Nuove storie d'ogni colore di Emilio De Marchi pagina 17

Testo di pubblico dominio

bicchierino a Nicolò). Nicolò. (sforzandosi a rifiutare) No, no, lasciatemi andare. Non merito più nulla. La mia vita è finita da un pezzo. Teresita. Devo proprio mettermi una vecchia cuffia in testa per persuadervi a ragionare? (Nicolò accetta il bicchierino) Se vi ho offeso perdonatemi. Voi avete per errore messa una punta di ferro sopra una cicatrice e io ho gridato di dolore. Ma ora è passato. Qua… (lo fa sedere e siede anche lei) Posso aiutarvi, voglio consigliarvi, perchè in fondo ho molta stima di voi. Nicolò. Io invece non ho nessuna stima di me. Io ho sempre creduto che non valesse la pena di voler bene a una donna. Ho atrocemente sofferto, ma non per pietà della vittima inghirlandata. Ho sofferto solamente per il mio orgoglio ferito. Avete detto bene poco fa. Il mio nome è Egoista. Quando un uomo non è capace di comprendere, di compatire, di perdonare non merita più che una donna gli voglia bene… (volta via la faccia alquanto commosso, tracanna d'un fiato il bicchierino, va a collocarlo sullo stipo, e si prepara a congedarsi.) Teresita. (si alza, un po' soprapensiero) Permetta che le presenti almeno le bambine. Per quanto senza cuffia so esercitare i doveri dell'ospitalità. Dal giardino risona un campanello. Ecco, son le ragazze che tornano colla governante. Nicolò (cercando di sfuggire) No, no, non voglio veder nessuno; non voglio lasciarmi vedere. Teresita, Mettiamoci qui, dietro a questo paravento. Da qui possiamo vederle senza essere vedute.—(conduce Nicolò per mano fin presso la porta dietro un paravento e indica le ragazze che passano in giardino). Guardi la prima, la bionda, ha ventidue anni, è un angiolino di bontà, piena di sentimento. Si chiama Eugenia. L'altra, la buona Annetta, è un carattere più serio, ha molto ingegno, conosce molto bene la musica… Nicolò, stringendo la mano di Teresita, trascinato dalla forza dell'antica passione, posa un bacio sui capelli di lei e resta come fulminato dalla sua stessa audacia. Teresita, sfuggendogli, dice con accento di profondo rimprovero, ma senza ira:—Che cosa fa, Nicolò…. (va a sedersi e nasconde la faccia nelle mani). Nicolò, dopo essere rimasto un gran poco come trasognato, si accosta pianino a Teresita e con voce sommessa piena di note tenere e appassionate, dice, quasi curvo su di lei:) Io non ho conosciuto che una donna nella mia vita e basta! la bionda, la bruna, la sentimentale e la donna assennata, tutte le bontà e tutte le bellezze di una creatura di donna son già passate nel mio cuore il giorno che vi siete passata voi, Teresita. Voi vi avete lasciato un modello così sublime, che, al confronto, tutte le altre mi sembrano immagini sbiadite. Chi ama bene una volta, ha amato per sempre. Il destino non ha voluto che voi foste mia, e amen! È bene che io non guasti il mio ideale. Se Giacomina non mi avesse cacciato qui, io non sarei venuto mai a questa ricerca di commesso viaggiatore. È peccato sciupare l'amore vivo con degli amori artificiali; non barattiamo l'oro nella carta… Addio. Teresita. (non contenta) Che dovrò scrivere dunque a Giacomina? che abbiamo fatto fiasco? Nicolò. Le scriverò io, se permettete. Siccome non tornerò a casa sua prima della fin del mese e forse più tardi, è bene che le mandi due righe. Se mi favorite carta e penna. Teresita. (preparando le cose su un altro tavolino) Intendete viaggiare? Nicolò. (siede al tavolino a prende la penna) Sì, ho bisogno di cambiar aria. Son mezzo malato, mi sento vecchio e malinconico. Andrò a Parigi anch'io in cerca di distrazione, (scrive) Cara Giacomina…. Teresita. (seduta in disparte ha preso in mano un lavoruccio) Parigi non è una città troppo indicata per della gente ammalata. Voi avete bisogno d'una buona infermiera. Nicolò. Cara Giacomina…. Aiutatemi a scrivere questa lettera…. Teresita (con energia, dopo aver buttato via il lavoro). Sì, scrivete sotto dettatura:—Cara Giacomina, siccome io sono…. un uomo di poca fede… Nicolò. (scrive sotto dettatura: qui s'interrompe). Teresita. (comandando) Scrivete, animo! «Son destinato a soffrir sempre per non conchiudere mai nulla.» Avete scritto? (si alza e passeggia un po' nervosa). Nicolò. (scrive) Mai nulla…. Ho scritto. Teresita. Punto e a capo. «Io non credo nella virtù della donna… Nicolò. Scusate… Teresita. (lasciandosi sempre più trasportare dalla passione) No, no. Dovete scrivere la vostra condanna. «Non credo… che una donna… possa aver conservato puro il suo ideale… mentre… (parlando direttamente a Nicolo die lascia cadere la penna) mentre intorno a lei si commerciavano gli affetti e si commettevano le più ignobili vigliaccherie. Non credo che una donna possa sopravvivere al suo stesso dolore e alle sue umiliazioni: non credo che possa ancora conservare intatto il tesoro de' suoi affetti e possa compensare un uomo d'averla amata bene una volta… Nicolò. (afferra lo mani di Teresita, le porta alla bocca, inginocchiato davanti a lei) Dunque tu mi ami ancora? Teresita. (svegliandosi da una specie di sogno) Che fate? io non parlavo di me. Scrivete. Nicolò. Donna di poca fede, perchè ingannarci ancora? Teresita. Io parlavo di queste povere ragazze orfane. Nicolò. Esse hanno bisogno di un padre. Scrivete voi, detterò io… (la fa sedere al suo posto). Teresita. (resistendo) Nicolò, che cosa ho detto? io provo un rimorso… Voi non siete venuto per me. Nicolò. Scrivete «Cara Giacomina…. Teresita (si sforza a scrivere). Nicolò (detta) Ni… co… lò mi a… ma;—punto e virgola.—-Io a… mo Nicolo. Dunque t… o… to. E Teresita non dice di no. E la cara zietta, senza la cufietta, si lascierà finalmente baciare la bocca da un vecchio ragazzo che l'ama da dieci anni. Teresita Odiandola… Nicolò. Sì. L'amore perchè resista al tempo bisogna come l'oro mescolarlo in una piccola lega d'odio o di gelosia. Sì, io ti ho odiata, ti odio… perchè ti amo. Teresita. Zitto, le ragazze…. (si alza un po' spaurita e con voce supplichevole soggiunge) E andrete proprio via? Nicolò. Sicuro, bisogna che io corra ad avvertire Giacomina di queste novità. Ve la manderò qui. Teresita. Qui no: ci son troppe ragazze. Andrò io da lei. Mio Dio! e che diranno queste povere figliuole? io che dovrei pensare al loro destino, e invece… Bella zia che sono! ma non sono invecchiata, Nicolò? (va a guardarsi nello specchio) Non sono magra e distrutta dal dolore? Non merito proprio una cuffia? Che cosa dirà il mondo? Nicolò. (ridendo mentre passa il braccio nel braccio di lei) Il mondo dirà che amor vecchio non invecchia: e che il miglior modo per prender moglie è… di parlarne alla zia. Questo dialogo fu due volte interpretato in famiglia con vera intelligenza d'artisti dalla signora Maria Nessi o dal Dott. Giuseppe De Capitani d'Arzago, ai quali m'ispirai nella correzione o nella riproduzione della scena. AI TEMPI DEI TEDESCHI AI TEMPI DEI TEDESCHI —Tutte le mattine la salutavo con un bel trillo di flauto (allora il flauto era di moda): e tutte le sere, prima di levarmi le scarpe, le mandavo un altro saluto con una volatina di note, che volevan dire:—Bona note, siora, Nina! —Lei, insomma, era innamorato della sua vicina. —Come un angelo, ero innamorato. A vent'anni l'amore va tutto in fiore, o quando la sorte ti mette accanto a una bella donnina, il meno che si possa fare è di farle la corte col flauto. —E il marito? —Il marito d'una bella donnina è sempre un brutto mostro, un tiranno, uno scimmiotto, questo si sa. Nel caso mio, il sior Malgoni, imp. reg. impiegato alla contabilità, un omaccione linfatico e geloso, meritava qualche riguardo, prima perchè in fondo voleva bene a sua moglie, e poi perchè aveva delle amicizie in polizia e a quei tempi non c'era troppo a fidarsi. Parlo dei tempi dei tedeschi. —Ho capito. Lei non andava più in là del flauto. —Ero un matricolino sui vent'anni, un po' timido, come chi non è mai uscito dal suo guscio. Qualche

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