Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi pagina 2

Testo di pubblico dominio

uscì dalla stalla col lanternino acceso. Non si commosse. — Cos'hai di licenza? — Otto giorni. — Va bene. Mi aiuterai a potare. La madre, abbandonata la polenta al fuoco, spalancò le braccia. — Quanto aspettare, figliol mio! — Ehi, mamma!, non voglio pianti — ammonì il soldato entrando. — Pugni al cielo non se ne danno: dunque.... E Giorgio? — L'ho messo a letto; stanco; addormentato. Non sta mai fermo in tutto il giorno! Il soldato si levò il rotolo del mantello, che aveva a tracolla, e lo depose sul cassone; appiccò la bisaccia a un chiodo; tolse di mano al fratello il lanternino, e dicendo: — Vuotate la polenta, che son morto di fame — salì, per la scala di legno, al piano di sopra. Ridiscese tosto. — Dorme. È bello. Son contento. Gli lucevano gli occhi, ma il fratello e la madre finsero di non accorgersene. Sedettero; i due uomini, alla tavola, la vecchia, sul focolare; e ingoiarono le fette fumanti. — Hai saputo di Michele Costa? — chiese il fratello. — Sì, me l'ha detto Carlino in treno. Allora la madre pigliò coraggio. — T'avrà detto anche, Carlino, che abbiam fatto quel che abbiam potuto? — Sì. Non ne discorriamo più. — E la guerra? — il fratello dimandò, dopo un poco. Saverio scosse le spalle. C'era ben altro da pensare, da dire! Parlò con voce ferma. — La mamma è vecchia; e d'una donna giovine in famiglia ne abbiam bisogno. Prendi moglie tu. — No — rispose il fratello, risoluto. — Tribolare piuttosto. — Ne prenderò un'altra io. Ma badate: una come quella non la trovo più in tutto il mondo. — È vero — confermò la madre. Soggiunse: — Sinchè io camperò, una matrigna non lo tratterà male, il bambino. — E dopo — esclamò torvo Saverio — non mi mancherebbe un randello da romperle su la schiena se non rispettasse il mio sangue! La vecchia si alzò in fretta; andò a deporre il piatto nel secchiaio; si asciugò gli occhi col dorso della mano, e Saverio finse di non accorgersene. — Adesso — il fratello disse riempiendo la pipa — ti mostro i conti. Li ha fatti Carlino iersera. Due volte è venuto per consolarci. E tornò con le carte. Saverio accostò a sè il lume a petrolio e cominciò a rintracciare e sommare rendite e spese. In fine, le spese del mortorio: tanto, nelle torce; tanto, nelle messe; tanto, nel resto. — Anche i preti non scherzano! — commentò. Ma le rendite del grano e dell'uva erano grandi. — Ti scaldo il letto? — propose la madre. — No, vado a dormir nella stalla. E riacceso il lanternino, i fratelli uscirono. Nella stalla Saverio guardò ai buoi giacenti. Fe' rialzare i manzoli nuovi; li palpò; li accarezzò. — Belli! Da guadagno. Poscia l'uno si gettò su la branda; l'altro — il soldato — nel mucchio di paglia: vi si immerse; se ne ricoperse con un piacere di ragazzo. E il russare degli uomini non tardò a confondersi col respirar fondo dei buoi. Allorchè, la mattina dopo, Saverio entrò in casa, nel camino fiammeggiava un bel fuoco. — Mamma, preparatemi i vestiti, da mutarmi. — E alzerò Giorgio — disse la vecchia sorridendo. — Sgambetta per tempo. Il soldato rimase solo. La cucina gli sembrava più ampia e più nera nel contrasto delle due luci: la fiamma rossa e riverberante, e l'albore, che entrava per la finestra appannata. E d'improvviso, in quello schiarire incerto, ebbe dinanzi a sè l'immagine della morta: così evidente da chiamarla. Volse il capo; e ugualmente improvviso gli tornò un ricordo. Il dì che si sposarono, in municipio, uno di coloro che scrivevano esclamò, serio: — Bella coppia di sposi! Un brivido gli corse per la vita; sentì una colpa nel ripensare a lei bella senza pensare a lei buona. E cominciò a parlare, a mezza voce, quasi ci fosse qualcuno ad ascoltar la lezione della sua esperienza. — Alla passione non si comanda. È nel cuore? E anche se non ci date mente, anche se discorrete d'altro, anche se scherzate e ridete, anche se non ve ne accorgete, a poco a poco, la passione, dentro, cresce cresce.... Si rivide nel tragitto a piedi sino al deposito, nel tragitto in camion sino a Verona, nel viaggio da Verona a Bologna, e da Bologna a San Niccolò, in piacevole compagnia. Chi avrebbe mai detto che il cuore, intanto, gli si riempiva in questa maniera? E lungo la strada da San Niccolò a casa non s'era divagato facendo castelli in aria? E nell'incontro col fratello e con la madre, e durante la cena non aveva provato come l'alleggerimento d'un peso? Non aveva dormito tutta la notte, di gusto, senza sogni? Ma intanto, a poco a poco, la passione cresceva, seguitava a riempirgli il cuore. E quando è pieno, basta un niente perchè trabocchi. No! Si contenne. Il bambino, di sopra, chiamava: — Babbo! babbo! —; scendeva. Gli mosse incontro; lo prese per mano gridando: — Vieni a vedere, Giorgio, cosa ti ho portato! E con lui andò a staccar dal chiodo la bisaccia; si sedè, con lui accanto, alla tavola, presso alla finestra; introdusse la mano nel tascapane, adagio, per aumentar l'aspettazione gioiosa. Ma — addio pastorino di terracotta! —: la mano ne toccò due, tre pezzi. Forse aveva sbattuta la bisaccia salendo in treno, o scendendo? Non importava saper il come e il perchè; era rotta, ecco! Ne ritrasse i pezzi, li osservò, e allora — basta un niente quando il cuore è troppo pieno — allora stringendo di più a sè il figliuolo col braccio destro, distese il braccio sinistro su la tavola, vi appoggiò la fronte e ruppe in singhiozzi. Il bambino taceva. Stupito, considerava la figurina infranta e il padre piangente. Ma si divincolò. — Aspetta, babbo! Lasciami andare! Lasciami andare! Sfuggì, salì a gran passi la scala. Tornò che lo sfogo non era cessato. — Guarda, babbo! Guarda! Questa è più bella della tua! Me la portò la mamma da Bologna, prima di morire. Non piangere! te la dò a te. Prendila. Il padre sollevò il capo; sorrise tra le grosse lagrime; scorse negli occhi del figliuolo, mentre gli offriva la figurina, gli occhi della sua donna; e prese a tempestarlo di baci. E il bambino si mise a piangere anche lui. IL CAMICIOTTO ROSSO. Un discorde mugliare: richiami angusti di vitelli, come impediti da un soffocamento; aperte, disperate invocazioni di madri; risposte lunghe, come estratte dal torace profondo, di buoi. E uno strepito di campanacci e un romore di voci umane. Sotto l'ombria dei tigli e delle acacie arboree l'agitazione delle bestie e degli uomini da lontano appariva confusa di bianco e di scuro; lenta, folta. Ma a penetrarvi si scorgeva un comporsi e uno scomporsi di gruppi nelle vicende del mercato; un diradar della folla quando, a ogni prova di compera, si facevan andare le paia che i garzoni tiravano per le mordacchie. I sensali schioccavan le fruste; frustavano seguendo per alcuni passi; e arrestandosi nel dar l'ultimo colpo, piegavano innanzi la persona e la risollevavano quasi a ritirarsi dagli animali lasciati in libero movimento. — Guardate! Cominciava l'esaltazione dei pregi; la speculazione dubitosa dei difetti e dei vizi; e mentre i venditori attendevano con le braccia conserte o le mani aperte sul petto, il pollice entro i giri del panciotto, i compratori esaminavano a fatica i denti, sorridevano al vecchio inganno delle corna ingiallite e lustrate con olio e mallo di noce, scostavan le moscaiuole per veder del tutto la quiete degli occhi, tastavano le gambe ai malleoli se non celassero vesciconi, raccoglievano in pugno la pelle del fianco per accertarne la morbidezza, accostavano l'orecchio ad ascoltar il respiro e il cuore. E venivan, dopo, le chiassose richieste e le proposte commentate da bestemmie, da risate, da gioconde contumelie. Finchè il sensale tratteneva per un braccio l'acquirente che fingeva di voler scappare; afferrava sotto il braccio o col braccio dietro al dorso il venditore, che si fingeva irremovibile, e trascinatolo in disparte, gli parlava sottovoce e lo riconduceva all'altro. Nuova richiesta; nuova proposta. E si

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Argomenti: braccio sinistro,    vecchio inganno

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