Romanzo d'una signorina per bene di Anna Vertua Gentile pagina 20

Testo di pubblico dominio

signore, con il ricamo in mano, facevano mostra di lavorare per il gusto di spettegolare parendo occupate; alcune leggevano; altre ancora passeggiavano. Entrò ad un tratto, come un razzo, un giovanotto. Veniva da Genova ove si era recato il mattino. Aveva fatto il viaggio con una suora; una monachella giovanissima e bella, che aveva sempre snocciolato il rosario, senza mai badare a gli altri viaggiatori, rispondendo a monasillabi alle loro domande. Era scesa lì, con lui. Egli aveva voluto vedere dove andasse e l'aveva seguita. Era andata nella casetta della signorina Ferretti. «Oh! «Ah! «Che stia male davvero? «Che si tratti proprio di cosa seria? «Povera signorina!… così giovine e bella! «Povera Lucia! «E suo padre che non si lascia vedere? «E sua zia? «Conviene dire che l'abbiano abbandonata tutti se hanno avuto bisogno d'una suora che l'assista! «L'ha abbandonata per fino lo Svarzi che pareva innamorato morto! «Oh! in quanto a quello, era lei che lo teneva a la larga! «Una signorina strana quella! «Un po' troppo altiera per la sua condizione presente! «Quante non avrebbero accolti gli omaggi dello Svarzi!—osservò con un sorrisetto malizioso una signora attempata. «Sfido io!… un giovine come lui, ricco e sciocco per di più!… figlio unico e un banchiere per padre. Una fortuna a questi lumi di luna, che pochi sono i giovani che si ammogliano!—disse un signore parlando con lo sigaro in bocca, fra una boccata e l'altra. La signora Marri e le figliuole si mostrarono afflitte, lagnandosi però del medico e specialmente di Bortolo, che davano risposte evasive e non lasciavano passare nessuno, nemmeno esse, che erano intime di casa Ferretti e amiche della malata. La signora che sedeva al piano, cessò di strimpellare e cedette il posto a un giovinotto che prese a suonare un walzer. Fu come un invito al ballo. Si tirò in disparte la tavola di mezzo e le coppie cominciarono a danzare scacciando l'uggia del cattivo tempo, dimenticando la malata, che languiva lì, a pochi passi. Languiva davvero poveretta! abbandonata su 'l lettuccio bianco, i capelli sparsi su 'l guanciale, il volto, dagli occhi chiusi, vampante di febbre. Era in quello stato pietoso da parecchi giorni, e già il medico, il vecchio medico di casa, che aveva conosciuti e visti morire i nonni materni della malata, cominciava a impensierirsi, a scuotere il capo. Adele, che non sapeva più a qual santo votarsi, aveva scritto, di suo impulso, a la sorella del povero Cecchino, a la suora novizia, che già era pratica della cura dagli infermi, e che era subito accorsa. Non a pena entrata, a la vista della Signorina così ridotta, che non pareva più lei e ansimava tanto penosamente che il petto le si sollevava di sotto le lenzuola, Teresa s'era buttata ginocchioni presso il letto, piangendo tacitamente. Abituata a la vista degli infermi, aveva subito capito che si trattava di male grave, gravissimo, e non era stata capace di vincere la commozione. Ma si era subito fatta forza. Non era certo venuta lì per piangere, ben sì per prestare le sue cure a la buona, a la generosa fanciulla che aveva a lei facilitata la via della salvezza, che l'aveva compatita e confortata con le cortesi parole, con le prove di interessamento; che l'aveva intenerita baciandola, lei, la povera creatura che era stata spinta al male dall'abbandono e dal bisogno!.. Alzatasi, si diede subito in torno a provvedere, a ordinare, con quella tacita e tranquilla attività previdente, propria delle suore. Quel giorno la malata stava peggio del solito; forse in causa della tempesta che infieriva. Certe ondate grosse, immense, che si rinfrangevano contro i muri della casa in uno scroscio pauroso; certe ventate rabbiose, che fischiavano minacce su tutti i toni e pareva volessero portar via la villetta! Calò la sera prima del solito. Si dovette accendere la lucerna, che di sotto al paralume d'un verde cupo, spandeva per la camera una luce smorta. Il medico se ne andò promettendo che sarebbe tornato il mattino dopo. Ora che c'era la suora poteva stare più tranquillo. Se ci fosse stato peggioramento, lo chiamassero. A una cert'ora anche Adele, che moriva di stanchezza e di sonno, si ritirò a riposare nella stanzetta attigua. Il vecchio Bortolo non volle a nessun costo lasciare la camera. Si adagiò nella poltrona; e vinto anche lui dalla fatica e dalle emozioni, in poco andare si addormentò. Rimase sola con la malata, suor Teresa. Nel silenzio della camera, giungeva il fragore della furia marina; certi ululati, e gemiti e urli; voci sovrumane di minaccia, scoppi di collera. La luce della lampada illividiva la malata, a farla sembrare morta. Suor Teresa tolse il rosario dalla cintola e prese a snocciolarlo, stando seduta al capezzale dell'inferma. Pregava movendo a pena le labbra che mormoravano i Pater noster e le Ave Marie; mentre il cuore in lagrime, invocava Dio, la Madonna, i Santi tutti per il miglioramento, per la guarigione della malata. Era la preghiera della riconoscenza schietta e affettuosa. A una terribile raffica che scosse i vetri delle finestre e fece tremolare la fiammella della lucerna, Lucia si mosse e le uscì un lieve gemito dalle labbra semiaperte. La suora si alzò, le fu subito vicina e le prese una mano, che, bruciava; poi cercò di addattarle su 'l capo la vescica di ghiaccio. Ma la malata la respinse; con atto repentino, si tirò a sedere su 'l letto, e ad occhi sbarrati, stendendo le braccia quasi a difesa, mormorò con voce alterata: «Via! via! via!… Ah vigliacco!… ah come l'odio! Bortolo, svegliato di soprassalto, accorse al fianco, del letto; Adele fu lì in un salto. «Via! via! via!—continuava l'inferma, agitandosi, con gli occhi smarriti nel vuoto. A stento, la suora e Adele riuscirono a riadagiarla, a farle posare il capo su i guanciali sovrapposti. Si calmò, rinchiuse gli occhi. Ma dopo un momento di silenzio, tornò a parlare, a frasi tronche, con voce gemebonda, come un lamento. «Mi disprezza!… mi crede volgare!… Parve esaurita; respirava con affanno; pareva assopita. Una nuova ventata impetuosa la scosse ancora. «Come sono severi quegli occhi chiari!… come sono pieni di rimprovero!—susurrava in un soffio. Si portò lentamente la mano destra alle labbra. «Gli ho steso la mano e l'ha toccata a pena!… non l'ha stretta!.. povera mano! La baciò e la lasciò andare inerte. Passò la notte nell'assopimento, rotto da delirio. Una volta invocò il suo papà; un'altra volta chiamò Lena. Si agitò ancora cercando di tener lontano qualcuno e ripetendo la parola «vigliacco!» Ma l'idea fissa era quella degli occhi chiari, severi e pieni di rimprovero. «Mi disprezza!—sospirava ogni tanto. «Mamma!… tu sai che lo amo!—piagnuculò mentre suor Teresa le bagnava la fronte. Quando il medico capitò, a l'alba, parve svegliarsi. Aperse gli occhi, lo guardò; forse lo riconobbe e disse con un filo di voce, che si sentiva a pena: «Se muoio, papà avrà il poco che ho!… Al sorgere del sole, che mandava per le gelosie chiuse, la sua luce a strisce su 'l pavimento, illuminando la camera mitamente, la povera fanciulla girò in torno gli occhi con coscienza di sè. Riconobbe Teresa e fece un atto di meraviglia. Si rivolse al medico, e additandola bisbigliò: «Sto male assai? Il vecchio dottore le piegò sopra la testa canuta guardandola con pietà senza rispondere. «Male?… proprio male?—ripetè la malata tentando di alzare il capo che subito ricadde su i guanciali. «Vuol vedere sua zia?—le chiese il medico in risposta. Lucia accennò di no con la testa. «Il suo papà? Una contrazione delle labbra che voleva essere un sorriso amaro, accompagnò il cenno negativo del capo. «Non desidera vedere nessuno?—insistette il medico. Con uno sforzo penoso la poveretta fissando intensamente il dottore, gli chiese: «Sto proprio, proprio male?… devo morire? Il vecchio amico di casa chinò la testa senza rispondere. «Se devo morire… proprio.. vorrei..

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Argomenti: sforzo penoso,    figlio unico,    certo venuta,    terribile raffica,    lieve gemito

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