La via del rifugio di Guido Gozzano pagina 5

Testo di pubblico dominio

morde par cosa scipìta per l'occhio intento al morso che l'aspetta... E già la mela è per metà finita. Il bimbo morde ancora — e ad ogni morso sempre è lo sguardo che precede il dente — fin che s'arresta al torso che già tocca. “Non sentii quasi il gusto e giungo al torso!” Pensa il bambino... Le pupille intente ogni piacere tolsero alla bocca. IGNORABIMUS Certo un mistero altissimo e più forte dei nostri umani sogni gemebondi governa il ritmo d'infiniti mondi, gli enimmi della Vita e della Morte. Ma ohimè, fratelli, giova che s'affondi lo sguardo nella notte della sorte? Volere un Dio? Irrompere alle porte siccome prigionieri furibondi? Amare giova! Sulle nostre teste par che la falce sibilando avverta d'una legge di pace e di perdono: “Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse a voi fatto!” Nella notte incerta ben questo è certo: che l'amarsi è buono! LA MORTE DEL CARDELLINO Chi pur ieri cantava, tutto spocchia, e saltellava, caro a Tita, è morto. Tita singhiozza forte in mezzo all'orto e gli risponde il grillo e la ranocchia. La nonna s'alza e lascia la conocchia per consolare il nipotino smorto: invano! Tita, che non sa conforto, guarda la salma sulle sue ginocchia. Poi, con le mani, nella zolla rossa scava il sepolcro piccolo, tra un nimbo d'asfodeli di menta e lupinella. Ben io vorrei sentire sulla fossa della mia pace il pianto di quel bimbo. Piccolo morto, la tua morte è bella! L'INTRUSO Le tre sorelle dalla tela rozza levano gli occhi sbigottite, poi che una voce pervade i corridoi come d'uno che irride o che singhiozza. “Il vento in casa!” Il vento cresce, cozza sibila, mugge come cento buoi. Ogni sorella pensa ai casi suoi, l'altra chiamando con la voce mozza. In breve dai soppalchi al limitare discacciano il nemico, nell'assedio invocando a gran voce tutti i Santi. Ognuna torna poi ad agucchiare, ed accompagna il ritmo del suo tedio all'orchestra dei tremoli svettanti. LA FORZA A Mario B., lottatore. Bestialità divina, amico Mario, quando affatichi i muscoli ben atti e cingi e premi, ansando, e scuoti a tratti il torso dell'atletico avversario! Bene sai l'arte della forza. In vario modo lo spossi e incalzi e pieghi e abbatti; ti sussulta nei muscoli contratti non so che desiderio sanguinario. Gràvagli sopra, crudelmente bello, con le scapole fa ch'egli riverso tocchi la rena e “vinto” gli si gridi! Ridevole miseria d'un cervello, quando il proteso già pollice verso “Uccidi — griderei — Uccidi! Uccidi!” LA MEDICINA Alla Signora C.R. dalla bella voce. Non so che triste affanno mi consumi: sono malato e nei miei dì peggiori... Tra i balaustri il mar scintilla fuori la zona dei palmeti e degli agrumi. Ah! Se voi foste qui, tra questi fiori, amica! O bella voce tra i profumi! Se recaste con voi tutti i volumi di tutti i nostri dolci ingannatori! Mi direste il Congedo, oppur la Morte del Cervo, oppure la Sementa... E queste bellezze, più che l'aria e più che il sole, mi farebbero ancora sano e forte! E guarirei: Voi mi risanereste con la grande virtù delle parole! IL SOGNO CATTIVO Se guardo questo pettine sottile di tartaruga e d'oro, che affigura — opera egregia di cesellatura — un germoglio di vischio in novo stile, risogno un sogno atroce. Dal monile divampa quella gran capellatura vostra, fiammante nella massa oscura... E pur non vedo il volto giovenile. Solo vedo che il pettine produce sempre capelli biondo–bruni e scorgo un cielo fatto delle loro trame: un cielo senza vento e senza luce! E poi un mare... e poi cado in un gorgo tutto di bande di color di rame. MIECIO HORSZOVSKI Piccole dita che baciai, che tenni fra le mie, pensando ai derelitti consolati di affanni e di delitti dal gioco delle mani dodicenni: o le tue mani, bimbo, se tu accenni sui tasti muti, a pena! Ecco, e tragitti un popolo di sazi e di sconfitti alle rive del sogno alte e solenni. E tu non sai! Il suono t'è un trastullo: tu suoni e ridi sotto il cielo grigio nostro piccolo gran consolatore! E l'usignuolo, come te, fanciullo, canta ai poeti intenti al suo prodigio; e non conosce le virtù canore. IN MORTE DI GIULIO VERNE O che l'Eroe che non sa riposi discenda nella Terra, o che si libri per la virtù di cifre e d'equilibri oltre gli spazi inesplorati ed osi tentar le stelle, o il Nautilo rivibri e s'inabissi in mari spaventosi: Maestro, quanti sogni avventurosi sognammo sulle trame dei tuoi libri! La Terra il Mare il Cielo l'Universo per te, con te, poeta dei prodigi, varcammo in sogno oltre la Scienza. Pace al tuo grande spirito disperso, tu che illudesti molti giorni grigi della nostra pensosa adolescenza. LA BELLA DEL RE Ciaramella che a' verd'anni fu l'amica del Gran Re (era prode e più non c'è, era bella e ha settant'anni), Ciaramella la comare con il fuso e la conocchia, se ne viene tutta spocchia sulla soglia per filare. “Che furori, cari miei! Delle belle la più bella (ora, già, non son più quella: parlo del cinquanta... sei...). E gioielli e sete fine (ora già non son più quella) e la chioma ricciutella fino a mezza crinoline; occhi neri ed i più bei denti, sana, bionda, snella (ora già non son più quella parlo del cinquantasei)”. Nella tabe che la rôde fila: tira prilla accocca con il filo della rocca i ricordi del Re Prode. “Egli, fiero alla battaglia nell'ardore delle squadre, qui passava come un padre, vero padre dell'Italia... Ma cessarono i favori con il Tempo e con la Morte: ora filo a mala sorte per le tele dei signori...” Un soffiar di tramontana scende giù dalla foresta: fa tremare ciò che resta della regia cortigiana. Tira, prilla, accocca, immota, ma s'inchina a volta a volta col pennecchio, intenta, e ascolta i ricordi che la ruota le sussurra nell'orecchio... E la canape l'innonda, disfacendosi il pennecchio, d'una gran cesarie bionda. “Ciaramella come sei bionda! Torni in gioventù!” — e la canape la illude — “siamo del cinquantasei... Ciaramella sta sicura che Gli piaci, Ciaramella!” Ella sogna... Crede quella la sua gran capellatura. “Ecco i miei capelli d'oro! Vo' spartirmeli in due bande: su recate le ghirlande, perchè omai lascio il lavoro. Chi mi disse della fine? Il Passato... l'Avvenire... Oh! Li scialli Casimire, oh le gonne a crinoline!... Dite al Re che delle belle la più bella...” E resta immota, resta prona sulla ruota. Già s'accendono le stelle nella notte fredda e oscura: la vecchietta sonnolenta dolcemente s'addormenta nella gran capellatura. Ecco, e all'alba, in sulla rocca prona è ancor la Ciaramella. “Ciaramè, non sei più quella?” E un'amica va e la tocca. Ma si ferma in sulla porta e poi grida all'impazzata: “Ciaramella morta! Morta! Satanasso l'ha portata!” IL GIURAMENTO Ritorna col redo, mi guarda sott'occhi; un bacio le chiedo: mi fissa nelli occhi con occhi sicuri e vuole che giuri. — O molle trifoglio, o mani di gelo! Che bene ti voglio! Ti giuro sul cielo! — Solleva una mano, mi dice: “è lontano!” — Che sete di baci! Morire mi pare. Ah! Come mi piaci! Ti giuro sul mare! — Riflette un secondo, mi dice: “è profondo!” Biancheggia sospesa in fondo al tratturo la Chiesa. — Ti giuro fin sopra la Chiesa! — Sorride bambina, mi dice: “è calcina!” — Il fieno ci copra. Ah! T'amo di fiamma! Ti giuro fin sopra la testa di mamma: — Mi guarda supino, mi dice: “assassino!” M'irride, ma poi si piega “...m'inganni?” — Ti giuro, se vuoi, pei belli vent'anni! — Solleva lo sguardo, mi dice: “bugiardo!” NEMESI Tempo che i sogni umani volgi sulla tua strada: la chioma che dirada, le case dei Titani, o tu che tutte fai vane le nostre tempre: e vano dire sempre e vano dire mai, se dunque eternamente tu fai lo stesso gioco tu sei una ben poco

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Argomenti: cielo grigio,    grande spirito,    mistero altissimo,    ridevole miseria,    triste affanno

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