La strega ovvero degli inganni de' demoni di Giovan Francesco Pico Della Mirandola pagina 20

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nell'isola di Cicilia? perchè fece Empedocle il viaggio aereo a guisa d'uccello? per che conto usò Abari il dardo d'Apolline di velocità simile al vento, andando dagli Iperborei a visitare Pittagora? che significa quella voce che ammoniva Socrate, non lo sforzava? e che anco il genio familiare di Plotino? e che l'oca familiare di Lacide filosofo? Benchè così come pochi filosofi a comparazione degli altri uomini, così assai uomini e più spesso spingeva nella libidine, che non commovesse a gloria vana; nè gli molestava di fuora solamente, ma bene spesso di drento; che se tu pensassi essere di poca importanza, che il demonio affrontasse il senso di drento, ovvero gli occhi sotto imagine di Venere lascivamente, domandane Girolamo, che ti dirà sinceramente quel che patirno quei santi, de' quali ha scritte le vite e gesti: e scrisse ancora ciò che avea sofferito egli, mostrando apertissimamente che nella carne poco meno che morta vi bolliva solamente il grande incendio della lussuria. AP. Venere adunque tentò aver a fare con Girolamo? FR. Affermoti certo, che si esprime il nome di Venere da Martino; furono vedute le insidie tessutegli sotto persona di Venere. Noi non sappiamo già così bene s'ella si scoprisse a Girolamo, o se pure gli lavorava drento; io penso che tu sappi che dagli antichissimi autori gentili Venere suole essere detta entrare negli occhi di fuora e di dentro. Quando si appresenta di fuora, è facil cosa a conoscerla, ma quando ella entra nella potenza imaginativa, e muove il senso, tutti non possono conoscere le insidie segrete. Così puoi vedere negli inni d'Orfeo, Venere essere chiamata visibile e invisibile, e quegli amori parimente, che son detti venire da lei, impiagare le anime con saette intellettuali. Laonde cantò Orfeo in un altro inno dedicato a lei, che ella appariva e che non appariva in quelle parole interpretate così, cioè visibile e invisibile, e in un altro, ove dice: I quali certamente saettano l'anime con saette intellettuali, acciocchè mostrasse l'anime essere ferite con saette intelligibili. Ecci quel verso ancora di Proclo Platonico nell'inno dedicato a Venere Licia: D'intelligibil nozze avendo segni: per dimostrare le nozze intellettuali. AP. Ma pure giudicò Apuleio che fusse un Dio quello che stava intorno a Socrate, e non un demonio. FR. Ma Plutarco, ma Porfirio, lo chiamano demonio: l'uno de' quali fa un libro di esso demone, e l'altro ne fa due. Ma per che cagione un altro demonio è detto aver la protezione di Platone, di Zenone, ovvero di Diogene, e un altro è osservato aver quella di Plotino? Certo per ingannare; imperocchè non è da credere a coloro, che hanno detto essere varie le nature de' demoni, tenendo che altri si dilettino di cose civili, altri di rusticane, e alcuni parimente essere terrestri, alcuni marini. Questi sono sogni di genti che impazzano, parenti di coloro che cicalano, che alcuni esercitano la medicina, altri hanno cura dell'arte del navigare, altri di quella dell'indovinare, e che ad altri piace conversare fra le leggi e ad altri fra le armi. Così sono iti favoleggiando che Esculapio e Podalirio mandano sogni salutiferi, così che i Dioscuri siano sopra le tempeste del mare: così avere atteso dopo la morte loro alle cose della guerra, Reso, Achille, e innanzi a' tempi di Troia Teseo; ma quelli di nascosto, e questo a campo aperto. Imperocchè si dice che l'imagine di Teseo combattè in Maratona per gli Ateniesi contro a Medi, il che fu scritto anco da Plutarco. Perciocchè pensavano che i demonj non fussero altro che le anime degli uomini spogliate de' corpi. E per questo dicevano che Esculapio medicava, Minos e Radamanto giudicavano, i Dioscuri scacciavano le tempeste, Anfiloco, Mopso, Orfeo, Trofonio indovinavano, e che Reso e Achille e Teseo trattavano le cose della guerra. Di tutte queste cose era inventore il demonio per farle credere, acciocchè gli uomini maggiormente fusseno presi, e ripieni di vana speranza facesseno sacrifizj a lui, quasi che all'anime degli eroi; dalla quale superstizione si vede che non aborrirno nè Aristotile, nè Platone, mentre determinavano le leggi pubbliche, disputando degli ordini e delle arti de' cittadini; e a' nostri tempi ancora si è tenuto per vero, che i demonj si siano portati nelle guastade, e negli anelli; e avere date risposte or dal ventre, or dalla coscia, quasi come spirito d'Apolline, acciò che noi conosciamo che il nimico dell'umana generazione in diversi tempi trovò diverse vie sotto spezie di familiarità. AP. Così veramente credo, ma per ancora il giuoco non lo intendo. DIC. A poco a poco cascherai nel nostro parere. AP. Non certamente, se io non sono tirato con ragione e testimoni. DIC. Sappi, o Strega, che tu sei obbligata e costretta per il medesimo giuramento fatto, a dirci la verità di tutto quello che ti domanderemo circa il giuoco, e non dicendola, prima sarai punita con questo fuoco visibile che abbiamo presente, e poi con quello eternale, che noi non vediamo. ST. Io lo so. DIC. Mangiate e beete voi in quel giuoco, poi che si è parlato de' piaceri carnali? ST. Così come io fo in casa mia col mio marito e co' miei figliuoli. FR. Ier l'altro t'aveva posto innanzi per esempio la mensa del sole appresso d'Erodoto e Solino e Pomponio famosi. Imperocchè i poveri e 'l volgo, oltra la speranza de' piaceri amorosi, sono tirati dal diletto della gola. Perocchè quelle carni, che erano poste sulla mensa del sole, che ariano auto a fare? Della qual mensa fa menzione Girolamo e Paulino come di cosa volgata e famosa; ma non esplica ciò che sia, e non si può facilmente vedere s'elle siano allettamenti e beffe del demonio, che inganni il gusto della vil plebarella, dicendo Erodoto che sono produtte dalla terra, e Pomponio Mela, e Solino che son date dal cielo. Ma noi conosciamo, mentre che Solino e Mela discordano da Erodoto, e in fra di loro, che questa superstizione è detta in vari modi. Conciossiacosachè egli dica le carni essere poste dai magistrati di notte in un prato sotto alla città, acciocchè si mangino, e questi del paese dicono che sono date dalla terra di dì, e Solino narra che la mensa abondantemente sempre ripiena di vivande, delle quali mangi ognuno indifferentemente, è posta in luogo dove i malfattori sono legati con l'oro. E dicono che divinissimamente sono sempre accresciute. Ma Pomponio non dice nulla s'elle siano sotto alla città, ovvero in una carcere; ma solamente essere affermato da lui che le vivande vi rinascono divinamente, e benchè non convenghino infra di loro al tutto, questo nondimeno è concesso da tutti senza controversia che il convito si faccia al sole con ordine e modo maraviglioso; la qual cosa conviene con questo convito di Diana, sorella (come dicevano) di Febo, che è detto anco Sole. Penseremo noi anco che faccia per questo, quello che raccontò Pomponio Mela nella descrizione della terra, cioè che è un luogo, dove spesso di notte si veggono fuochi come di eserciti accampati, che occupino gran paesi, e suonino trombe e tamburi, e odanosi pifferi di suono più che umano. Le Magiche di Ulisse ancora dimostravano in loro forma di convito, spargendo il sangue per il circuito, dove si radunavano i demonj sotto i diversi aspetti. Nel qual modo era chiamata da Omero l'anima di Ulisse, come racconta appresso di Filostrato quel vignaiuolo, che era detto conversare con l'ombre di Protesilao, e degli altri eroi. Le streghe del tempo nostro succhiano il sangue de' fanciullini, ma serbano la maggior parte ne' vasi per fare quel profano e scelerato unguento; e ancora che del convito queste cose paressino abbastanza, aggiungerocci nondimeno la mensa d'Achille. AP. Che sarà questo? FR. Non dico cosa finta: domandane il grandissimo Tirio, anzi i suoi libri, che ti mostrerà la mensa del fortissimo Achille essere stata nota in circa mille anni innanzi al tempo suo: simile a quelle, dove dicono essersi ritrovate le streghe. AP. Io do fede alle tue parole. FR. Se tu non hai il

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