Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi pagina 12

Testo di pubblico dominio

eccitate, irresistibilmente, dai sensi che si rinnovavano alle impressioni e dalla fantasia che si ravvivava nella necessità di ricordare; e spesso, per un nonnulla, s'accorgeva che gli occhi gli si riempivano di pianto. Sopratutto l'inteneriva un sovrapporsi di sensazioni e d'imagini. Mentre si rivedeva andar fanciullo, nel luminoso silenzio, per il giardino e per i prati ch'erano tutto un fiore, e la madre l'accompagnava, ecco riapparirgli l'artigliere morente e riudirlo invocare: «Mamma mia!»; mentre riudiva con la disattenzione e nello stesso tempo con la vigile percezione di ragazzo i gorgheggi delle capinere e degli usignoli, ecco ripercuotersi al suo orecchio il rombo del cannone e rivedere, orrenda, la scena di sangue e di strazio. E dubitava, a volte, di guarire; non nei muscoli, ma nei nervi. Così una mattina, quasi a superare uno sforzo più dell'animo che delle gambe, s'avviò per la stradicciuola della chiesa e arrivò, un po' affannoso, alla fattoria. La moglie del fattore venne sulla soglia con le mani impiastricciate di farina appena intrisa, e cominciò a strillare: — Chi si vede! Che miracolo! Ferdina! Ferdina, corri a vedere chi c'è! Ma come non aveva contenuta la ripulsione a scorgere quella guancia deturpata, la donna introducendo il visitatore prorompeva in parole che valessero a scusa di sè e a conforto di lui. — Poveretto! Quanto avrà dovuto soffrire! L'ha scampata, eh, sì; ma.... Assassini infami! Rovinare per sempre tanta bella gioventù! Per fortuna, i passi della figliuola, che scendeva la scala di corsa, la interruppero. Ripetè: — Guarda chi c'è qui, Ferdina! — Buon giorno.... Rossa in volto, ma sorridente e franca: e non il minimo segno sfuggì alla ragazza della impressione penosa che Baredi si aspettava di dover affrontare anche in lei. — Che ragazzona! — egli esclamò stringendole le mani. — Non ti avrei riconosciuta! La disinvoltura ch'essa aveva dimostrato a dissimulare; la delicatezza che l'aveva indotta a comportarsi in tal modo, gli riuscì così inattesa, così strana in una della sua condizione, ch'egli volle provocarne più sicura prova. Chiese: — E tu mi avresti riconosciuto? — Io sì — rispose. Allora alla madre parve opportuno riprendere: — È stata una disgrazia, signor maggiore; ma bisogna sempre pensare a chi sta peggio; a chi ci ha rimesso un braccio o una gamba.... — Mamma — disse la ragazza con un'occhiata di ammonimento e di rimprovero —, se andaste a nettarvi le mani? Siete tutta incollata. — Ah la mia sfoglia! La pasta che mi si asciuga! — fe' la donna entrando in cucina senza più altri complimenti o spropositi. E il capitano a Ferdina: — Avrei preferito trovarti come eri una volta. Verresti a tenermi un po' di compagnia nel giardino; a prendere dei fiori. — Oh! se è per questo.... E soggiunse che il padre da un pezzo insisteva che lei e il fratello andassero a salutarlo, ma che il ragazzo era un monello selvatico. Parlarono di lui, Gigetto, che il maggiore aveva visto appena nato; e il discorso fu avviato alle vecchie conoscenze. Ferdina dava notizie di questo e di quello, e Baredi intanto l'osservava. Le palpebre, lunghe, le ombravano lo sguardo profondo; la voce aveva forte e calda. Non di una bellezza insolita, era però imagine di una giovinezza sana e gioconda, e suscitava — e pareva giusto come non mai — l'abusato confronto del fiore campestre. — Dunque — egli disse alla fine —, dimani ti aspetto. Ma se vuoi delle rose e dei garofani, tu portami dei fiori di campo; delle viole. Ella rise. — Delle viole, adesso? Troppo tardi! — Ebbene, di quei fiori che coglievo anch'io da bambino laggiù lungo il Ravone. Se no, niente garofani e niente rose! Dalla cucina la madre gridò, dopo i saluti: — Si ricordi che il giardiniere la teme, Ferdina, come la tempesta! E Baredi ricordò invece che il giardiniere gli aveva detto: — È una buona ragazza. Ma Ferdina non mantenne la parola che in parte. Venne il giorno dopo alla villa recando, invece che tulipani, giunchiglie, narcisi e rosolacci, un mazzo di ginestre con qualche ranuncolo tra mezzo. — Cosa m'hai portato? — dimandò Baredi, senza sorridere. Sorrideva essa: del sorriso che ferve nelle pupille delle donne innamorate. Esclamò a sua volta con accento di meraviglia: — Non le riconosce? Son ginestre! — Non ancora in fiore, e non sono i fiori che volevo io. La ragazza chinò lo sguardo per sottrarlo allo sguardo di lui; e il modo e l'indugio a rispondere rivelarono che, imbarazzata, cercava la scusa. Poi disse rialzando gli occhi: — Le ginestre fioriscono a giugno; e io ci ho messo, invece, tra mezzo, un altro giallo. — Che idea! Perchè? Nuovo indugio; con, di più, un gesto d'impazienza. E rivolgendosi, seria: — Mi sono ricordata che la sua povera mamma mi mandava sempre a raccoglierne, delle ginestre in fiore. Baredi prese il mazzo e disse: — Ti ringrazio. Ora, mentre la caricava di rose e di garofani, egli soggiunse: — Sei buona e meriti di essere amata e fortunata. Il tuo amante che fa? dov'è? — Chi gliel'ha detto? — gridò Ferdina. Ma non insistette nella solita scherma delle ragazze campagnuole, che quasi un pudore istintivo e inconsapevole induce a negare di essere innamorate; e ripigliò: — Lei è peggio del Mago Sabino! Indovina tutto. — No; non tutto. Che fa? — ripetè. — Dove è? Come ha nome? Le risposte seguirono in fretta. Aveva nome Guido Santelli; aiutava il padre in un'affittanza. Adesso era al fronte. — Ti sposa appena finita la guerra? — Ah! questo non lo so davvero; e se lei non ci riesce a indovinarlo, bisognerà dimandarlo al cucco. Aspetti. L'attesa fu lunga. — Cantava adesso adesso. L'ha sentito? Dal campo dove si nascondeva, il cuculo mandò finalmente il vecchio canto augurale. — Cucco, bel cucco dalla penna grigia: quanti anni mi dai prima che mi sposi? — Uno.... Due.... Stia attento! Essa contò fino a otto. — Otto anni! Oh povera me! — lamentò con comica disperazione. — Sono troppi! Fortuna che non ci credo, nel cucco! Baredi fu tentato a sorridere; ma non sorrise. E la ragazza parve improvvisamente pentita d'aver scherzato; desiderosa di confidarsi meglio, quasi di confessarsi in colpa. Disse mutando lo sguardo e la voce: — Come sarà che tutte quelle che hanno il moroso al fronte stan di malanimo e io non ci penso nemmeno che possa succedere una disgrazia? Per me è una cosa impossibile! — La fiducia che hai nel tuo amore ti dà la fiducia nel tuo destino. Paga, la ragazza seguitò: — E quando finirà la guerra? Il maggiore si strinse nelle spalle. Allora essa, quasi urtata, ebbe un rude scatto, un impeto di sdegno, di disgusto profondo e incontenibile. — Che debba proprio durare un pezzo? Sono infamie! Suo padre diceva che la guerra era necessaria; ma lei non riusciva a capire come potesse esser necessario spargere tanto sangue, commettere tante stragi, solo perchè due birboni l'avevan voluto. — Necessaria per noi? Entrare fra i litiganti per la smania di darne anche noi, per il bel gusto d'andar in molti incontro alla morte? Beredi l'ascoltava non meravigliato di quell'ignoranza e di quegli errori; meravigliato che Ferdina, mentre dimostrava cuore generoso, non supponesse in un sentimento generoso la ragione vera del fatto che le pareva assurdo. O il sentimento della patria era attutito in lei dall'altro amore che la dominava sino ad oscurarle il pensiero? — La necessità che tuo padre dice — egli rispose — è nella difesa dei più sacrosanti diritti umani. Pensa. Ed enumerava, chiariva le cause del conflitto enorme, e intanto seguiva sul volto di lei la commozione che veniva eccitando. Poi, non senza intenzione di pungerla, aggiunse che sopra tutto c'è, al mondo, un amore per cui i maggiori sacrifici sembrano sopportabili: l'amore che santificò il martirio di quanti preferirono la morte alla tirannia, all'insolenza straniera, alla barbarie prepotente, rivestita di civiltà ipocrita o

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Argomenti: minimo segno,    vigile percezione,    pudore istintivo,    vecchio canto,    disgusto profondo

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