Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni pagina 5

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grazioso, che favorisce sempre (con ironia). LEONARDO Non sono io il grazioso. Il grazioso lo averà seco lei nella sua carrozza. GIACINTA Io non dispongo, signore. Mio padre è il padrone, ed è padrone di far venire chi vuole. LEONARDO Ma la figliuola si accomoda volentieri. GIACINTA Se volentieri, o malvolentieri, voi non avete da far l'astrologo. LEONARDO Alle corte, signora Giacinta. Quella compagnia non mi piace. GIACINTA È inutile, che a me lo diciate. LEONARDO E a chi lo devo dire? GIACINTA A mio padre. LEONARDO Con lui non ho libertà di spiegarmi. GIACINTA Né io ho l'autorità di farlo fare a mio modo. LEONARDO Ma se vi premesse la mia amicizia, trovereste la via di non disgustarmi. GIACINTA Come? Suggeritemi voi la maniera. LEONARDO Oh! non mancano pretesti, quando si vuole. GIACINTA Per esempio? LEONARDO Per esempio si fa nascere una novità, che differisca l'andata, e si acquista tempo; e quando preme, si tralascia d'andare, piuttosto che disgustare una persona, per cui si ha qualche stima. GIACINTA Sì, per farsi ridicoli questa è la vera strada. LEONARDO Eh! dite, che non vi curate di me. GIACINTA Ho della stima, ho dell'amore per voi; ma non voglio per causa vostra fare una trista figura in faccia del mondo. LEONARDO Sarebbe un gran male, che non andaste un anno in villeggiatura? GIACINTA Un anno senza andare in villeggiatura! Che direbbero di me a Montenero? Che direbbero di me a Livorno? Non avrei più ardire di mirar in faccia nessuno. LEONARDO Quand'è così, non occorr'altro. Vada, si diverta, e buon pro le faccia. GIACINTA Ma ci verrete anche voi. LEONARDO Non, signora, non ci verrò. GIACINTA Eh! sì, che verrete (amorosamente). LEONARDO Con colui non ci voglio andare. GIACINTA E che cosa vi ha fatto colui? LEONARDO Non lo posso vedere. GIACINTA Dunque l'odio, che avete per lui, è più grande dell'amore, che avete per me. LEONARDO Io l'odio appunto per causa vostra. GIACINTA Ma per qual motivo? LEONARDO Perché, perché,... non mi fate parlare. GIACINTA Perché ne siete geloso? LEONARDO Sì, perché ne sono geloso. GIACINTA Qui vi voleva. La gelosia, che avete di lui, è un'offesa, che fate a me, e non potete essere di lui geloso, senza credere me una frasca, una civetta, una banderuola. Chi ha della stima per una persona non può nutrire tai sentimenti, e dove non vi è stima, non vi può essere amore; e se non mi amate, lasciatemi, e se non sapete amare, imparate. Io vi amo, e son fedele, e son sincera, e so il mio dovere, e non vo' gelosie, e non voglio dispetti, e non voglio farmi ridicola per nessuno, e in villa ci ho d'andare, ci devo andare, e ci voglio andare (parte). LEONARDO Va', che il diavolo ti strascini. Ma no; può essere, che tu non ci vada. Farò tanto forse, che non ci anderai. Maladetto sia il villeggiare. In villa ha fatto quest'amicizia. In villa ha conosciuto costui; si sagrifichi tutto: dica il mondo quel, che sa dire; dica mia sorella quel, che vuol dire. Non si villeggia più, non si va più in campagna (parte). Atto secondo Scena prima Camera di Leonardo. Vittoria, e Paolo. VITTORIA Via, via, non istate più a taroccare. Lasciate, che le donne finiscano di fare quel, che hanno da fare, e piuttosto v'aiuterò a terminare il baule per mio fratello. PAOLO Non so, che dire. Siamo tanti in casa, e pare, ch'io solo abbia da fare ogni cosa. VITTORIA Presto, presto. Facciamo, che quando torna il signor Leonardo, trovi tutte le cose fatte. Ora son contentissima, a mezzo giorno avrò in casa il mio abito nuovo. PAOLO Gliel'ha poi finito il sarto? VITTORIA Sì, l'ha finito; ma da colui non mi servo più. PAOLO E perché, signora? Lo ha fatto male? VITTORIA No, per dir la verità, è riuscito bellissimo. Mi sta bene, è un abito di buon gusto, che forse forse farà la prima figura, e farà crepar qualcheduno d'invidia. PAOLO E perché dunque è sdegnata col sarto? VITTORIA Perché mi ha fatto un'impertinenza. Ha voluto i danari subito per la stoffa, e per la fattura. PAOLO Perdoni, non mi par, che abbia gran torto. Mi ha detto più volte, che ha un conto lungo, e che voleva esser saldato. VITTORIA E bene, doveva aggiungere alla lunga polizza anche questo conto, e sarebbe stato pagato di tutto. PAOLO E quando sarebbe stato pagato? VITTORIA Al ritorno della villeggiatura. PAOLO Crede ella di ritornar di campagna con dei quattrini? VITTORIA È facilissimo. In campagna si gioca. Io sono piuttosto fortunata nel gioco, e probabilmente l'avrei pagato senza sagrificare quel poco, che mio fratello mi passa per il mio vestito. PAOLO A buon conto quest'abito è pagato, e non ci ha più da pensare. VITTORIA Sì, ma sono restata senza quattrini. PAOLO Che importa? Ella non ne ha per ora da spendere. VITTORIA E come ho da far a giocare? PAOLO A' giochetti si può perder poco. VITTORIA Oh! io non gioco a' giochetti. Non ci ho piacere, non vo' applicare. In città gioco qualche volta per compiacenza; ma in campagna il mio divertimento, la mia passione, è il faraone. PAOLO Per quest'anno le converrà aver pazienza. VITTORIA Oh, questo poi, no. Vo' giocare, perché mi piace giocare. Vo' giocare, perché ho bisogno di vincere, ed è necessario che io giochi, per non far dir di me la conversazione. In ogni caso io mi fido, io mi comprometto di voi. PAOLO Di me? VITTORIA Sì, di voi. Sarebbe gran cosa, che mi anticipaste qualche danaro, a conto del mio vestiario dell'anno venturo? PAOLO Perdoni. Mi pare che ella lo abbia intaccato della metà almeno. VITTORIA Che importa? Quando l'ho avuto, l'ho avuto. Io non credo, che vi farete pregare per questo. PAOLO Per me la servirei volentieri, ma non ne ho. È vero che, quantunque io non abbia, che il titolo, ed il salario di cameriere, ho l'onor di servire il padrone da fattore, e da mastro di casa. Ma la cassa, ch'io tengo, è così ristretta, che non arrivo mai a poter pagare quello, che alla giornata si spende; e per dirle la verità, sono indietro anch'io di sei mesi del mio onorario. VITTORIA Lo dirò a mio fratello, e mi darà egli il bisogno. PAOLO Signora, si accerti, che ora è più che mai in ristrettezze grandissime, e non si lusinghi, perché non le può dar niente. VITTORIA Ci sarà del grano in campagna. PAOLO Non ci sarà nemmeno il bisogno per fare il pane, che occorre. VITTORIA L'uva non sarà venduta. PAOLO È venduta anche l'uva. VITTORIA Anche l'uva? PAOLO E se andiamo di questo passo, signora... VITTORIA Non sarà così di mio zio. PAOLO Oh! quello ha il grano, il vino e i danari. VITTORIA E non possiamo noi prevalerci di qualche cosa? PAOLO Non, signora. Hanno fatto le divisioni. Ciascheduno conosce il suo. Sono separate le fattorie. Non vi è niente da sperare da quella parte. VITTORIA Mio fratello dunque va in precipizio. PAOLO Se non ci rimedia. VITTORIA E come avrebbe da rimediarci? PAOLO Regolar le spese. Cambiar sistema di vivere. Abbandonar soprattutto la villeggiatura. VITTORIA Abbandonar la villeggiatura? Si vede bene, che siete un uomo da niente. Ristringa le spese in casa. Scemi la tavola in città, minori la servitù; le dia meno salario. Si vesta con meno sfarzo, risparmi quel, che getta in Livorno. Ma la villeggiatura si deve fare, e ha da essere da par nostro, grandiosa secondo il solito, e colla solita proprietà. PAOLO Crede ella, che possa durar lungo tempo? VITTORIA Che duri fin che io ci sono. La mia dote è in deposito, e spero, che non tarderò a maritarmi. PAOLO E intanto?... VITTORIA E intanto terminiamo il baule. PAOLO Ecco il padrone. VITTORIA Non gli diciamo niente per ora. Non lo mettiamo in melanconia. Ho piacere, che sia di buon animo, che si parta con allegria. Terminiamo di empir il baule (si affrettano tutti e due a riporre il baule). Scena seconda Leonardo, e detti. LEONARDO (Ah! vorrei nascondere la mia passione, ma non so, se sarà possibile. Sono

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Argomenti: secondo scena,    mezzo giorno

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