Romanzo d'una signorina per bene di Anna Vertua Gentile pagina 22

Testo di pubblico dominio

sarebbe guarita!… «Mi farò suora anch'io!—soggiunse movendo a pena le labbra.—Papà avrà lo stesso il poco che ho, come se fossi morta!… Il lieve bisbiglio la stancò. Volse la testa da un lato, vinta dal sonno. Il sole sorgeva sfavillante e caldo; alcune voci in lontananza, i rintocchi della campana per la prima Messa, una cantilena di pescatore, dicevano il risveglio del villaggio, il ritorno a la solita vita della giornata. * * * Un guaito pietoso, una carezza umida e calda su la mano sinistra, svegliarono Lucia dal lungo sonno tranquillo. Si tirò a sedere su 'l letto a fatica. Un altro guaito, un'altra carezza, attrassero la sua attenzione. «Wise!—esclamò in un sussulto—Wise! Il cane, con le zampone poggiate su lo scrimolo del letto, guaiva dimenando la coda. Lucia gli pose la mano sopra il collo. La povera bestia non potè frenare la gioia; abbaiò in segno di festa; un abbaiare che fini in un gemito, quasi espressione di piacere e dolore insieme. «Wise! mio povero Wise! Nella debolezza, sopra fatta dalla emozione, la fanciulla pianse tacitamente. Il medico, dai piedi del letto le sorrideva; suor Teresa l'obbligò a prendere alcune cucchiaiate di cordiale. Poi con Adele, che era entrata in punta di piedi, le pose un altro guanciale di sotto il capo, le acconciò i capelli copiosi, sfuggenti in ciocche e riccioli, intorno al volto smagrito e pallido; e uscirono quindi tutte due in silenzio, lasciandola sola con il medico. Meno una grande stanchezza, un affievolimento dei sensi, Lucia non sentiva alcun male. Le era entrata nell'animo una calma dolcissima; il suo sguardo si posava con compiacenza e tenerezza, su gli oggetti famigliari raccolti nella camera; accarezzava il cane con atto monotono e lento, risentiva inconsciamente il piacere di tornare a la vita, a la giovinezza. Non pensava che aveva desiderato di morire. L'avvilimento e le pene sofferte le giacevano in petto illanguiditi; come se sopra vi fossero passati parecchi anni. Un raggio di sole sfuggente da una stecca della gelosia, che segnò un striscia d'oro scintillante di polviscolo nel mezzo della camera, la fece sussultare ricordandole la bella luce aperta su la campagna verdeggiante, su 'l mare immenso. Il medico si era messo a sedere nella poltrona e la guardava con compiacenza, senza parlare. Come era buono il vecchio medico!… Come erano buone suor Teresa e
Adele!… E Bortolo?.. E Wise, il fedele Wise che era venuto a trovarla?
«C'è della gente buona!—pensava—Ce n'è molta di gente buona! La fiducia serena le scendeva in cuore, riscaldandolo con la simpatia per le persone. Ricordò il suo papà, zia Marta, i molti amici del tempo felice. Nessuno era venuto; forse non avevano saputo della sua malattia; forse anche, sapendolo, non se ne erano interessati. L'amarezza non la turbò a questo pensiero. Suo padre ormai non aveva cuore e mente che per sua moglie; la signora
Rabbi.
Manco un fremito di gelosia la fece sussultare a questa sicurezza. «Quando sarò guarita mi farò suora come Teresa e papà avrà il poco che possiedo!—concluse. Avrebbe compiuto quello che credeva suo dovere e la sua coscienza riposava in pace. La fantasia le fece vedere a sè dinanzi la figura alta e bruna d'un giovine signore, che la guardava severamente, con muto rimprovero. Il povero cuore prese a batterle in petto con violenza e le venne voglia di piangere, come un bambino, che si sente vittima dell'ingiustizia. Nello stesso tempo il cane abbaiò staccandosi dal letto e balzando verso l'uscio Che cosa aveva Wise?… Ella lo seguì dello sguardo, e stette sorpresa, quasi spaurita, con gli occhi grandi aperti. Un giovine signore alto, bruno, pallido, era apparso su l'uscio, si avanzava, le veniva vicino, di fianco al suo letto; con voce tremante la chiamava a nome, come nel sogno, il suo ridente sogno. «Lucia! Le si chinò sopra; e sotto voce, avvolgendola del suo sguardo dolce e potente, le susurrò alcune parole, la baciò in fronte con rispetto. Un grido fioco di gioia uscì dal petto della fanciulla che si abbandonò svenuta su i guanciali. «Non è nulla!—disse il medico accorrendo.—È la felicità che deve guarirla del tutto. * * * Nel salottino che dava su 'l terrazzo inondato di sole, profumato dalle gaggie in fiore, Lucia ancora un po' pallida, ancora molto debole, ma raggiante di gioia, scriveva a l'amica lontana. «Lena mia! «Ho veduto la morte da vicino. Ora sono guarita. Quando caddi ammalata era tanto infelice da desiderare la fine. Adesso non ho parole per ringraziare Iddio della gioia che mi concede. L'ingegnere Del Pozzo mi amava quando lo credeva indifferente e disdegnoso.
Mi ama e sarò sua moglie.
Moriva volentieri per lasciare a mio padre il poco che possiedo; volevo farmi monaca per cedergli tutto, quando sentii di guarire. Mario Del Pozzo esige che sia soddisfatto il mio desiderio. Mio padre avrà quello che è mio di diritto. Egli ama me. Ricca non mi avrebbe sposata per orgoglio; povera mi sposa per amore. Oh Lena! come sono felice e come Dio fu buono con me! «Tua LUCIA

Tag: letto    medico    lucia    gioia    cane    sguardo    padre    poco    sole    

Argomenti: povero cuore,    lieve bisbiglio,    lungo sonno,    sguardo dolce,    grido fioco

Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina:

La vita comincia domani di Guido da Verona
La divina commedia di Dante Alighieri
L'amore che torna di Guido da Verona
Novelle rusticane di Giovanni Verga
Rinaldo di Torquato Tasso

Articoli del sito affini al contenuto della pagina:

Offerta capodanno ad Atlanta (Georgia, USA)
Offerte Capodanno Cuba
Offerte Capodanno Fortaleza
Abitudini alimentari sbagliate
Nizza, la bella


<- precedente 1   |    2   |    3   |    4   |    5   |    6   |    7   |    8   |    9   |    10   |    11   |    12   |    13   |    14   |    15   |    16   |    17   |    18   |    19   |    20   |    21   |    22