Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni pagina 5

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dell'insidie egli s'avvede, e tenta Ritrarsi, appena avrà voltato il dorso, Siategli addosso uniti: io son con voi. Provochi, o fugga, oggi dev'esser vinto. ORSINI Ei lo sarà. (parte). TOLENTINO T'ubbidirem, vedrai. (parte). IL CONTE (agli altri). Tu, Gonzaga, al mio fianco. I posti a voi Assegnerò sul campo. Andiam, compagni; Si resista al prim'urto: Il resto è certo. FINE DELL'ATTO SECONDO CORO S'ode a destra uno squillo di tromba; A sinistra risponde uno squillo: D'ambo i lati calpesto rimbomba Da cavalli e da fanti il terren. Quinci spunta per l'aria un vessillo; Quindi un altro s'avanza spiegato: Ecco appare un drappello schierato; Ecco un altro che incontro gli vien. Già di mezzo sparito è il terreno; Già le spade rispingon le spade; L'un dell'altro le immerge nel seno; Gronda il sangue; raddoppia il ferir. — Chi son essi? Alle belle contrade Qual ne venne straniero a far guerra Qual è quei che ha giurato la terra Dove nacque far salva, o morir? — D'una terra son tutti: un linguaggio Parlan tutti: fratelli li dice Lo straniero: il comune lignaggio A ognun d'essi dal volto traspar. Questa terra fu a tutti nudrice Questa terra di sangue ora intrisa, Che natura dall'altre ha divisa, E ricinta con l'alpe e col mar. — Ahi! Qual d'essi il sacrilego brando Trasse il primo il fratello a ferire? Oh terror! Del conflitto esecrando La cagione esecranda qual è? — Non la sanno: a dar morte, a morire Qui senz'ira ognun d'essi è venuto; E venduto ad un duce venduto, Con lui pugna, e non chiede il perché. — Ahi sventura! Ma spose non hanno, Non han madri gli stolti guerrieri? Perché tutte i lor cari non vanno Dall'ignobile campo a strappar? E i vegliardi che ai casti pensieri Della tomba già schiudon la mente, Ché non tentan la turba furente Con prudenti parole placar? — Come assiso talvolta il villano Sulla porta del cheto abituro Segna il nembo che scende lontano Sopra i campi che arati ei non ha; Così udresti ciascun che sicuro Vede lungi le armate coorti, Raccontar le migliaia de' morti, E la piéta dell'arse città. Là, pendenti dal labbro materno Vedi i figli che imparano intenti A distinguer con nomi di scherno Quei che andranno ad uccidere un dì; Qui le donne alle veglie lucenti De' monili far pompa e de' cinti, Che alle donne diserte de' vinti Il marito o l'amante rapì. — Ahi sventura! sventura! sventura! Già la terra è coperta d'uccisi; Tutta è sangue la vasta pianura; Cresce il grido, raddoppia il furor. Ma negli ordini manchi e divisi Mal si regge, già cede una schiera; Già nel volgo che vincer dispera, Della vita rinasce l'amor. Come il grano lanciato dal pieno Ventilabro nell'aria si spande; Tale intorno per l'ampio terreno Si sparpagliano i vinti guerrier. Ma improvvise terribili bande Ai fuggenti s'affaccian sul calle; Ma si senton più presso alle spalle Anelare il temuto destrier. Cadon trepidi a piè de' nemici, Gettan l'arme, si danno prigioni: Il clamor delle turbe vittrici Copre i lai del tapino che mor. Un corriero è salito in arcioni; Prende un foglio, il ripone, s'avvia, Sferza, sprona, divora la via Ogni villa si desta al rumor. Perché tutti sul pesto cammino Dalle case, dai campi accorrete? Ognun chiede con ansia al vicino, Che gioconda novella recò? Donde ei venga, infelici, il sapete, E sperate che gioia favelli? I fratelli hanno ucciso i fratelli: Questa orrenda novella vi do. Odo intorno festevoli gridi; S'orna il tempio, e risona del canto; Già s'innalzan dai cori omicidi Grazie ed inni che abbomina il ciel. Giù dal cerchio dell'alpi frattanto Lo straniero gli sguardi rivolve; Vede i forti che mordon la polve, E li conta con gioia crudel. Affrettatevi, empite le schiere, Sospendete i trionfi ed i giochi, Ritornate alle vostre bandiere: Lo straniero discende: egli è qui. Vincitor! Siete deboli e pochi? Ma per questo a sfidarvi ei discende; E voglioso a quei campi v'attende Dove il vostro fratello perì. Tu che angusta a' tuoi figli parevi, Tu che in pace nutrirli non sai, Fatal terra, gli estrani ricevi: Tal giudizio comincia per te. Un nemico che offeso non hai A tue mense insultando s'asside; Degli stolti le spoglie divide; Toglie il brando di mano a' tuoi re. Stolto anch'esso! Beata fu mai Gente alcuna per sangue ed oltraggio? Solo al vinto non toccano i guai; Torna in pianto dell'empio il gioir. Ben talor nel superbo viaggio Non l'abbatte l'eterna vendetta; Ma lo segna, ma veglia ed aspetta; Ma lo coglie all'estremo sospir. Tutti fatti a sembianza d'un Solo, Figli tutti d'un solo Riscatto, In qual ora, in qual parte del suolo, Trascorriamo quest'aura vital Siam fratelli; siam stretti ad un patto: Maledetto colui che l'infrange, Che s'innalza sul fiacco che piange, Che contrista uno spirto immortal! ATTO III SCENA I Tenda del Conte. IL CONTE e il PRIMO COMMISSARIO. IL CONTE Siete contenti? PRIMO COMMISSARIO Udir l'alto trionfo Della patria; vederlo; essere i primi A salutarla vincitrice; a lei Darne l'annunzio; assistere alla fuga De' suoi nemici; e mentre al nostro orecchio Rimbomba il suon della minaccia ancora, Veder la gloria sua fuor del periglio Uscir raggiante e più che mai serena, Come un sol dalle nubi; è gioia questa Forse, o signor, cui la parola arrivi? Voi la vedete: essa vi sia misura Della riconoscenza; e ben ci tarda Di rendervi tai grazie in altro nome Che non è il nostro, e del Senato a voi Riferir la letizia e il guiderdone. Ei sarà pari al merto. IL CONTE Io già lo tengo. Venezia è salva; ho liberata in parte Una grande promessa; ho fatto alfine Risovvenir di me tal che m'avea Dimenticato; ho vinto. PRIMO COMMISSARIO Ed or si vuole Assicurar della vittoria il frutto. IL CONTE ... Questa è mia cura. PRIMO COMMISSARIO Or che dal vostro brando Sgombra è la via, noi ci aspettiam che tutta Voi la farete; né starem fin tanto Che non si giunga del nemico al trono. IL CONTE Quando fia tempo. PRIMO COMMISSARIO E che? Voi non volete Inseguire i fuggenti? IL CONTE Or non lo voglio. PRIMO COMMISSARIO Ma il Senato lo crede... E noi ben certi Che pari all'alta occasion, che pari Alla vittoria il vostro ardor saria Nel proseguirla, abbiamo a lui... IL CONTE Vi siete Troppo affrettati. PRIMO COMMISSARIO E che dirà mai quando Udrà che ancor siam qui? IL CONTE Dirà, che il meglio È di fidarsi a chi per lui già vinse. PRIMO COMMISSARIO Ma... che pensate far? IL CONTE Ve l'avrei detto Più volentier pochi momenti or sono; Pur convien ch'io vel dica. Io non mi voglio Allontanar di qui pria ch'espugnate Non sian le rocche che ci stan d'intorno. Voglio un solo nemico, e quello in faccia. PRIMO COMMISSARIO Or dunque i nostri voti... IL CONTE I vostri voti Più arditi son del brando mio, più rapidi De' miei cavalli; ... ed io... la prima volta È che mi sento dir pur ch'io m'affretti. PRIMO COMMISSARIO Ma pensaste abbastanza? IL CONTE E che! Sì nuova Dunque mi giunge una vittoria? E parvi Che questa gioia mi confonda il core Tanto che il primo mio pensier non sia Per ciò che resta a far? SCENA II IL SECONDO COMMISSARIO e detti. SECONDO COMMISSARIO Signor, se tosto Non correte al riparo, una sfacciata Perfidia s'affatica a render vana Sì gran vittoria; e già l'ha fatto in parte. IL CONTE Come? SECONDO COMMISSARIO I prigioni escon del campo a torme; I condottieri ed i soldati a gara Li mandan sciolti, né tenerli puote Fuor che un vostro comando. IL CONTE Un mio comando? SECONDO COMMISSARIO Esitereste a darlo? IL CONTE È questo un uso Della guerra, il sapete. È così dolce Il perdonar quando si vince! e l'ira Presto si cambia in amistà ne' cori Che batton sotto il ferro. Ah! non vogliate Invidiar sì nobil premio a quelli Che hanno per voi posta la vita, ed oggi Son generosi, perché ier fur prodi. SECONDO COMMISSARIO

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Argomenti: secondo commissario,    comune lignaggio,    sacrilego brando,    conflitto esecrando,    turba furente

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