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Ricordi di Parigi di Edmondo De Amicis pagina 30Parigi. Ce n'était plus de la critique, com'egli disse: c'était, du massacre. Gli negavano l'ingegno, l'originalità, lo stile, persino la grammatica; c'era chi non lo voleva nemmeno discutere; poco mancò che non gli si facessero delle provocazioni personali per la strada. E si spandevano intorno alla sua persona le più stravaganti e più odiose dicerie: che, era un sacco di vizi, un mezzo bruto, un uomo, senza cuore come Lantier, un beone come Coupeau, un sudicione come Bec-Salé, una brutta faccia come il suo père Bezougue, il becchino. Ma intanto le edizioni succedevano alle edizioni; i buongustai spassionati dicevano a bassa voce che il romanzo era un capolavoro; il popolo parigino lo leggeva con passione, perchè ci trovava il suo boulevard, la sua buvette, la sua bottega, la sua vita dipinta insuperabilmente, con colori nuovi e tocchi di pennello, in confronto ai quali tutti gli altri gli parevano sbiaditi; e i critici più arrabbiati erano costretti a riconoscere che in quelle pagine tanto bersagliate c'era qualche cosa contro cui si sarebbero rintuzzate eternamente le punte delle loro freccie. Il grande successo dell'Assommoir fece ricercare gli altri romanzi, e si può dire che lo Zola diventò celebre allora. La sua celebrità vera non data che da tre anni. Egli stesso scrisse poco tempo fa a un suo ammiratore d'Italia:—On ne m'a pas gâté en France. Il n'y a pas longtemps qu'on m'y salue.È però una celebrità singolare la sua. Un immenso «pubblico» lo ammira, ma d'un'ammirazione in cui c'è un po' di broncio e un po' di diffidenza, e lo guarda di lontano, come un orso male addomesticato. Ha un grande ingegno, non c'è che fare; bisogna pure rassegnarsi a dirlo e a lasciarlo dire. Egli è ancora a Parigi il lion du jour, e non ha che un rivale, il Daudet, che non è però della sua tarchiutura; ma si trattano coi guanti, reciprocamente, per non destare sospetti. Lo Zola però non si vale, e par che non si curi della sua celebrità. Non si fa innanzi; vive raccolto, nel suo cantuccio, con sua moglie, con sua madre e coi suoi bambini. Pochi lo conoscono di vista ed è raro il trovare un suo ritratto. Non frequenta la società, se non quando ci deve andare per studiarla, e quando non ci va con questo scopo si secca: non va che dall'editore Charpentier, che ha una splendida casa, e dà delle feste splendide a cui interviene anche il Gambetta. Non appartiene a nessuna consorteria. Non sta a Parigi che l'inverno; l'estate va in campagna per lavorare tranquillo. Una volta stava all'estremità dell'Avenue Clichy, luogo opportunissimo per studiare il popolo dell'Assommoir; ora sta in via di Boulogne, dove stava il Ruffini, poco lontano dalla casa del Sardou. III. Per mezzo del mio caro amico Parodi, ebbi l'onore di conoscere lo Zola, e di passar con lui parecchie ore in casa sua. È un giovane ben piantato; solidement bâti; un po' somigliante, nella travatura delle membra, a Vittor Hugo; più grasso, non molto alto, ritto come una colonna, pallidissimo; e la sua pallidezza apparisce anche maggiore per effetto della barba e dei cappelli neri, che gli stanno ritti sulla fronte come peli di spazzola. È curioso che quasi tutti coloro che vedono il ritratto dello Zola dicono:—Questo viso non mi riesce nuovo.—Ha il viso rotondo, un naso audace, gli occhi scuri e vivi, che guardano con una espressione scrutatrice, fieramente—, la testa d'un pensatore e il corpo d'un atleta,—e mani ben fatte e salde, di quelle che si stringono e si ritengono strette con piacere. Mi rammentò a primo aspetto il suo Gueule-d'or, e mi parve che sarebbe stato in grado di fare le stesse prodezze sopra l'incudine. La sua corporatura gagliarda era messa meglio in evidenza dal suo vestimento. Era in babbuccie, senza colletto e senza cravatta, con una giacchetta ampia e sbottonata, che lasciava vedere un largo torace sporgente, atto a rompere l'onda degli odii e delle ire letterarie. In tutto il tempo che rimasi con lui non lo vidi mai ridere. Mi ricevette cortesemente, con una certa franchezza soldatesca, senza le solite formule di complimento. Appena fummo seduti, prese in mano un tagliacarte fatto a pugnale, colla guaina, e lo ritenne finchè durò la conversazione, sguainandolo e ringuainandolo continuamente con un gesto vivace. Eravamo nel suo studio: una bella sala piena di luce, decorata di molti quadri a olio; da cui s'indovinava l'uomo che ama molto la casa e che vive molto solo. Certe descrizioni, infatti, di stanze calde e piene di comodi, che si trovano nei suoi romanzi, non possono essere fatte che da un uomo che sta volentieri nel suo nido, in mezzo a tutte le raffinatezze della buona vita casalinga. Aveva davanti un grande tavolino coperto di carte e di libri, disposti con ordine, e sparso di molti piccoli oggetti luccicanti, di forma graziosa, come il tagliacarte; che rivelavano un fino gusto artistico. Tutta la sala indicava l'agiatezza elegante dello scrittore parigino in voga. In una parete c'era un suo grande ritratto a olio, di quando aveva ventisei anni. Parlò per prima cosa della lingua italiana.—Mi rincresce,—disse,—di non poter leggere libri italiani. Noi altri francesi, in questo, siamo proprio da compiangere. Non sappiamo nessuna lingua. Ma io l'italiano lo dovrei sapere, essendo figliuolo d'un italiano.—E ci accennò lo studio critico della nostra Emma sopra la Page d'amour, pubblicato dall'Antologia, dicendo che era costretto a farselo tradurre perchè, essendosi provato a leggerlo, la metà del senso gli era sfuggita. Si rassegnino dunque i nostri coraggiosi traduttori dell'Assommoir; lo Zola non è in grado di compensare i loro sudori con una lode sincera. Poi diede al Parodi due risposte monosillabiche in cui si rivelò tutta la franchezza della sua natura. Il Parodi aveva inteso dire d'una discussione sopra il Chateaubriand seguita a tavola fra il Turghenieff, lo Zola, il Flaubert e uno dei fratelli Goncourt; che questa discussione era durata sei ore, ardentissima, e che due dei commensali avevano difeso l'autore del Genio del Cristianesimo contro gli altri due, i quali negavano che fosse un grande scrittore. Gli pareva che lo Zola fosse stato uno dei difensori, e lo interrogò per accertarsene. E allora segui questo curioso dialogo: —Vous aimez beaucoup Chateaubriand? —Non —Vous avez beaucoup lu Chateaubriand? —Non. —Allora non siete voi che l'avete difeso nella vostra discussione col signor Turghenieff? —Jamais. I difensori del Chateaubriand erano stati il Turghenieff e il Flaubert; lo Zola e il Goncourt l'avevano ostinatamente combattuto. Tutti e quattro sogliono fare colazione insieme una volta al mese, e ogni volta nasce fra loro una discussione di quel genere, che li tiene inchiodati a tavola per mezza giornata. Questa fu l'introduzione; dopo la quale lo Zola fu costretto a parlare esclusivamente dello Zola. Il mio buon amico gli aveva detto il giorno avanti, annunziandogli la mia visita:—Preparatevi a subire un interrogatorio in tutto le regole,—ed egli aveva risposto gentilmente:—Son bell'e preparato.—Si cominciò dunque l'interrogatorio. Ma non lo feci io; non l'avrei mai osato: lo fece il mio amico con un garbo squisito, e lo Zola cominciò a parlare di sè, senza preamboli, naturalissimamente, come se parlasse d'un altro. Non c'è da dire se stavo inteso con tutta l'anima alle sue parole. Eppure, nel punto che cominciò a parlare, fui colto da una distrazione che mi fece patir la tortura, Non so come, mi balenò alla mente quella comicissima scena della Faute de l'abbé Mouret, quando il vecchio ateo Jeanbernat dà un carico di legnate al frataccio Archangias, al lume della luna, e mi prese tutt'a un tratto così terribile bisogno di ridere, che dovetti mordermi le labbra a sangue per non scoppiare. Parlò prima della sua famiglia. La madre di suo padre era candiota, e suo padre Francesco Zola, di Treviso. Dopo la pubblicazione dell'Assommoir egli ricevette dal Veneto parecchie Tag: grande discussione casa dire altri amico poco tutti ritratto Argomenti: popolo parigino, grande successo, celebrità singolare, largo torace, grande tavolino Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce Marocco di Edmondo De Amicis Novelle rusticane di Giovanni Verga Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Aggressività e comportamento del furetto Il coniglio Ariete Nano: il più noto e amato Il trucco giusto per gli occhi celesti Il Boa constrictor Casa museo di Copernico a Toruń
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