La trovatella di Milano di Carolina Invernizio pagina 14

Testo di pubblico dominio

dolci, armoniose; tal altra diveniva amara, convulsa, stridente. Quando ebbe finito sedette, senza dare alcun segno di stanchezza, di sofferenza. Dopo di lei fu udito il servo del defunto marchese. Con sorpresa del presidente e degli altri, ritirò quanto aveva ammesso durante l'istruttoria, disse che quel giorno per il dolore della morte del padrone aveva perduta la testa, che non sapeva quello che si dicesse, ma la verità si era che nella notte dell'assassinio, il marchese l'aveva con un pretesto lasciato a Milano, perchè forse voleva condurre a Cernusco la bella guantaia. Aggiunse che spinto da un tristo presentimento non seppe resistere di rendersi disobbediente al padrone, ma non fu in tempo di recarsi alla villa, prima che l'assassinio fosse compiuto. Si capì che quel servo, dall'aria furba e cinica, era stato comprato per indurlo a ritirare all'udienza la sua deposizione. Ma come scoprirlo? Malgrado le ingiunzioni severe del presidente, la minaccia della pena severa per falsa testimonianza, il domestico giurò di nuovo che ormai diceva la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità! La sfilata dei testimoni non fu lunga, nè importante, tuttavia per ultimo, quando la voce formidabile dell'usciere, annunziò l'Annetta Durini, la madre dell'accusata, un mormorio, un fremito si sparse nell'uditorio, mentre il viso di Maria esprimeva la più grande costernazione… Sua madre testimone? Che avrebbe detto? Aveva dunque ricuperata la parola? Era guarita? Il cuore le batteva fino a spezzarsi, perdette la sua presenza di spirito, tremò, ebbe paura del primo sguardo di quella madre offesa, oltraggiata nell'onore, che tanto aveva sofferto, pianto per cagion sua. La popolana entrò portata sopra una sedia da due robusti infermieri dell'ospedale. La sua fisonomia mostrava l'impronta di tutti i dolori provati, esprimeva ad un tempo l'angoscia e la pietà. Le guancie incavate, le narici emaciate, le rughe profonde delle tempia e della bocca, gli occhi spenti, i capelli incanutiti, tutto le dava un aspetto da stringere il cuore. La folla che aveva accolta la sua entrata con un mormorio di compassione, quando vide brillare sul petto di lei la medaglia al valore e conobbe di aver dinanzi un'eroina delle famose cinque giornate, scoppiò in un formidabile applauso. Il Presidente ottenne a stento il silenzio. Annetta appariva vivamente commossa e prima ancora di prestare il giuramento, volse uno sguardo ansioso, vivissimo verso Maria e con voce tremante: —Così dovevamo rivederci—balbettò—ah! povera… povera fanciulla! Grosse lacrime scorrevano sul viso di Maria. Ah! cosa era mai la morte in confronto allo strazio orribile, che soffriva in quel momento. Pareva che le lacerassero il cuore a brani, sentiva un cupo ronzio negli orecchi, la lingua attaccata al palato. —Mamma… mamma,—disse con voce strangolata, stendendo verso di lei le manine bianche, affilatissime. Passato quel primo momento di suprema commozione, la popolana si rimise, chiese scusa per aver domandato di presentarsi al pubblico dibattimento come testimone, ma non avendo potuto essere interrogata prima in causa della sua grave malattia, dalla quale non si era ancora perfettamente ristabilita, aveva creduto però suo dovere di venire a difendere la fanciulla, trovandosi in grado di parlare, esprimersi chiaramente. E dopo la formola del giuramento, la popolana rispose con precisione alle domande fattele intorno al suo nome, cognome, e domicilio. Non si udiva il più lieve respiro nella sala: pareva che la folla avesse sospeso il fiato per ascoltarla. Solo quando dichiarò che ella non aveva avuto figli, si udì un mormorio subito represso, mentre il Presidente le chiedeva: —Di chi è dunque l'accusata, alla quale deste il vostro nome? —Ve lo dirò, signor Presidente, ormai è inutile il mistero. Ed allora la popolana ebbe uno sfogo: le parole le vennero alle labbra impetuose, tronche, gemebonde. Rifece la storia di quei giorni di sollevazione, di terrore, narrò le rapide peripezie a lei succedute, parendole rivivere in quei tempi, rievocandoli, raccontò la morte del marito, e il ritrovo di quella creaturina… coperta di sangue, svenuta, che ella aveva rianimata a forza di baci, di carezze, sentì subito d'amare come se l'avesse portata in seno… Ridire la commozione che provava il pubblico a quella narrazione inaspettata, sarebbe impossibile… Ma due persone sopratutto sembravano in preda ad un'eccitazione straordinaria: il come Patta e Maria. Il primo continuava a stropicciarsi colla mano destra la fronte, che l'ansia, l'angoscia fortemente increspava; l'altra come colpita da atonia, teneva gli occhi sbarrati sulla popolana, chiedendo a se stessa se non sognava, se era la verità che le si rivelava dinanzi, spietatamente, in quel momento. Tutti gli sguardi erano fissi su Annetta. Il Presidente le chiese se non aveva fatte indagini per scoprire a chi appartenesse quella fanciulla. —Ho cercato per più mesi, ma inutilmente—rispose la popolana—allora supposi che la bambina fosse scampata per miracolo all'eccidio di qualche famiglia signorile, che i suoi parenti fossero tutti morti o fuggiti e mi convinsi che non apparteneva al mio ceto dalla biancheria finissima che indossava e da un medaglioncino che teneva al collo, raffigurante una testa di morto… attaccata ad una microscopica catena d'oro. La popolana si interruppe. Un grido improvviso echeggiò nell'ampia sala, seguito dal rumore di un corpo che cadeva pesantemente e da più voci, che dicevano: —Presto… un medico… Vi fu un momento di tumulto indescrivibile… —Che cosa succede? —È il conte Patta, che è svenuto… —Forse l'emozione, il caldo, è stato un'imprudenza la sua recarsi qui… —Lo trasportano fuori. —Non sarà cosa grave… Queste ed altre esclamazioni si udivano nell'aula. Chi si mostrava contrariato, chi impietosito, chi curioso… Il nome del conte Patta era giunto agli orecchi dell'accusata, producendole una sensazione profonda, mettendole nelle vene un brivido di angoscia, di paura. Le risuonavano in quel momento alle orecchie le parole pronunziate da Diego, allorchè rivelava a sua moglie, l'infamia del padre… «Una spia, un traditore della patria, che il popolo milanese nei giorni memorabili della sollevazione, aveva giurato ammazzare. Egli è riuscito a fuggire, ma abbandonando alle furie dei ribelli, che ne dovettero far strazio, una moglie giovane e bella, un'innocente bambina.» E se fosse lei quella bambina? Qualche cosa le diceva che non s'ingannava! Quel grido straziante che le risuonava in cuore, l'aveva ferita fin nelle viscere, non era l'appello di un uomo che sveniva per il troppo calore o l'emozione, ma l'evocazione disperata di un padre, che ritrovava la sua creatura! Ecco perchè qualche cosa maggiore della sua stessa volontà, l'aveva spinta a distruggere quelle carte, che potevano perdere il conte. Era la voce del sangue che parlava in lei! Era Dio stesso che la guidava, per non dare al mondo lo spettacolo mostruoso di una figlia che perdeva, condannava il proprio padre… Al conte Patta doveva la vita, ed ella aveva salvata la sua; ma sentiva che giammai avrebbe potuto amarlo… Pensava invece con strazio a quella madre, che egli aveva abbandonata in preda al furore popolare. Forse quella sventurata, sebbene coperta di ferite, era giunta a porla in salvo presso la casa della generosa popolana, ed era quindi fuggita, per andare a morire altrove, onde non scoprissero che quella creaturina era sua figlia, la risparmiassero. Lacrime ardenti scorrevano sulle guancie di Maria, di quelle lacrime che anzichè riuscire di sollievo, dilaniano il cuore. Intanto nella sala si era ristabilita la calma. Si seppe che il conte rinvenuto quasi subito, aveva detto essere stato preso da un senso di soffocamento per il troppo calore e sebbene si sentisse meglio, non si trovava più disposto ad assistere all'udienza ed era ritornato al proprio palazzo. Annetta potè

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Argomenti: popolo milanese,    moglie giovane,    tristo presentimento,    voce formidabile,    troppo calore

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