Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni pagina 3

Testo di pubblico dominio

CECCO L'ho veduta. VITTORIA E che cosa faceva? CECCO Si provava un abito. VITTORIA Un abito nuovo? CECCO Novissimo. VITTORIA (Oh maledizione! Se non ho il mio, non parto assolutamente). FERDINANDO (E che sì, ch'ella pure vorrebbe un vestito nuovo, e non ha denari per farselo? Già tutti lo dicono: fratello e sorella sono due pazzi. Spendono più di quello, che possono, e consumano in un mese a Montenero quello, che basterebbe loro un anno in Livorno). VITTORIA Cecco. CECCO Signora. VITTORIA E com'è quest'abito della signora Giacinta? CECCO Per dir la verità, non ci ho molto badato, ma credo sia un vestito da sposa. VITTORIA Da sposa? Hai tu sentito dire, che si faccia la sposa? CECCO Non l'ho sentito dire precisamente. Ma ho inteso una parola francese, che ha detto il sarto, che mi par di capirla. VITTORIA Intendo anch'io il francese. Che cosa ha detto? CECCO Ha detto mariage. VITTORIA (Ah! sì, ora ho capito; si fa ella pure il mariage: mi pareva impossibile, che non lo facesse). Dov'è Berto? Guarda, se trovi Berto. Se non c'è, corri dal mio sartore, digli, che assolutamente in termine di tre ore vo', che mi porti il mio mariage. CECCO Mariage, non vuol dir matrimonio? VITTORIA Il diavolo, che ti porti. Va' subito, corri. Fa' quel, che ti dico, e non replicare. CECCO Sì, signora, subito corro (parte). Scena ottava Vittoria, e Ferdinando. FERDINANDO Signora, dite la verità, sareste in dubbio di partire per la mancanza dell'abito? VITTORIA E bene? Mi dareste il torto per questo? FERDINANDO No, avete tutte le ragioni del mondo: è una cosa necessarissima. Lo fanno tutte, lo fanno quelle che non lo potrebbono fare. Conoscete la signora Aspasia? VITTORIA La conosco. FERDINANDO Se n'è fatto uno ella pure, e ha preso il drappo in credenza per pagarlo uno scudo al mese. E la signora Costanza? La signora Costanza per farsi l'abito nuovo ha venduto due paia di lenzuola, ed una tovaglia di Fiandra, e ventiquattro salviette. VITTORIA E per qual impegno, per qual premura hanno fatto questo? FERDINANDO Per andare in campagna. VITTORIA Non so, che dire, la campagna è una gran passione, le compatisco; se fossi nel caso loro, non so anch'io, che cosa farei. In città non mi curo di far gran cose; ma in villa ho sempre paura di non comparire bastantemente... Fatemi un piacere, signor Ferdinando, venite con me. FERDINANDO Dove abbiamo d'andare? VITTORIA Dal sarto, a gridare, a strapazzarlo ben bene. FERDINANDO No, volete, ch'io v'insegni a farlo sollecitare? VITTORIA E come direste voi, che io facessi? FERDINANDO Perdonate; lo pagate subito? VITTORIA Lo pagherò al mio ritorno. FERDINANDO Pagatelo presto, e sarete servita presto. VITTORIA Lo pago, quando voglio, e vo', che mi serva, quando mi pare (parte). FERDINANDO Bravissima, bel costume! Far figura in campagna, e farsi maltrattare in città (parte). Scena nona Camera in casa di Filippo. Filippo e Guglielmo incontrandosi. FILIPPO Oh, signor Guglielmo, che grazie, che finezze son queste? GUGLIELMO Il mio debito, signor Filippo; il mio debito, e niente più. So, che oggi ella va in campagna, e sono venuto ad augurarle buon viaggio, e buona villeggiatura. FILIPPO Caro amico, sono obbligato all'amor vostro, alla vostra attenzione; oggi finalmente si anderà in campagna. In quanto a me ci sarei, che sarebbe un mese, e a' miei tempi, quando era giovane, si anticipavano le villeggiature, e si anticipava il ritorno. Fatto il vino, si ritornava in città; ma allora si andava per fare il vino, ora si va per divertimento, e si sta in campagna col freddo, e si vedono seccar le foglie sugli alberi. GUGLIELMO Ma non siete voi il padrone? Perché non andate, quando vi pare, e non tornate, quando vi comoda? FILIPPO Sì, dite bene, lo potrei fare; ma sono stato sempre di buon umore, mi ha sempre piacciuto la compagnia, e nell'età, in cui sono, mi piace vivere, mi piace ancora godere un poco di mondo. Se dico d'andar in villa il settembre, non c'è un can, che mi seguiti, nessuno vuol venire con me a sagrificarsi. Anche mia figlia alza il grugno, e non ho altri al mondo, che la mia Giacinta, e desidero soddisfarla. Si va, quando vanno gli altri, ed io mi lascio regolar dagli altri. GUGLIELMO Veramente quello, che si fa dalla maggior parte, si dee credere, che sia sempre il meglio. FILIPPO Non sempre, non sempre, ci sarebbe molto, che dire. Voi dove fate quest'anno la vostra villeggiatura? GUGLIELMO Non so; non ho ancora fissato. (Ah! se potessi andare con lui; se potessi villeggiare coll'amabile sua figliuola!) FILIPPO Vostro padre era solito villeggiare sulle colline di Pisa. GUGLIELMO È verissimo. Colà sono situati i nostri poderi, e vi è un'abitazione passabile. Ma io son solo, e dirò come dite voi, star solo in campagna è un morir di malinconia. FILIPPO Volete venir con noi? GUGLIELMO Oh! signor Filippo, io non ho alcun merito, né oserei di dare a voi quest'incomodo. FILIPPO Io non son uomo di ceremonie. Posso adattarmi allo stile moderno in tutt'altro, fuor che nell'uso de' complimenti. Se volete venire, vi esibisco un buon letto, una mediocre tavola, ed un cuore sempre aperto agli amici, e sempre eguale con tutti. GUGLIELMO Non so che dire. Siete così obbligante, ch'io non posso ricusare le grazie vostre. FILIPPO Così va fatto. Venite, e stateci fin che vi pare; non pregiudicate i vostri interessi, e stateci fin che vi pare. GUGLIELMO A che ora destinate voi di partire? FILIPPO Non lo so; intendetevi col signor Leonardo. GUGLIELMO Viene con voi il signor Leonardo? FILIPPO Sì, certo, abbiamo destinato d'andare insieme con lui, e con sua sorella. Le nostre case di villa sono vicine, GUGLIELMO (Questa compagnia me dispiace. Ma né siamo amici, e anderemo insieme anche per ciò voglio perdere l'occasione favorevole di essere in compagnia di Giacinta). FILIPPO Ci avete delle difficoltà? GUGLIELMO Non, signore. Pensava ora, se dovea prendere un calesso, o, essendo solo, un cavallo da sella. FILIPPO Facciamo così. Noi siamo in tre, ed abbiamo un legno da quattro, venite dunque con noi. GUGLIELMO Chi è il quarto, se è lecito? FILIPPO Una mia cognata vedova, che viene con noi per custodia di mia figliuola; non già, ch'ella abbia bisogno di essere custodita, ché ha giudizio da sé, ma per il mondo, non avendo madre, è necessario, che vi sia una donna attempata. GUGLIELMO Va benissimo. (Procurerò ben io di cattivarmi l'animo della vecchia). FILIPPO E così? Vi comoda di venir con noi? GUGLIELMO Anzi è la maggiore finezza, che io possa ricevere. FILIPPO Andate dunque dal signor Leonardo, e ditegli che non s'impegni con altri per il posto, che è destinato per voi. GUGLIELMO Non potreste farmi voi il piacere di mandar qualcheduno? FILIPPO I miei servitori sono tutti occupati. Scusatemi, non mi pare di darvi sì grande incomodo. GUGLIELMO Non dico diversamente. Aveva un certo picciolo affare. Basta non occorr'altro. Anderò io ad avvisarlo. (Dica Leonardo quel, che sa dire, prenda la cosa come gli pare, ci penso poco, e non ho soggezione di lui). Signor Filippo, a buon rivederci. FILIPPO Non vi fate aspettare. GUGLIELMO Sarò sollecito. Ho degli stimoli, che mi faranno sollecitare (parte). Scena decima Filippo, poi Giacinta, e Brigida. FILIPPO Or, che ci penso. Non vorrei, che mi criticassero, invitando un giovane a venir con noi, avendo una figliuola da maritare. Ma, diacine, è una cosa che in oggi si accostuma da tanti, perché hanno da criticare me solo? Potrebbono anche dire del signor Leonardo, che viene con noi, e di me, che vado con sua sorella, che sono vecchio, è vero, ma non sono poi sì vecchio, che non potessero sospettare. Eh! al giorno d'oggi non vi è malizia. Pare, che l'innocenza della campagna si comunichi ai cittadini. Non si usa in villa quel rigore, che si pratica nelle città; e poi in casa mia, so quanto mi posso compromettere: mia figlia è

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Argomenti: tre ore,    stile moderno

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