Nuove storie d'ogni colore di Emilio De Marchi pagina 11

Testo di pubblico dominio

fatto stringhe della pelle pur mantenerlo agli studi e per cavare da lui un uomo, s'era trovato in mano un Superuomo di quella razza. Di vero e di autentico il Barigini non aveva che un ingegno vivo, il fascino d'una chiacchiera non comune, una magnifica barba, e un gusto elevatissimo al dolce far niente. E Rastignac?—gli articoli eran belli e arguti; ma il cancelliere aveva a che fare coll'autore di quelle lettere, come un ministero colla prosperità nazionale. Per la povera Ceci fu un colpo tremendo e una mortificazione da far perdere la testa, da rompere il cuore in due pezzi. Oltre al precipitare dalle sublimi altezze dell'aquila nel barile dell'aceto, sentì tra pelle e pelle tutte le risate che dovevano fare le belle gelose e le brutte invidiose. Essendo giorno di mercato, in bottega fu un continuo andirivieni di gente, e ognuno voleva dire la sua; e nella voce di tutti le pareva di sentire come una canzonatura. Un certo momento, non potendo più resistere al tormento, presa dal convulso, scappò in cucina, chiuse l'uscio, e dette sfogo al patimento, poverina, con uno scoppio di pianto che minacciò di lacerare la vita e l'anima. —Qua, qua… fece la bestia sottovoce, svegliandosi da un leggero assopimento. Era l'insulto della bestia. Qui la cosa potrà parer strana, ma è vera, come vera è ogni pazzia che passa nel cervello delle donne. Un lampo sinistro balenò nella fiamma sanguigna che arse la sua testa; sentendo un delirio di vendetta, cacciò una mano nel cesto, strinse nella mano convulsa il collo dell'anatra, la trasse fuori, aprì coll'altra mano il tiretto, levò il coltellaccio… La bestia guizzò nella mano e soffiò il suo sangue nutrito di vermi nella cenere del camino. Cecilia subito si sentì più calma e scrisse allo zio di Valmadrera per invitarlo a mangiare l'anatra in compagnia di Baldassare. Questi, che dopo un mese di pan grattugiato, cominciava a gustare la carne, trovò l'anatra eccellente e obbligò Cecilia a succhiare un'ala. Non si parlò di Barigini se non per incidenza.—Ha piluccato anche a me trecento lire—disse Manardi ridendo; e poi soggiunse:—Ma non incrudeliamo con un morto. Quando si fu alle frutta, la vecchia moglie del fattore di Villa Raverio domandò di parlare al sor Baldassare. La povera donnetta con un cavagnolino in mano, in cui tenava due piccioni coperti con un fazzoletto, cominciò a pregare e a supplicare, perchè non fossero fatti gli atti del sequestro, che sarebbe stata per loro una vera morte oltre al disonore: e invocando gli angeli e i santi del paradiso, cercava di toccare il cuore del droghiere. Questi la lasciò cantare un pezzo, poi nel momento che riempiva un bel bicchiere di vino, prese a dire:—Capite, la mia cara donnetta, che anch'io ho i miei impegni; e anche questa malattia mi è costata un'occhio del capo. Però non voglio mostrarmi irragionevole. Ecco qua la cambiale. La cedo a Cecilia, che saprà farsi pagare a poco a poco, con pezze di tela, con degli ovi, con degli asparagi, e con qualche rosario in suffragio de' suoi morti. E ora bevete, Caterina…. —Che Dio, la madonna e S. Giuseppe benedicano lei, la sora Ceci, che l'è sempre più bella che mai, e quei cari suoi patanelli…. E possa averne ancora tre o quattro….— —Bevete per amor di Dio!…—si affrettò a gridare Baldassare per scongiurare l'augurio. E Caterina, dopo aver allungato il barbéra con due grosse lagrime, alzò il bicchiere e lo votò d'un fiato. —Le ho portato due piccioni, sora Ceci….—disse poi col viso radiante, togliendo il fazzoletto. Cecilia prese il cavagnolino colle due mani che tremavano. Il cuore cominciò a batterle in una maniera insolita: e batte ancora così. * * * CERTE ECONOMIE CERTE ECONOMIE La mattina del 17 Giugno 1885 il camparo della grande tenuta d'Arbanello, uno dei più grossi fondi che l'ospedale d'una nostra città possegga nel basso milanese, andando per la solita ispezione, rilevò una piccola rottura in uno dei molti canali di scarico che danno da bere ai prati. Il temporale della notte aveva schiantata una pianta, scassinando con essa la testa d'un arginello, rovesciando tre o quattro mattoni che, caduti nell'alveo, turbavano per un quarto d'oncia la bocca di scarico del canale; un'inezia, ma che rubava qualche secchio d'acqua al fondo dell'Opera pia a tutto beneficio del vicino fondo del marchese Riboni. Sì sa che le questioni d'acqua son delicatissime, quanto ardenti son quelle del vino; e basta alle volte un mattone fuori di posto per suscitare un vespaio di liti e di contestazioni. La goccia, che secondo il dettato, cavat lapidem, nei fondi irrigatori semina l'oro. Per conseguenza ha fatto benissimo il camparo Bogella a non toccar nulla, ma a riferire subito la cosa al sor Mauro, il fittabile; il quale alla sua volta, non volendo avere de' fastidi col marchese, un litichino di professione, prese la penna e scrisse direttamente all'ingegnere Martozzi dell'ufficio tecnico di amministrazione, avvertendolo che tre mattoni d'un arginello, in causa d'una pianta, eran caduti nella bocca del canale con qualche pregiudizio dei fondi dell'Opera pia. * * * L'ingegnere Martozzi, da quell'uomo diligente che è, portò la cosa in direzione; ma essendo fuori il cavalier Sermenza, ingegnere capo, e non avendo egli l'autorità di delegare un tecnico perito per una visita sopra luogo, lasciò passare le due feste: e al martedì, quando il cavaliere si lasciò vedere due minuti in ufficio, gli riferì insieme cogli altri affari anche intorno all'oggetto dei tre mattoni caduti nella bocca di scarico in un canale della tenuta d'Arbanello, per la quale (questo era il suo pronome favorito) ne veniva qualche pregiudizio ai fondi dell'Ospedale. Il cavalier Sermenza, che aveva in quei giorni ricevuto un favorone dall'ingegner Fraschi, rappresentante la Società d'assicurazione contro i danni della grandine (la Previdente, capitale illimitato) memore del precetto che una mano lava l'altra, fu lieto d'aver súbito sotto mano un'occasione per dimostrargli la sua gratitudine. Detto fatto, gli scrive di presentarsi al più presto ad assumere un sopraluogo per una riparazione di qualche rilievo; e la frase di qualche rilievo fu scritta apposta per dare un po' d'importanza a una cosa che ne aveva poca in sè, ma che, come tutte le cose di questo mondo, poteva acquistarla strada facendo: e anche per far capire che la gratitudine è un sentimento, che ha anch'esso il suo bravo protocollo co' suoi numeri di riferimento nel cuore dei buoni colleghi. Ed ecco, due o tre giorni dopo d'aver ricevuta la lettera, l'ingegnere Fraschi di ritorno da una visita in Valtellina si presenta pronto come uno schioppo alla direzione come sopra, cerca del cavalier Sermenza, che fa chiamare il Martozzi, il quale stende sul tavolo la carta topografica del fondo d'Arbanello e uno dopo l'altro mettono il dito sull'arginello, che aveva lasciato cascare tre mattoni nell'alveo del canale con pregiudizio della bocca di scarico. * * * Siccome per Arbanello non c'è comodità di strada ferrata, e l'ingegnere Fraschi non voleva perdere una giornata per tre mattoni caduti nell'alveo, ecc., aspettò che grandinasse un poco da quelle parti per poter servire l'Ospedale e la Previdente con un viaggio solo: il che potrebbe parere a tutta prima una misura di economia. E di fatto piacque al dio della gragnuola di mandarne quattro o cinque chicchi sul fondo di Verdazzo, un cascinale quasi al lembo del Po, che dista da Arbanello ventidue o venticinque miglia, una bella distanza a dire il vero; ma quando si hanno due buoni cavalli e una carrozza comoda pagata da due forti amministrazioni, e quando si può riscotere dalle due parti una diaria di quindici lire, nette le spese di vitto e d'alloggio, un ingegnere non si accorge delle distanze. Così dunque, fatto con comodo il rilievo dei danni sul fondo di Verdazzo, dopo una buona colazione in casa del fattore, accesa una sigaretta, l'ingegnere Fraschi se ne venne con bel

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Argomenti: due mani,    lampo sinistro,    colpo tremendo,    continuo andirivieni,    grande tenuta

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