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Ricordi di Parigi di Edmondo De Amicis pagina 39pensiero, che fa dir tante goffaggini, e sacrificare così spesso la ragione, la dignità e l'amicizia a un succés di cinque minuti, è come un velo continuamente sventolato davanti al pensiero, che intorbida la vista delle anime. Potete mai sapere che cosa rimpiatti un uomo dietro quello scherzo eterno? Ma ci son ben altri veli tra il Parigino e voi. Il Parigino «della buona società» sembra un uomo, come suol dirsi, alla mano; ma non lo è affatto. È raro che proviate con lui il piacere d'una conversazione famigliarissima e liberissima. Preoccupato, com'è sempre, dal pensiero di essere un oggetto di curiosità e di studio per lo straniero, sta in guardia, regola il gesto e il sorriso, studia l'inflessione della voce, pensa continuamente a giustificare l'ammirazione che presuppone in voi, e ha sempre un po' della civetteria della donna e della vanità dell'artista. Ogni momento vi vien la voglia di dirgli:—Ma leviamoci i guanti una volta!—La sua natura corrisponde al suo modo di vestire, che, anche quando è modesto, ha qualche piccolissima cosa che tradisce la ricercatezza effeminata del bellimbusto. Egli è gentile senza dubbio, ma d'una gentilezza che vi tiene in là, come la mano leggiera d'una ragazza che non vuol essere toccata. Vada per lo Spagnuolo, il quale fa sentire la sua superiorità con una vanteria colossale, sballata tanto dall'alto, che vi passa al di sopra della testa. Ma il Parigino vi umilia delicatamente, a colpi di spilla, con quel perpetuo sorriso aguzzo di chi assaggia una salsa piccante, facendovi delle interrogazioni sbadate, colorite d'una curiosità benevola delle cose vostre. Oh poveri Italiani, com'è conciato, a Parigi, il vostro povero amor proprio! Se non nominate proprio Dante, Michelangelo e Raffaello, per tutto il rimanente non ne caverete altro che un:—Qu'est ce que c'est que ça? Il deputato papista vi domanda se Civitavecchia è rimasta al Papa. Il buon padre di famiglia vede i briganti col fucile a tracolla che fumano tranquillamente un Avana davanti al Caffè d'Europa a Napoli. Il gentiluomo è stato in Italia, senza dubbio; ma per poter causer Italie colla bella signora, nel vano della finestra, dopo desinare; o per appendere il ciondolo Italia, alla catenella delle sue cognizioni, e farlo saltellar nella mano nei momenti d'ozio, con quelle solite formule, che ogni Francese possiede, sul paesaggio, sul quadro e sull'albergo. Il famoso De Forcade diceva del Manzoni, a tavola:—Il a du talent.—Quasi vi domanderebbero:—Ma che proprio si può nascere in Italia?—Quest'idea d'esser nato a Parigi, d'aver avuto questo segno di predilezione da Dio, sta in cima a tutti i pensieri del Parigino, come una stella, che irradia tutta la sua vita d'una consolazione celeste. La benevolenza ch'egli dimostra a tutti gli stranieri, è ispirata in gran parte da un sentimento di commiserazione, e i suoi odii contro di essi non sono profondi, appunto perchè considera i suoi nemici abbastanza puniti dalla sorte, che non li fece nascere dove egli è nato. Perciò adora tutte le fanciullaggini e tutti i vizii della sua città, e ne va superbo, solo perchè sono fanciullaggini e vizii di Parigi, che per lui sta sopra alla critica umana. E si può dare una città capitale che sputi più audacemente in faccia al popolo della provincia, rappresentato dai suoi scrittori come un ammasso di cretini? e scrittori che incensino la loro città con una impudenza più oltraggiosa, non solo per ogni altro amor proprio nazionale, ma per la dignità umana? E vi dicono in faccia, dal palco scenico, che i fumi dei suoi camini sono le idee dell'universo! Tutti sono prostrati col ventre a terra davanti a questa enorme cortigiana, madre e nutrice di tutte le vanità; della vanità smaniosa di piacerle, prima fra tutte, di ottenere da lei, a qualunque costo, almeno uno sguardo; di quella vanità vigliacca che spinge uno scrittore a dichiararsi, nella prefazione d'un romanzo infame, capace di tutte le turpitudini e di tutti i delitti di Eliogabalo e di Nerone. Pigliate dunque sul serio le loro prefazioni piene di smorfie, di puerilità, di spacconate, di imposture. La vanità li appesta tutti. Non c'è in tutta la letteratura contemporanea uno di quei caratteri grandi, modesti, benevoli, logici, che uniscono allo splendore della mente la dignità della vita; una di quelle figure alte e candide, davanti a cui si scopre la fronte senza esitazione e senza reticenze, e il cui nome è un titolo di nobiltà e un conforto per il genere umano. Tutto è dominato e guasto dalla mania della pose: pose nella letteratura, pose nella religione, pose nell'amore, pose anche nei più grandi dolori. Una sensualità immensa e morbosa costituisce il fondo di tutta quella vita, e si rivela nelle lettere, nella musica, nell'architettura, nelle mode, nel suono delle voci, negli sguardi, persino nelle andature. Godere! Tutto il resto non è che un mezzo per arrivarci. Da un capo all'altro di quegli splendidi boulevards suona una enorme risata di scherno per tutti gli scrupoli e per tutti i pudori dell'anima umana. E viene un giorno, infine, in cui quella vita v'indigna; un giorno in cui vi sentite rabbiosamente stanchi di quell'immenso teatro, impregnato d'odor di gaz e di pasciulì, dove ogni spettacolo finisce in una canzonetta; un giorno in cui siete stufi di bisticci, di blague, d'intingoli, di tinture, di réclame, di voci fesse, di sorrisi falsi, di piaceri comprati; e allora l'odiate, quella città svergognata, e vi pare che per purificarvi da tre mesi di quella vita, dovreste vivere un anno sulla sommità d'una montagna, e provate una smania irresistibile di correre ai campi aperti e all'aria pura, di sentir l'odore della terra, di rinverginarvi l'anima e il sangue nella solitudine, faccia a faccia colla natura. La sfuriata è fatta: sta bene. Facciamoci in là perchè passi, come dicono gli Spagnuoli. A Parigi si può dire quello che si vuole: essa non ci bada più di quello che gli elefanti dei suoi giardini zoologici badino ai fanciulli che portano sul dorso nei giorni di festa. E poi non son queste le ultime impressioni di Parigi. Al periodo in cui si vede roseo e a quello in cui si vede nero ne succede un terzo che è un ritorno verso il primo; il periodo in cui si comincia a vivere pacatamente in un cerchio d'amicizie scelte e provate. E convien dirlo: l'amico trovato là, il buono e schietto Francese, vale veramente per due. In nessun altro Europeo trovate un'armonia più amabile della mente, del cuore e delle maniere. Fra l'amicizia più espansiva che profonda degli europei meridionali o quella profonda, ma chiusa, dei nordici, preferite la sua, calda e forte ad un tempo, e piena di giocondità e di delicatezze. Com'è bello, quando s'è stanchi del tumulto della grande città, la sera, andare sull'altra riva della Senna, in una strada silenziosa, a ritrovare la piccola famiglia tranquilla, che vive come in una isoletta in mezzo a quel mare turbolento! Che care accoglienze vi ricevete, che schietta giovialità trovate a quella mensa signorilmente modesta, e come vi riposa il vostro spirito! Parigi stessa vi offre mille scampi ai suoi pericoli e mille rimedi alle sue febbri. Dopo le notti ardenti vi slanciate con un piacere inesprimibile a traverso ai suoi bellissimi boschi, per i sobborghi ridenti della Senna, dove trovate l'allegria delle feste campagnole, e nei suoi vasti giardini, in mezzo a un formicolìo immenso di fanciulli; o per una di quelle sue avenues enormi e solitarie, in cui il cuore e il pensiero s'allargano, e l'immagine trista della Babilonia dei boulevards vi appare infinitamente lontana. E per tutto trovate un popolo che più si studia, più rivela dei difetti; ma in cui ogni difetto ha per riscontro una qualità ammirabile. È un popolo frivolo, ma in cui una parola nobile e risoluta trova sempre un eco. C'è sempre una via aperta e sicura per arrivare al suo cuore. Non c'è alto sentimento o bella idea che non trovi presa Tag: tutti vita parigino sempre tutto pensiero vede popolo mano Argomenti: città capitale, alto sentimento, perpetuo sorriso, sorriso aguzzo, enorme risata Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Marocco di Edmondo De Amicis Corbaccio di Giovanni Boccaccio Intrichi d'amore di Torquato Tasso La via del rifugio di Guido Gozzano Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Blu di Russia: un pelo che incanta Le partecipazioni per il matrimonio Bagaglio a mano: cosa si può portare e cosa no Come ritrovare la felicità dopo avere divorziato Offerte Capodanno Bali
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