Nuove storie d'ogni colore di Emilio De Marchi pagina 18

Testo di pubblico dominio

volta mi arrischiavo di gridare dalla finestra:—La se pèttena, siora Nina? vol piovere? vol far belo, siora Nina? —E la siora Nina? —Sì, sior Angolo, vol piovere, vol far bel tempo!… —Un'arcadia! —E non mancavano i sonetti. —Anche i sonetti? —Sicuro; li stampavo sul Trovatore, un giornaletto teatrale di Padova, e glieli facevo pervenire con delle iniziali molto trasparenti. Seppi più tardi che la siora Nina non sapeva leggere più in là del suo libro da messa; ma le donne, quando amano, son come i gatti; ci vedono anche al buio. Suo marito se l'era tirata in casa ancor ragazzina, con una gonnella di cotone e un paio di zoccoli sui piedi; l'aveva mandata a scuola un po' di tempo dallo monache, e quando la servetta gli parve cresciuta abbastanza, se l'era sposata per avere una compagna fedele, il poveretto, più vecchio una ventina d'anni, pativa d'asma e di mal di cuore, ed è sempre prudenza aver qualcuno che ti assista in un bisogno e ti faccia compagnia la notte. —Era bella? —Bellissima no, ma un musettino gustoso di servetta friulana, con dei riccioli biondi che incorniciavano un bell'ovale colorito e sano. Gaia, spiritosa come tutte le nostre venete, la fortuna non l'aveva fatta salire in superbia. Nella sua ignoranza aveva un fascino naturale, non guasto dalle solite compassature del galateo sociale. Gente in quella casa ce ne andava poca, tranne qualche provinciale, che capitava di tempo in tempo a trovar la Mina diventata parona. L'unica persona di riguardo, che visitava con qualche frequenza l'imp. reg. impiegato della contabilità, era il dottor Franzon, un professore della facoltà medica, compatriota del Malgoni e suo medico curante. Franzon era già una mezza celebrità fin da quel tempo per le sue fortunate operazioni ostetriche, e la gran scienza faceva perdonare in lui il naso d'aquilotto e i modi di villan scozzonato o superbo, che gli avevano meritato il titolo di dottor Grobiàn. L'onore e la scienza di tanto uomo si riverberavano sulla modesta casa Malgoni, specialmente dopo che Franzon era salito in auge alla Corte per una felice operazione, che aveva salvato alla monarchia uno dei trecentotrentatre arciduchini d'Austria. E poi fa sempre comodo d'aver un dottore amico, quando si soffre d'asma e di palpitazione di cuore. La siora Nina era in una continua trepidazione davanti a un omo de tanto riguardo, molto più che Malgoni, indulgente su molte cose, diventava ancora il paron terribile, quando si trattava d'invitare a pranzo l'illustre Franzon. Guai se il manzo non era a giusta cottura! guai se il caffè non aveva quel tal profumo delicato! guai se Nina non faceva gl'inchini bene e non rispondeva a tono:—Sior sì, sor dottor; sior no, sor professor…. «Un omo che aveva delle influenze a Corte, che, con poco rispetto parlando, aveva visto un'arciduchessa in camicia, un dottor di quella forza, un professoron come Franzon, che si degna de magnar la tua minestra, non è un caso che capita a tutti; oltre all'onore, poteva sempre far del bene a un imperiale e regio impiegato, onesto, religioso e di sani principii.» —Ho capito. La siora Nina non si divertiva troppo. —Eh no, poverina! quando i due cravattoni cominciavano a parlar di politica, o a tirare in scena la Dieta e Metternich e a, parlare in barlich e barloch e in flit e futter, essa usciva volentieri col secchiello a prender l'acqua sul pianerottolo. Era in quei momenti e durante quelle brevi scappate ch'io coglievo l'occasione per recitarle il mio sonettino, per dirle che le volevo bene, per baciarle la punta di un dito. Non più in là, s'intende. Essa non era donna da dar confidenze agli studenti e io, povero matricolino, ero troppo ingenuo per far della concorrenza a Metternich. La cosa andò avanti così un bel pezzo, tra un trillo di flauto, un sonetto e un secchiello d'acqua, quando Malgoni ammalò gravemente di quel suo battito di cuore e parve sul punto d'andarsene all'altro mondo. Franzon si mise al letto dell'amico e gli usò una assistenza fraterna. Quando non bastava il dì, rimaneva la notte accanto alla siora Nina che scaldava i brodi; e siccome ogni servizio merita compenso, e non c'è amicizia che in qualche modo non si faccia pagare, il bravo dottor e professor, forte dell'amicizia di Metternich e della sua prepotenza, credette d'onorare anche la moglie del suo vecchio amico. La Nina, una povera servetta senza esperienza, còlta di sorpresa, nella sua suggestione, nella sua paura, al buio, di notte, accanto al marito quasi morente, dominata dalla forza d'una passione brutale e poi spaventata dal sofisma del fallo compiuto, dopo essere stata vittima, si credette quasi complice del tradimento. E tacque e simulò. Franzon poteva fare del bene a Malgoni; ma poteva anche fargli del male. La povera donna sprovveduta nella sua ingenua ignoranza d'ogni energia morale, credette, simulando, di evitare a suo marito un gran dolore. C'era da farlo morire di crepacuore quel pover'uomo, se gli avesse detto di qual refe era fatta l'amicizia di Franzon. E non si accorse che intanto l'uomo scaltro ed erudito la dominava colla sua stessa paura e l'aggiogava come una schiava al carro della sua colpa. Quando tornai a Padova, dopo le vacanze, mi parve di leggere nel volto meno chiaro della bella, Nina come una nota misteriosa di dolore o di avvilimento. Essa mi fece capire che aveva qualche ragione segreta di vivi dispiaceri. Malgoni stava abbastanza bene e aveva ripigliato il suo ufficio, ma l'amico di casa s'era impadronito così bene del cuore del suo malato, che ormai il pover'uomo non vedeva che per gli occhi del dottore, non parlava che per la sua bocca. Non ci vuole che un marito per non vedere: ma la gente cominciò a mormorare. Le donnette volevan quasi far credere che il dottore mirasse ad avvelenare Malgoni colla digitale o a corroderne la vita coi deprimenti. Questa calunnia, messa fuori colla solita sventatezza delle teste piccine, non fu senza conseguenza per una fantasia riscaldata come la mia; la malinconia, il pallore e le lagrime della povera siora Mina non erano per sè un terribile capo d'accusa? Da quel dì cominciai a guardare in cagnesco il piccolo dottor Grobian, dal naso d'aquilotto, dalle spalle di facchino, che andava schiacciato sotto l'enorme tuba e infagottato nell'enorme cravattone di seta. E siccome ringhio suscita ringhio, anche Franzon imparò a conoscermi e a guardarmi in cagnesco tutte le volte che m'incontrava sul pianerottolo o nell'androne della casa. Anche lui aveva le sue spie e qualcuno doveva avergli parlato dei miei sonetti e de' miei trilli di flauto. Si arrestava con sfacciataggine a squadrarmi, colle mani dietro la schiena, colle quali dimenava una grossa canna come una coda e con quegli occhi pesti pareva dirmi:—Ocio, matricolino, che so tutto e ti posso far legare.—Il Trovatore aveva dello velleità patriottiche, io era allora un bel giovinetto, con un bel pizzo di barba: e anche quel po' di barba poteva essere interpretata come un'idea sovversiva. Parlo dei tempi dei tedeschi. Mosso tra un marito geloso e un ringhioso amico di casa, il meno che potessi fare era di usar prudenza, di rimettere il flauto nell'astuccio, di sacrificare qualche sonetto, di compatire da lontano a una povera donna caduta come un'agnella negli unghioni d'un orso buono e stupido e di un lupo furbo ed affamato. E le cose sarebbero andate avanti un pezzo così, e sarebbero fors'anche finite in qualche maniera colla pace o colla noia, se tutto ad un tratto l'illustre Franzon non fosse stato ufficiato ad assumere la direzione dell'Ospedale delle partorienti a Venezia, carica che portava il grado di medico di Corte e il titolo di cavalier della Corona di ferro. Bagatella! Questa nomina che lusingava la sfrenata ambizione e l'avidità del bravo ginecologo, poteva essere per la siora Nina una vera liberazione. Ma la poverina aveva fatto i conti senza il lupo. Franzon non era uomo da rinunciare troppo facilmente a una passione

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Argomenti: marito geloso,    giornaletto teatrale,    tanto uomo,    passione brutale,    terribile capo

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