La trovatella di Milano di Carolina Invernizio pagina 6

Testo di pubblico dominio

Senza dare alla giovine il tempo di rispondere, suonò il campanello ed alzata una portiera scomparve. Rientrò nel suo spogliatoio profondamente accasciata e lasciatasi cadere su di un divano, nascose il viso sconvolto in un guanciale di velluto ricamato e pianse, pianse lungamente, mormorando fra i singhiozzi: —Oh!… infame, infame… ed io che l'amavo tanto. Una mano che si posò sopra il biondo suo capo, la fece trasalire, alzare di botto… Era suo padre pallidissimo, commosso… —Ebbene Adriana, avevo ragione? —Sì, papa, sì… perdono… Gli si gettò nelle braccia singhiozzando, nascose sul petto di lui, il viso scolorito… —Non piangere così: colui non merita le tue lacrime, ma il tuo disprezzo. Ella si scosse, un vivo rossore le salì alla fronte: gli occhi ridivennero asciutti. —Hai ragione, non voglio pensarci più—disse alzando risoluta il capo.—E puoi avvertire Diego che accetto la sua mano. Gli sguardi del conte lampeggiarono. —Dici il vero? Non ti pentirai? Ella soffocava fra i palpiti tumultuosi del cuore, tuttavia rispose con voce ferma: —Non ho che una parola e per mostrarti quanto la mia risoluzione sia irrevocabile, ti prego ad effettuare il matrimonio al più presto possibile. —Ma è ciò che io e Diego desideriamo, cara figlia mia,—mormorò il conte con espansione. E mentre le sue labbra menzognere si posavano sulla fronte incontaminata di Adriana, pensava fra sè, con un sospiro di sollievo: —Il briccone l'ha proprio indovinata! CAPITOLO SESTO. Vittime e seduttore. Da circa due ore il marchese Diego Tiani si trovava nell'appartamento ammobiliato preso in affitto presso il mercato delle erbe, attendendo Maria. Egli passeggiava impaziente nel salotto, mormorando fra sè: —Tarda quest'oggi; per fortuna sarà l'ultima volta: cominciava a pesarmi questa commedia di sentimento, non adatta certamente per me. Un leggiero tintinnio del campanello lo scosse, gli fece spuntare un sorriso sulle labbra. Corse ad aprire e la giovane guantaia era appena entrata, che Diego senza osservarla, la strinse fra le sue braccia, ne cercò le labbra, imprimendovi dei baci lunghi, ardenti. Maria però, lungi dal corrisponderlo come altre volte, si svincolò sdegnosa e mostrando il suo viso alterato, pallidissimo. —Lasciami,—disse freddamente. Diego aggrottò le ciglia. —Che vuol dire questa novità? Ti sono forse venuti a noia i miei baci? —No, ma non voglio che essi formino argomento di scherzo fra i tuoi amici. Era rimasta in piedi così parlando. Diego dinanzi a lei, la fissava con sorpresa. —Che intendi dire? Non ti comprendo. Le labbra rosse di Maria avevano perduto il loro splendido colorito: erano livide e tremavano convulse. —Conosci un certo marchese Diego Tiani?—chiese. Il giovane non battè palpebra. —È uno dei miei migliori amici—rispose con perfetta calma, impudenza—un buon ragazzo, al quale ho promesso di ricambiar presto i confetti di nozze, perchè egli prende moglie fra poco… —È vero che gli hai parlato di me? —Senza dubbio e ciò deve provarti l'immensità del mio affetto. Diego mi vantava un giorno la sua fidanzata, una sciocca che nutre molto dispetto per me, non essendomi mai schierato nel numero dei suoi ammiratori, e diceva che nessun'altra fanciulla a Milano poteva starle al pari: allora io non seppi resistere e risposi al mio amico che se ti avesse conosciuta, certamente avrebbe cambiato parere. —Ed aggiungesti che ero tua amante, gli parlasti dei nostri ritrovi qui… Il furfante fece un gesto di dolore. E gravemente, con una tristezza infinita: —Io?—esclamò—E mi crederesti capace di un'azione così vile? —Perdono, perdono—proruppe Maria come fuori di sè, gettandogli con impeto le braccia al collo—è stata quella contessina che me l'ha detto e mi fece tanto male. E mentre il giovane la traeva dolcemente sul divano, raccontò quanto le era avvenuto, piangendo a calde lacrime. Diego le prese le manine e lo baciò. —Suvvia asciuga quei begli occhi—disse con una voce dolce coma una carezza—tu hai avuto ragione di dubitare di me; ma io perdono i tuoi ingiusti sospetti. —Quanto sei buono, come ti amo! Egli sorrise, la strinse al suo petto: la pace era fatta. Passò un'ora che per Maria parve un lampo. Sul punto di dividersi,
Diego le disse ad un tratto:
—A proposito… mi dimenticavo una cosa. Ella sollevò gli occhi su lui, timidamente, interrogandolo con lo sguardo. —Per qualche settimana non potremo vederci, Maria trasalì, divenne pallida, inquieta. —Perchè?—chiese a stento. —Devo intraprendere un viaggio di alcuni giorni. Tutta la gioia provata poco prima dalla guantaia, disparve. —Tu parti? Per dove? —Curiosa: non volevo dirtelo. È un viaggio che deve assicurare la nostra felicità. —È proprio vero? —Ecco che tu dubiti nuovamente di me… Il rossore salì alla fronte di Maria, che temette averlo offeso. —No, no, perdonami, sono pazza—disse congiungendo le mani in atto di preghiera—ma se tu potessi vedere il mio cuore, comprenderesti che i miei dubbii, le mie paure, provengono dall'affetto ardente che ti porto. —Lo so ed è per questo che non ti serbo rancore. L'abbracciò di nuovo e la disgraziata sorrise per mostrare la sua felicità; ma gli occhi aveva pieni di lacrime… Allorchè lo lasciò, Diego mise un sospiro di soddisfazione. —Finalmente me ne sono liberato—pensava—Certo mi dispiace un poco l'ingannarla così, il perderla, ma sarei uno sciocco se per Maria mi lasciassi sfuggire Adriana. Per ora, tutto mi è andato a seconda; ho il demonio dalla mia. Gabriele non immagina il tiro che gli ho giuocato e quando verrà a saperlo, sarò ben lungi da Milano con mia moglie. Si passò una mano sulla fronte, poi le sue idee presero un altro corso. —Perchè mi perseguita l'immagine di Maria? Eppure non l'amo ed il mio capriccio è stato soddisfatto. Bah! finirà anche lei a consolarsi ed è tanto bella, che non mancherà di trovare qualche gonzo che la sposi. Sorrise cinicamente, mostrando sul viso tutte le malvagie passioni della sua anima: si guardò allo specchio, accese una sigaretta e preso il cappello, lasciò senza un rimpianto, un rimorso quella casa, dove aveva fatta una vittima, infranto dolcemente, con una mostruosa menzogna, un povero cuore. Salì nella prima vettura vuota che incontrò e si fece condurre al palazzo del conte Patta. Questi non si trovava in casa, ma il giovane con la famigliarità che gli era abituale, si diresse all'appartamento di Adriana. La giovinetta era nel suo salotto da studio, allorchè la cameriera l'avvertì che il suo fidanzato chiedeva di salutarla. Adriana represse un movimento di disgusto e rispose asciuttamente: —Venga pure. Diego entrò sorridente e presa la mano che la giovine gli tendeva, la portò con galanteria alle labbra. Adriana non ebbe il più piccolo trasalimento. —Avete fatto bene a venire—disse indicando al giovine una bassa poltroncina presso il divano, sul quale ella sedette—perchè bramo prima della cerimonia nuziale, che mi legherà a voi per tutta la vita, regolare la nostra rispettiva posizione. Egli la fissò alquanto stupito. —Non vi comprendo Adriana. —Mi spiegherò, non dubitate. Voi sapete il motivo che mi ha indotta ad accettare la vostra mano. Diego abbassò il capo. —So che voi non mi amate—disse con voce bassa—pure io spero che la mia tenerezza finirà a commuovervi e che un giorno avrete pietà di me. Il pallore di Adriana si era accentuato ancor più: il suo accento divenne glaciale. —No, mai!—rispose lentamente.—Il mio cuore è morto per sempre: non credo più a nulla. —Siete crudele. —Sono giusta, vi dico ciò che sento. Quindi ve lo ripeto: sarò vostra moglie per un puntiglio, una vendetta e se non mancherò ai miei doveri, avrò sacro il vostro nome, tuttavia non dovrete sperare da me una sola testimonianza d'affetto. Se la mia franchezza vi dispiace, se ferisce la vostra anima, il vostro amor

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Argomenti: due ore,    voce dolce,    vivo rossore,    certo marchese,    dolce coma

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