dove biancheggiava confusamente un padiglione bianco e luccicava qualche cornice d'oro. —Riverenza all'altare!—disse sottovoce il prete; e Battistone, che sentiva il suo canestro sul braccio, nel traversare quel

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Argomenti: bel bello,    cappello nuovo,    profumo delicato,    padiglione bianco,    grosso cartoccio

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