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Corbaccio di Giovanni Boccaccio pagina 16compressa; parmi essere certo, come io sono della beatitudine che per me s'aspetta, che, riguardando il petto suo, tu estimasti quello dovere essere tale e così tirato qual vedi il viso, senza veder e' bariglioni cascanti che le bianche bende nascondono. Ma di gran lunga è di lungi la tua estimazione dalla verità; e, come che molti ti potessero al mio dire vera testimonianza rendere, sì come esperti, a me, che forse più lungamente, non potendo altro fare, esperienzia n'ebbi, voglio che tu senza testimonio il creda. In quello gonfiato, che tu sopra la cintura vedi, abbi per certo ch'egli non v'è stoppa né altro ripieno che la carne sola di due bozacchioni; che già forse acerbi pomi furono, a toccare dilettevoli e a veder similmente: come che io mi creda che così sconvenevoli li recasse dal corpo della madre; ma lasciamo andar questo. Esse, qual che si sia la cagione, o l'essere troppo tirate d'altrui, o il soperchio peso di quelle, che distese l'abbia, tanto oltre misura dal loro natural sito spiccate e dilungate sono, se cascare le lasciasse, che forse, anzi sanza forse, infino al bellìco l'agiugnerebbono, non altrimenti vote o vize che sia una viscica sgonfiata; e certo, se di quelle, come de' cappucci s'usa a Parigi, a Firenze s'usasse, ella per leggiadria sopra le spalle se le potrebbe gittare alla francesca. E che più? Cotanto, o meno, alle gote dalle bianche bende tirate risponde la ventraia; la quale di larghi e spessi solchi vergata, come sono le toriccie, pare un sacco voto, non d'altra guisa pendenti che al bue faccia quella buccia vota che li pende dal petto al mento; e per aventura non meno che gli altri panni quella le conviene in alto levare, quando, secondo l'oportunità naturale, vuol scaricare la vescica o, secondo la dilettevole, infornare il malaguida. Nuove cose, e assai dalle passate strane, richiede l'ordine del mio ragionamento; le quali quanto meno schiferai, anzi con quanta più diligenza nello intelletto raccoglierai, tanto più di sanità recheranno alla tua infermità. Come che nel vero io non sappia assai bene da qual parte io mi debbia cominciare a ragionare del golfo di Settalia, nella valle d'Acheronte riposto, sotto gli oscuri boschi di quella, spesse volte rugginosi e d'una gromma spiacevoli e spumosi, e d'animali di nuova qualità ripieni; ma pure il dirò. La bocca, per la quale nel porto s'entra, è tanta e tale che, quantunque il mio legnetto con assai grande albero navigasse, non fu già mai, qualunque ora l'acque furono minori, che io non avesse, senza sconciarmi di nulla, a un compagno, che con non minore albero di me navigato fosse, fatto luogo. Deh, che dich'io? L'armata del Re Ruberto, qualora egli la fece maggiore, tutta insieme concatenata, senza calar vela o tirare in alto temone, a grandissimo agio vi potrebbe essere entrata. Ed è mirabile cosa che mai legno non v'entrò che non vi perisse e che, vinto e stanco, fuori non ne fosse gittato, sì come in Cicilia la Silla e la Cariddi si dice che fanno: che l'una tranghiotisce le navi e l'altra le gitta fuori. Egli è per certo quel golfo una voragine infernale; la quale allora si riempirebbe, o sazierebbe, che il mare d'acqua o il fuoco di legne. Io mi tacerò de' fiumi sanguinei e crocei che di quella a vicenda discendono, di bianca muffa faldellati, talvolta non meno al naso che agli occhi dispiacevoli, per ciò che ad altro mi tira il preso stile. Che ti dirò adunque più avanti del borgo di Malpertugio, posto tra due rilevati monti, del quale alcuna volta, quando con tuoni grandissimi e quando senza, non altrimenti che di Mongibello, spira un fummo sulfureo sì fetido e sì spiacevole che tutta la contrada atorno apuzola? Io non so che dirmiti, se non che, quando io vicino v'abitai (ché vi stetti più che voluto non arei), assai volte, da così fatto fiato offeso, mi credetti altra morte fare che di cristiano. Né altrimenti ti posso dire del lezo caprino il quale, quando da caldo e quando da fatica, tutta la corporea massa incitata geme e spira; questo è tanto e tale che, coll'altre cose già dette raccolto, si fanno il covacciolo sentire del leone, che nelle Chiane, di meza state, con molta meno noia dimorrebbe ogni schifo che vicino a quello. Per che, se tu e gli altri, che le gatte in sacco andate comperando, spesse volte rimanete ingannati, niuno maravigliar se ne dee. E per questa cagione sola, avendo tu il viso, come gli altri, più diritto alla apparenza che alla esistenza, forse meno se' da riprendere, quantunque a te più si convenga, che a molti altri, più la verità che l'opinione delle cose seguire: la quale poi che veduta avessi e dalla opinione non ti rimovessi, oltre a ogn'altra bestia, che umana forma porti, saresti da riprendere. E io, secondo che io mi credo, ancora che brieve abbia parlato, avendo rispetto al molto che si può dire, sì aperta t'ho la verità che forse t'era nascosa, che, se dal tuo errore non ti rimovessi, oltre ad ogn'altra bestia dovresti bestia essere tenuto. Io lascio cose assai a dire, per volere venire a quel dolore al quale ieri t'avea condotto la tua follia; e acciò che io ti possa ben dimostrare come tu eri folle, aggiugnendo le cose vecchie colle nuove, alquanto di lontano mi piace di cominciare. Mostrato t'ho in assai cose quanta e quale sia stata la eccellenza dello animo di costei e i suoi costumi; e assai cose de' molti suoi anni t'arei dette, s'io t'avessi per sì smemorato che nel suo viso non gli avessi compresi; né t'ho nascose quelle parti, che la tua concupiscenzia non meno tirava ad amarla che facesse l'animo la falsa opinione presa delle sue virtù. Ora della sua buona perseveranza e nella morte e dopo la morte mia mi piace di ragionarti, acciò che ad una ora io faccia pro a me e a te: in quanto, io di ciò, con alcuno che la conosca, ragionando, si sfogherà alquanto la sdegnosa fiamma nella mia mente accesa contra di lei per li modi suoi; e a te, per ciò che, quanto più udirai di lei delle cose meritamente da biasimare, tanto più, lei a vile avendo, t'appresserai alla tua guarigione. Questa perversa femina ogni giorno più multiplicando nel fare delle cose, male a lei convenienti d'oprare e a me di sostenere, né in ciò le mie riprensioni alcuna cosa vagliendo, non sappiendo al comportarle più pigliare alcuno utile consiglio, in sì fatto dolore e afflizione, nel cuore nascosa, mi misero che il sangue intorno a quello, più che il convenevole da focoso cruccio riscaldato, impostemì; e, come nascosto era il dolore, così essendo nascosa la 'nfermità, non prima si parve che il corotto sangue, occupato subitamente il cuore, me quasi del mondo in uno stante rapì. Né prima fu l'anima mia dal mortale corpo né dalle terrene tenebre sviluppata e sciolta e ridotta nell'aere puro che io, con più perspicace occhio ch'io non solea, vidi e conobbi qual fosse l'animo di questa iniqua femina; la qual sanza dubio simile allegreza a quella, che della mia morte prese, non sentì, quasi d'una sua lunga battaglia le paresse avere acquistato gloriosa vittoria, poscia che io levato l'era stato dinanzi; la qual cosa essa poco appresso, sì come tu udirai, chiaramente dimostrò a chi riguardar vi volle. Ma tuttavia, sì come colei, che ha di malizia abondanzia, prima avendo delle mie cose occultamente assai transfugate e di quelli danari, che io alla sua guardia follemente avea commessi e che a' miei figliuoli rimanere doveano (non avendo io davanti assai pienamente li miei fatti e l'ultima mia intenzione ordinata, né avendo spazio di bene ordinarla per lo sùbito sopravenuto caso), quella parte presane che le piacque, con altissimo romore fuori mandò le finte lagrime: il che meglio che altra femina ella sa fare; e, in molto pianto multiplicando, colla lingua cominciò a maladire lo sventurato caso della mia morte e sé a chiamare misera, abandonata e sconsolata e dolente; dove col cuore maladiceva la vita che tanto m'era durata e sé oltre ad ogn'altra reputava avventurata. E Tag: cose assai forse tanto morte essere dire fare altri Argomenti: grande albero, minore albero, focoso cruccio, mortale corpo, perspicace occhio Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Rinaldo di Torquato Tasso Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo La favorita del Mahdi di Emilio Salgari Decameron di Giovanni Boccaccio Giambi ed Epodi di Giosuè Carducci Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come riconoscere i sintomi di una gravidanza Come realizzare un profumo con i fiori Come fare i massaggi ai gatti Come rendere felice la propria moglie Come chiedere il divorzio (per donne)
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