Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni pagina 10

Testo di pubblico dominio

Francia la moda del mariage? VITTORIA Probabilmente, come l'avrete saputo anche voi. GIACINTA Chi ve l'ha fatto? VITTORIA Il sarto francese monsieur de la Réjouissance. GIACINTA Ora ho capito. Briccone! Me la pagherà. Io l'ho mandato a chiamare. Io gli ho dato la moda del mariage. Io che aveva in casa l'abito di madama Granon. VITTORIA Oh! madama Granon è stata da me a farmi visita il secondo giorno, che è arrivata a Livorno. GIACINTA Sì, sì, scusatelo. Me l'ha da pagare senza altro. VITTORIA Vi spiace, ch'io abbia il mariage? GIACINTA Oibò, ci ho gusto. VITTORIA Volevate averlo voi sola? GIACINTA Perché? Credete voi, ch'io sia una fanciulla invidiosa? Credo, che lo sappiate, che io non invidio nessuno. Bado a me, mi faccio quel, che mi pare, e lascio, che gli altri facciano quel che vogliono. Ogni anno un abito nuovo certo. E voglio esser servita subito, e servita bene, perché pago, pago puntualmente, e il sarto non lo faccio tornare più d'una volta. VITTORIA Io credo, che tutte paghino. GIACINTA No, tutte non pagano. Tutte non hanno il modo, o la delicatezza, che abbiamo noi. Vi sono di quelle, che fanno aspettare degli anni, e poi se hanno qualche premura, il sarto s'impunta. Vuole i danari sul fatto, e nascono delle baruffe. (Prendi questa, e sappiatemi dir, se è alla moda). VITTORIA (Non crederei, che parlasse di me. Se potessi credere, che il sarto avesse parlato, lo vorrei trattar, come merita). GIACINTA E quando ve lo metterete questo bell'abito? VITTORIA Non so, può essere, che non me lo metta nemeno. Io son così; mi basta d'aver la roba, ma non mi curo poi di sfoggiarla. GIACINTA Se andate in campagna, sarebbe quella l'occasione di metterlo. Peccato, poverina, che non ci andiate in quest'anno! VITTORIA Chi v'ha detto, che io non ci vada? GIACINTA Non so; il signor Leonardo ha mandato a licenziar i cavalli. VITTORIA E per questo? Non si può risolvere da un momento all'altro? E lo credete, che non possa andare senza di lui? Credete ch'io non abbia delle amiche, delle parenti da poter andare? GIACINTA Volete venire con me? VITTORIA No, no, vi ringrazio. GIACINTA Davvero, vi vedrei tanto volentieri. VITTORIA Vi dirò, se posso ridurre una mia cugina a venire con me a Montenero, può essere, che ci vediamo. GIACINTA Oh! che l'avrei tanto a caro. VITTORIA A che ora partite? GIACINTA A ventunora. VITTORIA Oh! dunque c'è tempo. Posso trattenermi qui ancora un poco. (Vorrei vedere questo abito se potessi). GIACINTA Sì, sì, ho capito. Aspettate un poco (verso la scena). VITTORIA Se avete qualche cosa da fare, servitevi. GIACINTA Eh! niente. M'hanno detto, che il pranzo è all'ordine, e che mio padre vuol desinare. VITTORIA Partirò, dunque. GIACINTA No, no, se volete restare, restate. VITTORIA Non vorrei, che il vostro signor padre si avesse a inquietare. GIACINTA Per verità, è fastidioso un poco. VITTORIA Vi leverò l'incomodo (s'alza). GIACINTA Se volete restar con noi, mi farete piacere. VITTORIA (Quasi, quasi, ci resterei, per la curiosità di quest'abito). GIACINTA Ho inteso; non vedete? Abbiate creanza (verso la scena). VITTORIA Con chi parlate? GIACINTA Col servitore che mi sollecita. Non hanno niente di civiltà costoro. VITTORIA Io non ho veduto nessuno. GIACINTA Eh, l'ho ben veduto io. VITTORIA (Ho capito). Signora Giacinta, a bon rivederci. GIACINTA Addio, cara. Vogliatemi bene, ch'io vi assicuro che ve ne voglio. VITTORIA Siate certa, che siete corrisposta di cuore. GIACINTA Un bacio almeno. VITTORIA Sì, vita mia. GIACINTA Cara la mia gioia (si baciano). VITTORIA Addio. GIACINTA Addio. VITTORIA (Faccio de' sforzi a fingere, che mi sento crepare) (parte). GIACINTA Le donne invidiose io non le posso soffrire (parte). Atto terzo Scena prima Camera di Leonardo. Leonardo, e Fulgenzio. LEONARDO Voi mi date una nuova, signor Fulgenzio, che mi consola infinitamente. Ha dunque dato parola il signor Filippo di liberarsi dall'impegno, che aveva col signor Guglielmo? FULGENZIO Sì, certo mi ha promesso di farlo. LEONARDO E siete poi sicuro, che non vi manchi? FULGENZIO Son sicurissimo. Passano delle cose fra lui, e me, che mi rendono certo della sua parola; e poi l'ho trovato assai pontuale in affari di rimarco. Non dubito di ritrovarlo tale anche in questo. LEONARDO Dunque Guglielmo non andrà in campagna colla signora Giacinta. FULGENZIO Questo è certissimo. LEONARDO Son contentissimo. Ora ci andrò io volentieri. FULGENZIO Ho detto tanto, ho fatto tanto, che quel buon uomo si è illuminato. Egli ha un ottimo cuore. Non crediate, ch'ei manchi per malizia; manca qualche volta per troppa bontà. LEONARDO E credo, che la sua figliuola lo faccia fare a suo modo. FULGENZIO No, non è cattiva fanciulla. Mi ha confessato il signor Filippo, ch'ella non avea parte alcuna nell'invito del signor Guglielmo; e ch'egli l'avea anzi pregato d'andar con loro, per quella passione, ch'egli ha d'aver compagnia, e di farsi mangiare il suo. LEONARDO Ho piacere, che la signora Giacinta non ne abbia parte. Mi pareva quasi impossibile, sapendo quel, che è passato fra lei, e me. FULGENZIO E che cosa è passato fra lei, e voi? LEONARDO Delle parole, che l'assicurano, ch'io l'amo, e che mi fanno sperare, ch'ella mi ami. FULGENZIO E il padre suo non sa niente? LEONARDO Per parte mia non lo sa. FULGENZIO E convien credere, ch'ei non lo sappia, perché, dicendogli, che vi sarebbe un partito per sua figliuola, non gli è caduto in mente di domandarmi di voi. LEONARDO Non lo saprà certamente. FULGENZIO Ma è necessario, ch'egli lo sappia. LEONARDO Un giorno glielo faremo sapere. FULGENZIO E perché non adesso? LEONARDO Adesso si sta per andare in campagna. FULGENZIO Amico, parliamo chiaro. Io vi ho servito assai volentieri presso il signor Filippo, per far ch'ei staccasse da sua figliuola una compagnia un poco pericolosa, perché mi parve, che l'onestà l'esigesse, e perché mi avete assicurato di aver buona intenzione sopra di lei, e che ottenuta questa soddisfazione, l'avreste chiesta in isposa. Ora non vorrei, che seguitasse la tresca senza conclusione veruna, ed essere stato io cagione di un mal peggiore. Finalmente col signor Guglielmo potea essere, che non ci fusse malizia, ma di voi non si può dire così. Siete avviticchiati, per quel ch'io sento, e poiché mi avete fatto entrare in cotesta danza, non ne voglio uscire con disonore. Una delle due dunque, o dichiaratevi col signor Filippo, o gli farò, riguardo a voi, quella lezione medesima, che gli ho fatto rispetto al signor Guglielmo. LEONARDO E che cosa mi consigliate di fare? FULGENZIO O chiederla a drittura, o ritirarvi dalla sua conversazione. LEONARDO E come ho da fare a chiederla in questi brievi momenti? FULGENZIO Questa è una cosa, che si fa presto. Mi esibisco io di servirvi. LEONARDO Non si potrebbe aspettare al ritorno dalla campagna? FULGENZIO Eh! in una villeggiatura non si sa quel, che possa accadere. Sono stato giovane anch'io; per grazia del Cielo, pazzo non sono stato, ma ho veduto delle pazzie. L'obbligo mio vuol, ch'io parli chiaro all'amico, o per domandargli la figlia, o per avvertirlo, che si guardi da voi. LEONARDO Quand'è così, domandiamola dunque. FULGENZIO Con che condizione volete voi, ch'io gliela domandi? LEONARDO Circa alla dote, si sa, che le ha destinato otto mila scudi, e il corredo. FULGENZIO Siete contento? LEONARDO Contentissimo. FULGENZIO Quanto tempo volete prendere per isposarla? LEONARDO Quattro, sei, otto mesi, come vuole il signor Filippo. FULGENZIO Benissimo. Gli parlerò. LEONARDO Ma avvertite, che oggi si dee partire per Montenero. FULGENZIO Non si potrebbe differir qualche giorno? LEONARDO Non c'è caso, non si può differire. FULGENZIO Ma, l'affare di cui si tratta, merita, che si sagrifichi qualche cosa. LEONARDO Se si trattiene il signor Filippo, mi tratterrò

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Argomenti: terzo scena,    sarto francese,    abito nuovo

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