Ricordi di Parigi di Edmondo De Amicis pagina 5

Testo di pubblico dominio

E anche il desinare è uno spettacolo per chi si ritrova impensatamente, come accadde a noi, in una trattoria vasta e rischiarata come un teatro, formata d'una sala unica, cinta d'una larghissima galleria, dove si sfamano insieme cinquecento persone, rumoreggiando come una grande assemblea di buon umore. E dopo vien l'ultima scena della meravigliosa rappresentazione cominciata alle otto della mattina in piazza della Bastiglia: la notte di Parigi. Ritorniamo nel cuore della città. Qui par che faccia giorno daccapo. Non è un'illuminazione; è un incendio. I boulevards ardono. Tutto il pian terreno degli edifizi sembra in fuoco. Socchiudendo gli occhi, par di vedere a destra e a sinistra due file di fornaci fiammanti. Le botteghe gettano dei fasci di luce vivissima fino a metà della strada e avvolgono la folla come in una polvere d'oro. Da tutte le parti piovono raggi e chiarori diffusi che fanno brillare i caratteri dorati e i rivestimenti lucidi delle facciate, come se tutto fosse fosforescente. I chioschi, che si allungano in due file senza fine, rischiarati di dentro, coi loro vetri di mille colori, simili a enormi lanterne chinesi piantate in terra, o a teatrini trasparenti di marionette, danno alla strada l'aspetto fantastico e puerile d'una festa orientale I riflessi infiniti dei cristalli, i mille punti luminosi che traspaiono fra i rami degli alberi, le iscrizioni di fuoco che splendono sui frontoni dei teatri, il movimento rapidissimo delle innumerevoli fiammelle delle carrozze, che sembrano miriadi di lucciole mulinate dal vento, le lanterne porporine degli omnibus, le grandi sale ardenti aperte sulla strada, le botteghe che somigliano a cave d'oro e d'argento incandescente, le centomila finestre illuminate, gli alberi che paiono accesi; tutti questi splendori teatrali, frastagliati dalla verzura, che lascia vedere ora sì ora no le illuminazioni lontane, e presenta lo spettacolo ad apparizioni successive; tutta questa luce rotta, rispecchiata, variopinta, mobilissima, piovuta e saettata, raccolta a torrenti e sparpagliata a stelle e a diamanti, produce la prima volta un'impressione di cui non si può dare l'idea. Par di vedere un solo immenso fuoco d'artifizio, che debba spegnersi improvvisamente, e lasciar tutta la città sepolta nel fumo. Sui marciapiedi non c'è una riga d'ombra; ci si ritroverebbe una spilla. Tutti i visi sono rischiarati. Si vede la propria immagine riflessa da tutte le parti. Si vede tutto, in fondo ai caffè, sino agli ultimi specchi delle sale riposte, incisi dai diamanti delle belle peccatrici. Nella folla abbonda il bel sesso che di giorno pareva sopraffatto e disperso. Gli sguardi languidi e interrogativi s'incrociano e gareggiano. Davanti a ogni caffè c'è la platea d'un teatro, di cui il boulevard è il palcoscenico. Tutti i visi sono rivolti verso la strada. Ed è curioso: fuor che le carrozze, non si sente nessun forte rumore. Si guarda molto e si parla poco, o a bassa voce, come per rispetto al luogo, o perchè la gran luce impone un certo riserbo. V'è una specie di silenzio signorile. Andate innanzi, innanzi, sempre in mezzo a un incendio, tra una folla immobile e una folla seduta, e vi sembra di passare di salone in salone, in un immenso palazzo scoperto, o per un seguito di vastissimi patios spagnuoli, fra le pompe d'una veglia, in mezzo a un milione di invitati, senza sapere quando arriverete all'uscita, se pur c'è un'uscita. E intanto, passo passo, arrivate sulla piazza dell'Opéra. E qui Parigi notturna vi fa uno dei suoi più bei colpi di scena. Avete dinanzi la facciata del Teatro, enorme e spudorata, risplendente di lampade colossali negli intercolonni elegantissimi; dinanzi alla quale sboccano le vie Auber e Halévy; a destra la gran fornace del boulevard degli Italiani; a sinistra il boulevard infocato delle Cappuccine che si prolunga fra i due muri ardenti del boulevard della Maddalena; e voltandovi, vedete tre grandi vie divergenti che v'abbagliano come tre abissi luminosi: la via della Pace, tutta smagliante d'ori e di gioielli, in fondo alla quale si drizza sul cielo stellato la mole nera della colonna Vendôme; l'Avenue dell'Opéra inondata di luce elettrica; la via Quattro settembre lucente di mille fiammelle; e sette file continue di carrozze che vengono dai due boulevards e dalle cinque strade, incrociandosi furiosamente sulla piazza, e una folla che accorre e una folla che fugge, sotto una pioggia di luce rossa e di luce bianchissima, diffusa da grandi globi di cristallo spulito, che fan l'effetto di ghirlande e di corone di lune piene, e colorano gli alberi, gli alti edifizi, la moltitudine, dei riflessi bizzarri e misteriosi della scena finale d'un ballo fantastico. Qui proprio si prova per qualche momento una sensazione che somiglia a quella dell'hasciss. Quella rosa di strade sfolgoranti, che conducono al Théâtre français, alle Tuileries, alla Concordia, ai Campi Elisi, che vi portano ciascuna una voce della gran festa di Parigi, che vi chiamano e che v'attirano da sette parti come le entrate maestose di sette palazzi fatati, vi accendono nel cervello o nelle ossa il furore dei piaceri. Vorreste veder tutto ed esser da per tutto ad un tempo; a sentire dalla bocca del grande Got l'efface sublime dei Fourchambault a folleggiare a Mabille, a nuotare nella Senna, a cenare alla Maison dorée; vorreste volare di palco scenico in palco scenico, di ballo in ballo, di giardino in giardino, di splendore in splendore, e profondere l'oro, lo champagne e i bons mots, e vivere dieci anni in una notte. Eppure non è questo il più bello spettacolo della notte. Si va innanzi fino alla Maddalena, si svolta in Rue royale, si sbocca in piazza della Concordia, e là si lascia sfuggire la più alta e più allegra esclamazione di meraviglia che strappi Parigi dalle labbra d'uno straniero. Non c'è sicuramente un'altra piazza di città europea dove la grazia, la luce, l'arte, la natura, s'aiutino così mirabilmente fra loro per formare uno spettacolo che rapisca l'immaginazione. A primo aspetto non si raccapezza nulla, nè i confini della piazza, nè le distanze, nè dove si sia, nè che cosa si veda. È uno sterminato teatro aperto, in mezzo a uno sterminato giardino ardente, che fa pensare all'accampamento illuminato di un esercito di trecento mila uomini. Ma quando si è arrivati nel centro della piazza, ai piedi dell'obelisco di Sesostri, fra le due fontane monumentali, e si vede a destra, in mezzo ai due grandi edifizii a colonne del Gabriel, la splendida Via reale, chiusa in fondo dalla facciata superba della Maddalena; a sinistra il ponte della Concordia che sbocca in faccia al palazzo del Corpo legislativo, imbiancato da un torrente di luce elettrica; dall'altra parte la vasta macchia bruna dei giardini imperiali, inghirlandati di lumi, in fondo a cui nereggiano le rovine delle Tuilerie; e dalla parte opposta il viale maestoso dei Campi Elisi, chiuso dall'arco altissimo della Stella, picchiettato di foco dalle lanterne di diecimila carrozze e fiancheggiato da due boschi sparsi di caffè e di teatri sfolgoranti; quando s'abbraccia con un sguardo le rive illuminate della Senna, i giardini, i monumenti, la folla immensa e sparsa che viene dal ponte, dai boulevards, dai boschetti, dai quais, dai teatri, e brulica confusamente da tutti i lati della piazza, in quella luce strana, fra i zampilli e le cascate d'acqua argentata, in mezzo alle statue, ai candelabri giganteschi, alle colonne rostrali, alla verzura, nell'aria limpida e odorosa di una bella notte d'estate; allora si sente tutta la bellezza di quel luogo unico al mondo, e non si può a meno di gridare:—Ah Parigi! Maledetta e cara Parigi! Sirena sfrontata! È dunque proprio una verità che bisogna fuggirti come una furia o adorarti come una dea? Di là ci spingemmo ancora nei giardini dei Campi Elisi, a girare fra i teatri a cielo aperto, i chioschi, gli alcazar, i circhi, i concerti, le giostre, per interminabili viali affollati, da

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Argomenti: due file,    viale maestoso,    palco scenico,    sinistra due,    folla immobile

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