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Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni pagina 4

Testo di pubblico dominio

morirvi. A mercenarie genti Noi comandiamo, in cui più di leggeri Trovi il furor che la costanza: e corrono Volonterosi alla vittoria incontro. Ma s'ella tarda, se son posti a lungo Tra la fuga e la morte, ah! dubbia è troppo La scelta di costoro. E questo evento Più che tutt'altro antiveder ci è forza. — Vil tempo in cui tanto al comando cresce Difficoltà, quanto la gloria scema! Io lo ripeto, non è questo un camnpo Di battaglia per noi. MALATESTI Dunque? TORELLO Si muti. Non siam pari al nemico; andiamo in luogo Dove lo siam. MALATESTI Così Maclodio a lui Lascerem quasi in dono? I valorosi, Che vi son chiusi, non potran tenersi Più che due giorni. TORELLO Il so; ma non si tratta Né d'un presidio qui, né d'una terra; Trattasi dello Stato. SFORZA E di che mai Se non di terre si compon lo Stato E quelle che indugiando, ad una ad una Già lasciammo sfuggir, quante son elle? Casal, Bina, Quinzano e... se vi piace Noveratele voi, ché in tal pensiero Troppo caldo io mi sento. Il nobil manto, Che a noi fidato ha il Duca, a brano a brano Soffriam così che in nostra man si scemi, E che a lui messo omai da noi non giunga Che una ritratta non gli annunzi. Intanto Superbisce il nemico, e ai nostri indugi Sfacciato insulta. TORELLO E questo è segno, o Sforza, Ch'ei brama una battaglia. SFORZA Oh, che puot'egli Bramar di più che innanzi a sé cacciarne Colla spada nel fodero? PERGOLA Che puote Bramar di più? Dirovvel'io: che noi Tutto arrischiam l'esercito in un campo Ov'egli ha preso ogni vantaggio. Or questo Poniamo in salvo; ché le terre è lieve Ripigliar con gli eserciti. FORTEBRACCIO Con quali? Non, per mia fé, con quelli a cui s'insegna A diloggiar quando il nemico appare, A non mirarlo in faccia, a lasciar soli Nelle angosce i compagni; ma con genti Quali or le abbiam d'ira e di scorno accese, Impazienti di pugnar, con queste Si riparan le perdite, e si vince. Che dobbiamo aspettar? Brandi arrotati, Perché lasciarli irrugginir? SFORZA Torello, Voi temete d'agguati? Anch'io dirovvi: Non son più quelle guerre, in cui minuti Drappelletti movean, coll'occhio teso Ogni macchia guatando, ogni rivolta. Un'oste intera sopra un'oste intera Oggi rovescerassi: un tanto stuolo Si vince sì, ma non s'accerchia; ei spazza Innanzi a sé gl'intoppi, e fin ch'è unito, Dovunque sia, sul suo terreno è sempre. FORTEBRACCIO (a Pergola e Torello). Siete convinti? TORELLO Sofferite... MALATESTI Io il sono. Omai vano è più dir. Certo io mi tengo Che tutti andrete in operar d'accordo Più che non foste in divisar disgiunti. Poi che un partito e l'altro ha il suo periglio, Scegliamo almen quel che più gloria ha seco. Noi darem la battaglia: alla frontiera Io mi pongo coi miei; Sforza vien dietro E chiude la vanguardia; il mezzo tenga Della battaglia Fortebraccio: e il nostro Ufficio sia con impeto serrarci Addosso il campo del nemico, aprirlo E spingerci a Maclodio. Voi, Torello, E voi, Pergola, a cui sì dubbia sembra Questa giornata, io pongo in vostra mano L'assicurarla: voi, discosti alquanto, Il retroguardo avrete. O la fortuna, Pur come suol, seconda i valorosi, E rompiamo il nemico; e voi piombate Sopra i dispersi. Ma s'ei dura incontro L'impeto nostro, e ci vedete entrati Donde uscir soli non possiam; venite A noi, reggete i periglianti amici; Ché per cosa che accaggia, io vi prometto, Retrocedere a voi non ci vedrete. FORTEBRACCIO Non ci vedrete, no. SFORZA Siatene certi. FORTEBRACCIO Sia lode al ciel, combatteremo alfine: Mai non accadde a capitan, ch'io sappia, Per fare il suo mestier contender tanto. PERGOLA O Carmagnola, tu pensasti che oggi Il giovenil corruccio alla prudenza Prevarrebbe dei vecchi: e ti apponesti. FORTEBRACCIO Sì, la prudenza è la virtù dei vecchi: Ella cresce cogli anni, e tanto cresce Che alfin diventa... PERGOLA Ebben, dite. FORTEBRACCIO Paura; Poi che volete ad ogni modo udirlo. MALATESTI Fortebraccio! PERGOLA L'hai detto. Ad un soldato Che già più volte avea pugnato e vinto Prima che tu vedessi una bandiera, Oggi tu il primo hai detto... MALATESTI Da quel lato, Presso Maclodio è posto il Carmagnola. Quegli fra noi che avere oggi pensasse Altro nemico che costui, sarebbe un traditor: pensatamente il dico. PERGOLA Ritratto il voto che dapprima io diedi; E il do per la battaglia: ella fia quale Predissi allor; ma non importa. Allora Potea schifarsi; or la domando io primo: Io son per la battaglia. MALATESTI Accetto il voto, Ma non l'augurio: lo distorni il cielo Sul capo del nemico. PERGOLA O Fortebraccio, Tu m'hai offeso. MALATESTI Or via... FORTEBRACCIO Se così credi, Sia pur così: perché a te spiaccia, o a quale Altro pur sia, non crederai ch'io voglia Una parola ritirar che uscita Dalle labbra mi sia. MALATESTI (in atto di partire). Chi resta fido A Filippo, mi segua. PERGOLA Io vi prometto Che oggi darem battaglia, e che di noi Non mancheravvi alcuno. — O Fortebraccio, Non giunger onta ad onta; io ti ripeto, Tu m'hai offeso. — Ascolta, io t'offro il modo Che tu mi renda l'onor mio, serbando Intatto il tuo. FORTEBRACCIO Che vuoi? PERGOLA Dammi il tuo posto. Ovunque tu combatta, a tutti è noto Che tu volesti la battaglia, ed io — Io deggio ad ogni modo essere in luogo Che l'amico e il nemico aperto veggia Ch'io non ho... tu m'intendi. FORTEBRACCIO Io son contento, Piglia quel posto; poi che il brami è tuo. O forte, or m'odi: ora m'è dolce il dirti Ch'io non t'offesi, no: per la fortuna Del Signor nostro tu soverchio temi: Questo dir volli. Ma il timor che nasce In cor di quei che ama la vita, e l'ama Più dell'onor, ma che nel cor del prode Muore al primo periglio ch'egli affronta, E mai più non risorge, o valoroso, Pensavi tu?... PERGOLA Nulla pensai: tu parli Da generoso qual tu sei. (a Malatesti). Signore, Voi consentite al cambio?... MALATESTI Io v'acconsento; E son ben lieto di veder tant'ira Tutta cader sovra il nemico. TORELLO (allo Sforza). Io stava Col Pergola da prima; ingiusto, io spero, Non vi parrà... SFORZA V'intendo; e con lui state Alla vanguardia: ultimi e primi, tutti Combatterem; poco m'importa il dove. MALATESTI Non più ritardi. Iddio sarà coi prodi. (partono). SCENA IV Campo veneziano. Tenda del Conte. IL CONTE,poi un Soldato che sopraggiunge SOLDATO Signor, l'oste nemica è in movimento: La vanguardia è sull'argine, e s'avanza. IL CONTE I condottieri dove son? SOLDATO Qui tutti Fuor della tenda i principali; e stanno Gli ordin vostri aspettando. IL CONTE Entrino tosto. (parte il soldato). SCENA V IL CONTE Eccolo il dì ch'io bramai tanto. — Il giorno Ch'ei non mi volle udir, che invan pregai, Che ogni adito era chiuso, e che deriso, Solo, io partiva, e non sapea per dove, Oggi con gioia io lo rammento alfine. Ti pentirai, dicea, mi rivedrai, Ma condottier de' tuoi nemici, ingrato! Io lo dicea; ma allor pareva un sogno, Un sogno della rabbia; ed ora è vero. Gli sono a fronte: ecco mi balza il core: Io sento il dì della battaglia... E s'io... No: la vittoria è mia. SCENA VI IL CONTE, GONZAGA, ORSINI, TOLENTINO, altri CONDOTTIERI. IL CONTE Compagni, udiste La lieta nuova: l'inimico ha fatto Ciò ch'io volea; così voi pur farete. E il sol che sorge, a ognun di noi, lo giuro, Il più bel dì di nostra vita apporta. Non è tra voi chi una battaglia aspetti Per farsi un nome, il so; ma questa sera L'avrem più glorioso; e la parola Che al nostro orecchio sonerà più grata, Omai fia quella di Maclodio. Orsini, Son pronti i tuoi? ORSINI Sì. IL CONTE Corri all'imboscate Sulla destra dell'argine; raggiungi Quei che vi stanno, e prendine il comando. E tu a sinistra, o Tolentino. E quindi Non vi movete, che non sia lo scontro Incominciato; quando ei fia, correte Alle spalle al nemico. Udite entrambi. Se

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Argomenti: tanto stuolo,    resta fido

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