L'arte di prender marito di Paolo Mantegazza pagina 14

Testo di pubblico dominio

volta fin nell'estasi d'amore è svegliata da una osservazione idiota, da una esclamazione cretina e dal fondo del cuore straziato le sale al labbro il grido di leonessa ferita: —E costui è mio marito! Ed io porto il nome di questo idiota! È allora, che il rimorso e la vendetta si fanno alleati inseparabili in quell'anima pentita e alla corona di conte del marito crescon le corna all'infinito. Se la corona è di marchese, le corna fioriscono e rifioriscono con fecondità deliziosa. * * * Ma perchè mai, figliuola mia, tormento me stesso descrivendo un marito, che tu non avrai giammai? Se però tu avrai un santo orrore per tutti gli uomini stupidi, devi imparare a conoscere gli imbecilli incompresi. È una specie pur troppo non rara e che inganna anche i buoni osservatori. L'imbecille incompreso ha tutto l'aspetto esteriore dell'uomo normale e può perfino simulare un forte ingegno. È stupido di dentro, ma porta una vernice, che finge l'ingegno. È nato senza talento, ma con molta furberia, e questa gli ha insegnato per tempo a nascondere ciò che gli manca. Egli tace molto e volentieri, e tanto più, quando si parla di cose alte, di questioni gravi, nelle quali appunto l'ingegno vero scatta e scintilla. In queste occasioni l'idiota incompreso corruga la fronte e si fa serio, molto serio e ti accompagna nel tuo discorso con un accennar del capo, come se seguisse con viva curiosità il tuo pensiero. Quando tu esci con un'affermazione ardita o con una domanda prorompente, egli allora getta nel tuo discorso un energico punto ammirativo, quasi sempre accompagnato da un sorriso malizioso, che sembra covare in sè chi sa quanti pensieri; quante finezze di critico, quante astruserie di dubbii e di sottintesi. Quando gli pare che i muscoli della faccia non bastano, egli lancia nello spazio un pur troppo o un lo credo io o un sempre così o un già si sa! e tante altre frasi sempre accompagnate dal rispettivo punto d'esclamazione e dal relativo sorriso. Il dizionario dell'imbecille incompreso rassomiglia in tutto al guardarobe di un artista drammatico. Tu vi trovi corone di talco che son dogmi altissimi; corazze di latta, che rappresentano l'ignoranza in atto di difesa; pugnali di legno, che son ragionamenti senza senso; durlindane di princisbecco, che devono esser prese per spade di Toledo; e tutta una vetrina di false gemme che devono esser prese per gioielli di spirito e di acume. Fra tutta quella roba puoi trovare anche un pugnale vero, che taglia davvero, un diamante vero, che brilla davvero; ma allora sta pur sicura, che è roba rubata e imparata a memoria per servirsene nelle grandi occasioni. Ricorderò sempre la strana impressione, che mi fece una volta un lavoro scritto con invidiabile sicumera da un minchione, che voleva aspirare alla gloria d'autore. Leggevo con molta attenzione quello scritto, che mi pareva in complesso l'aborto d'una mente idiota; ma fra quelle parole senza pensiero, fra quelle frasi senza sugo, trovavo a un tratto un'idea luminosa, un concetto ardito, che pareva una gemma caduta nel fango. Subito dopo però l'imbecillità riprendeva il filo, che poi era interrotto di nuovo da un nuovo gioiello. Alla fine capii di che si trattava. Erano gemme tolte alle corone dello Stuart Mill e dello Spencer e incastonate nella mota. Gli imbecilli incompresi nei loro discorsi fanno come quel povero scrittore, che aspirava alla gloria, senza aver diritto neppure a mangiare il pane quotidiano del senso comune. * * * L'imbecille incompreso e furbo possiede un'altra astuzia. Oltre il sapiente silenzio, oltre l'abile ed agile maneggio delle interiezioni e dei gesti che devono tener il luogo delle idee; sa dopo pochi momenti indovinare il livello intellettuale delle persone con cui egli si trova. Se queste stanno molto in alto per ingegno e per coltura, tace sempre con ostinata fermezza, sicuro di guadagnarsi così almeno e alla peggio il merito di modesto. Se invece chi gli parla è al disotto della media, allora egli discorre senza dir nulla, ma abbagliando gli ignoranti colla confusione delle frasi o l'oscurità del pensiero riesce a farsi credere qualche cosa o qualcheduno. Ha anche un'altra furberia, quella di parlar sempre di cose ignote o mal note ai presenti. L'arte di osservare gli uomini non è fra le più comuni e con grande mia meraviglia ho sentito questi giudizii dati da uomini d'ingegno su imbecilli incompresi: Egli non è eloquente di certo, ma ha una grande profondità di analisi. La sua testa non è molto ordinata, ma egli ha una grande originalità d'idee. Che fantasia! Peccato che egli si esprime sempre in una forma oscura e avviluppata. Parla poco, ma pensa molto!—Egli sa certamente assai più di quel che dice. E simili! Conosco un falso grand'uomo, che a furia di silenzi ostinati, di corrugamenti sapienti del muscolo frontale, di esclamazioni ingegnose, è riuscito a farsi credere un forte ingegno. Ha avuto una cattedra, la Commenda della Corona d'Italia, non so quanti titoli accademici; ed oggi siede nell'Olimpo d'una famosa Accademia accanto a molti veri grandi uomini, che ogni giorno si domandano meravigliati l'un l'altro: —Ma che cosa ha fatto egli? —Io non lo so. Dicono che sia un forte pensatore. Ha scritto poco, ma quel poco ha un gran valore. —L'avete letto? —Io no, ma lo dicono tutti.— Quell'accademico è un imbecille incompreso! IL MARITO FANNULLONE. Per quanto so e posso, figliuola mia, ti prego, ti riprego e ti scongiuro, magari mettendomi in ginocchio: non dar mai la mano di sposa a un fannullone. E ciò pur troppo ti può capitare facilmente, se sposi un uomo molto ricco. Fra noi il far nulla è un dovere di chi può vivere delle proprie rendite, e mentre si ride di cuore dei nobili della Cocincina, che custodiscono le unghie delle loro mani in astucci di avorio, d'oro o d'argento per dimostrare a tutti che essi non le prostituiscono al lavoro; non ridiamo di molti nostri nobili, che si vergognerebbero di avere un diploma di ingegnere o di giurisprudenza. Per me gli artigli lunghissimi degli Annamiti valgono il pregiudizio dei nobili italiani. E dico italiani, perchè in molti paesi d'Europa e d'America, che sono assai più avanti di noi, il far nulla non è titolo di nobiltà; ma è vergogna, di cui anche i più ricchi arrossiscono. A Londra per esempio vi sono signori, che hanno molti milioni e che lavorano nel commercio, nell'industria, o fanno della scienza o dell'arte o della letteratura, o viaggiano continuamente per distrarsi o per istruirsi, o alla peggio amministrano i loro beni, occupandosi di agricoltura. Io conosco invece in Lombardia alcuni signori, che non hanno mai veduto le loro terre! È vero però, che più d'una volta i loro fattori o i loro fittabili diventano i loro padroni ed essi muoiono crivellati di debiti e uccisi dalla noia e dai vizi. In Inghilterra, in America nessuno porta le unghie annamite, nè alle mani, nè nell'anima. Figliuola mia, prima di dire il sì fatale e inesorabile, che lega la tua vita a quella di un uomo, guardagli le unghie. *
* *
Il ricco fannullone mena una vita, ch'io non vorrei per un giorno solo, anche col compenso di centomila lire di rendita. Se è giovanotto, alle undici del mattino è sempre a letto e dorme ancora. Poveretto è andato a letto così tardi! Il cameriere ha l'ordine di svegliarlo a quell'ora e alle undici egli ha bussato timidamente alla porta della camera da letto: —Signor conte, sono le undici! Una voce sonnacchiosa e un po' indispettita risponde: —Sta bene, Carlo, ritorna fra mezz'ora. Alle undici e mezzo il giovane conte si è di nuovo addormentato e un secondo picchio all'uscio lo risveglia una seconda volta. —Sta bene, sta bene, mi alzo. Ma alle undici e tre quarti il cameriere non ha ancora udito il campanello, che deve chiamarlo a vestire il giovane patrizio. La colazione è già servita. La famiglia è tutta a tavola, ma il conte non si vede. Ha dovuto alzarsi di furia, vestirsi

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Argomenti: pane quotidiano,    giovane conte,    santo orrore,    invidiabile sicumera,    agile maneggio

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