Il colore del tempo di Federico De Roberto pagina 2

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Fierens-Gevaert, che lo ha compilato, vi ha scritto sopra: La tristezza contemporanea; ma il deficit dei valori etici si chiama propriamente angoscia, confusione, oscurità, pessimismo. L'êra contemporanea comincia con la rivoluzione francese: si ottennero da essa i beneficî promessi? Tanto poco si ottennero, che quel cataclisma potè essere definito «una farsa sanguinosa». Mentre il principio dell'eguaglianza tra gli uomini era scritto col vivo sangue sgorgante dalle ghigliottine, Napoleone s'incaricava di dimostrarne la fallacia; o, per meglio dire, ne incarnava la logica conseguenza. Se ogni uomo è uguale ad un altro, un ufficialetto d'artiglieria prende il posto dei re per diritto divino e si fa padrone del mondo. Autocrate repubblicano, egli è il tipo dell'umanità moderna: egoista per istinto, democratico per educazione. In nome del principio d'eguaglianza la somma dei beni va distribuita a un numero sempre più grande di concorrenti: la parte di ciascuno è pertanto sempre più piccola. Dio era stato soppresso; Kant aveva legittimato l'operazione affermando che ciò che non si vede non esiste. La reazione non doveva tardare; ma fu peggiore della stessa azione, e non portò il rimedio sperato. Il cristianesimo di Giuseppe de Maistre è triste, cupo ed ingrato: esso ammette la necessità del male; vuole quella legge di ferro e di sangue, che sarà più tardi proclamata dal più fiero negatore del cristianesimo e dell'altruismo: da Federico Nietzsche. Nè Chateaubriand, con tutta la sua fede, si salva; al contrario: fonda la scuola dei malinconici superbi, degli egoisti annoiati e disperati. Il romanticismo infierisce in tutta Europa. In Italia, con Giacomo Leopardi, il «male del secolo» arriva al parossismo. Il Rousseau aveva detto che la civiltà è la grande colpevole; che gli uomini, nativamente, sono buoni; il Leopardi afferma che gli uomini, malvagi naturalmente, vogliono dare a credere di esser divenuti tali per caso. Senza bussola, intanto, il pensiero umano erra qua e là, secondo che il vento soffia da una parte o dall'altra. Primi fra tutti, il Guizot e Augusto Comte parlano dell'«anarchia intellettuale». Nel giro di poche diecine d'anni l'anarchia diventa una dottrina, i cui apostoli lanciano bombe in mezzo alla folla innocente. Prima s'innalza la bandiera del comunismo. Il Fourier e il Saint-Simon promettono il paradiso in terra; dànno l'esempio delle chimeriche raffigurazioni dell'umanità futura: l'uomo sarà, dicono, sbarazzato dal dolore e dalla miseria, la sua statura crescerà di sette piedi, ed egli arriverà all'età di 144 anni, «dei quali 120 di esercizio attivo in amore…». Se questo linguaggio è tenuto ai creduli più ignoranti, Augusto Comte, parlando agli spiriti eletti, bandisce, come Gran Pontefice dell'Umanità, il nuovo verbo della Religione dell'Uomo. Il regno dell'uomo è di questa terra. Non bisogna alzare gli occhi troppo in alto: il Pontefice vieta insino lo studio dell'astronomia; consente soltanto che si osservino i moti dei pianeti visibili a occhio nudo… Solo i fatti importano: il positivismo dà lo sgambetto alla metafisica. E lo Schopenhauer è il suo discepolo Hartmann passano la spugna sull'una e sull'altro; dimostrano l'inganno universale; combattono la volontà di vivere e predicono il suicidio cosmico. Mentre costoro parlano e scrivono, gl'internazionalisti e gli anarchici cominciano ad operare. Che cosa è la patria? Già imperando Napoleone, quando i confini dei popoli si slargano, quando gli eserciti corrono da un capo all'altro del vecchio mondo, lo «spirito europeo» della signora di Staël si sostituisce allo spirito particolare delle varie nazioni; a poco a poco, col vapore e con l'elettricità, che accorciano lo spazio ed il tempo, lo spirito «cosmopolita» si sostituisce all'europeo. Non più patrie, non più società. Il mondo unificato è felice? Le ineguaglianze sociali sono sparite? La lotta per l'esistenza è divenuta meno feroce? Il positivismo e la democrazia hanno assicurato almeno il benessere materiale? Gli appetiti sono stati eccitati, non appagati. Ed ecco i bombardatori scendere in piazza. III. Erano rimaste, in tanto naufragio, alcune tavole di salvezza. Avevamo l'amore. Anche questo ci manca. Noi siamo oggi posti tra i misogini, che seguono il Leopardi e lo Schopenhauer nel loro disprezzo per le donne; e tra i femministi, che lavorano a fare della donna non la compagna, ma la concorrente e la rivale dell'uomo. E l'arte? Non era l'arte la grande consolatrice? Lo Schopenhauer e il Leopardi, negando tutte le altre cose, non avevano attestato il sovrano potere dell'arte? In arte, oggi, come in politica, non si sa da qual parte rifarsi. Il naturalismo pareva l'ultima parola; ma non appena esso tentò di assodarsi, il simbolismo lo buttò giù; ed ecco che a sua volta il simbolismo boccheggia. «Purificate la vita con la sovrana potenza dell'arte!» dicono gli esteti; Ferdinando Brunetière predica che l'arte è essenzialmente immorale!… L'artista si sente solo. Singolare ed aristocratico, vive a disagio in mezzo alla società democratica ed uniforme. Si sente da essa odiato come inutile, come superbo; e la disprezza. Pertanto le opere sue non si rivolgono ai più, ma ai pochi iniziati. Il popolo è privato della gioia che l'artista può dare; l'artista è privato del premio che il popolo accorda. Una forma d'arte aveva preso uno sviluppo straordinario, non prima sospettato: la musica. Essa pareva l'arte democratica per eccellenza, l'arte intelligibile a tutti, il linguaggio universale; ma ecco apparire il Wagner, prototipo dei ribelli incompresi. Paragonate il Wagner e lo Schopenhauer, vedrete la loro fratellanza. Il musicista dice che la soppressione della volontà di vivere, voluta dal filosofo, è terribile ma salutare; Tristano e Isotta è un inno d'amore turbato da un capo all'altro dall'idea della morte. Lo Schopenhauer, affermando che il valore dell'individuo è illusorio, compatisce i dolori degli uomini; dalla compassione, dalla carità, il Wagner è ricondotto alla fede, allo spiritualismo di Parsifal; ma il suo simbolo è oscuro ed ermetico; l'arte sua parla più alla ragione che al sentimento, è un paradosso in azione: per ottenere da essa il massimo della commozione nervosa, bisogna spendervi intorno il massimo d'intelligenza. Chi parlerà allora a tutti, chi vorrà farsi intendere da tutti, dagli umili, dai semplici, dai poveri di spirito? Leone Tolstoi. Ma la sua religione, il suo nuovo cristianesimo, sorge dalle vive viscere della filosofia pessimista, considera l'umanità presente come un puro nulla, nega tutta quanta la nostra scienza, nega tutta quanta la nostra arte! E quelli che affermano l'onnipotenza della scienza non sono già più contenti! La scienza, così gaia nei primordî, durante il Rinascimento, quando il Rabelais rideva del suo riso immortale, è ora triste. I suoi pratici adattamenti, i progressi materiali, le invenzioni che hanno reso più rapida e intensa la vita, hanno pure logorato la fibra umana. La nostra razza deperisce, i nostri nervi sono in convulsione. La scienza ci ha dato l'elettricità, ma ci ha dato anche la dinamite. E sulle origini prime e sulle cause finali del mondo e dell'uomo questa scienza orgogliosa non dice una sola parola. Essa considera come entità reali le forze cosmiche, delle quali ignora l'essenza: uno scienziato, lo Spencer, glie lo ha rimproverato. Eduardo Hartmann ha definito la creazione: «la più temeraria fantasia dell'immaginazione scientifica». In questa creazione meccanica ed automatica non più miraggi, non più aspettazioni fiduciose e consolatrici. Un vescovo d'Australia ha rifiutato di ordinare pubbliche preghiere per la pioggia, dichiarando che la meteorologia è governata da leggi inflessibili; ed ha invitato i fedeli, per evitare i danni della siccità, a migliorare i sistemi d'irrigazione…. Ma, proprio mentre la fede è negata, derisa, bollata come superstizione; mentre si

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Argomenti: pensiero umano,    vivo sangue,    esercizio attivo,    nuovo verbo,    spirito particolare

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