Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce pagina 2

Testo di pubblico dominio

vanno. BERTOLDO Or eccomi tornato sopra una carogna scorticata e tutta carica di mosche, come tu vedi, che quasi l'hanno mangiata tutta e me insieme ancora: onde mi tengo aver servato quel tanto che io di far promissi. RE Tu sei un grand'uomo. Or va, ch'io ti perdono, e voi menatelo a mangiare. BERTOLDO Non mangia colui che ancora non ha finito l'opera. RE Perché, hai tu forse altro da dire? BERTOLDO Io non ho ancora incominciato. RE Orsù, manda via quella carogna, e tu ritirati alquanto da banda perché io veggio venire in qua due donne che devono forse voler audienza da me; e come io le avrò ispedite, tornaremo di nuovo a ragionare insieme. BERTOLDO Io mi ritiro, ma guarda a dare la sentenza giusta. Lite donnesca. Vennero dunque due donne dinanzi al Re, e una di quelle aveva rubbato uno specchio di cristallo all'altra, e quella di chi era lo specchio si chiamava Aurelia, e l'altra che l'aveva rubbato si chiamava Lisa, la quale aveva il detto specchio in mano. E Aurelia querelandosi innanzi al re, disse: AURELIA Sappi, Signore, che costei ieri sera fu nella camera mia e mi rubbò quello specchio di cristallo ch'ella tiene in mano. Io gliel'ho addimandato più volte, ed essa me lo nega e non me lo vuol restituire, e però io t'addimando giustizia. LISA Questa non è la verità, anzi sono più giorni ch'io lo comprai dei miei danari e non so come costei abbia tanto ardire di chiedere quello che non è suo. AURELIA Deh, giustissimo Re, non dar credito alle false parole di costei, perché ella è una ladra publica che non ha conscienza né fede, e sappi tua Maestà che io non mi sarei mossa a chiedere quello che non è mio per tutto l'oro del mondo. LISA O che conscienza grossa! Sa ella mo' bene dare ad intendere di essere lei quella dalla ragione, e chi ti credesse, ah, sorella, ne sapresti trovare delle megliori? Ma noi siamo dinanzi a un giudice che conoscerà la mia innocenza e la tua falsità. AURELIA O terra, perché non t'apri a inghiottire questa ribalda che con tanta sfacciataggine nega quello che è mio, e di più si sforza dare ad intendere di esser lei quella dalla ragione e io dal torto? O Cielo, scopri tu la verità di questo fatto. Sentenza giusta del Re. RE Orsù, achettatevi, che or ora io vi consolarò. Pigliate qua voi questo specchio e spezzatelo minutamente e diassene tanti pezzi all'una quanto all'altra e così tutte dua saranno contente. Che ne dite voi? LISA Io sì mi contento, perché così sarà finita la lite fra noi, né gridaremo più insieme. AURELIA No, no. Diasi pur più tosto a lei che romperlo, perché io non potrei mai soffrire di vedere che fosse spezzato così bello specchio; e chi sa che un giorno, rimorsa dalla conscienza, ella non me lo renda. Portiselo dunque costei intiero a casa e sia qui finita la nostra tenzone. LISA La sentenza del re mi piace; spezzisi pure, che mai più non avremo da rengare insieme. Su, che si venghi al fatto. Prudenza del Re. RE Orsù, io conosco veramente che lo specchio è di colei che non vuole che si spezzi; perché al pianto, alle lagrime e al supplicare ch'ella fa, quanto al giudicio mio, mostra segno chiarissimo ch'ella n'è patrona e che quest'altra gliel'ha involato. Diasi adunque lo specchio a lei e mandisi via l'altra vergognosamente. AURELIA Io ti ringrazio infinitamente, benignissimo Signore, poiché conoscendo con la tua prudenza la malizia di costei, hai dato la sentenza retta, come giusto giudice; onde pregarò sempre il cielo che ti conservi e ti dia tutte le prosperità che desideri. RE Va' in pace, e sforzati d'esser da bene. In vero si conosce che lo specchio è di costei perché al lagrimar ch'ella faceva, mostrava chiaro segno ch'ei fosse suo. Bertoldo ridendo di tal sentenza, dice: BERTOLDO Questa non è buona cognizione, o Re. RE Perché non è buona cognizione? BERTOLDO Tu credi dunque alle lagrime delle donne? RE Perché non vuoi tu ch'io gli creda? BERTOLDO Or non sai tu che il suo pianto è un inganno? e che ogni cosa ch'esse fanno o dicono è l'istesso, però ch'esse piangono con gli occhi e ridono con il cuore; ti sospirano dinanzi, poi ti burlano di dietro, parlano al contrario di quello ch'esse pensano, e pensano al contrario di quello ch'esse parlano; però il versare delle lagrime loro, lo sbattersi, la mutazione della faccia, tutte sono fraudi, inganni e tradimenti che gli scorrono per la mente per adempire i loro ingordi e insaziabili desiderii. Lodi date dal Re alle donne. RE Tanto hanno in esse bontà le donne, senno e prudenza, quanto alcuna di queste cose da te impostegli a torto; e se a sorte pur una pecca per fragilità è degna di scusa per esser ella più molle e più facile al cadere in questi diffetti che non è l'uomo. Prima, la donna ama il suo marito, genera i figliuoli, gli alleva, gli nodrisce, gli costuma e gli mostra tutte le buone creanze. La donna regge la casa, mantien la robba, custodisce la famiglia, sollecita le serve e provede a tutti i disordini che possono avvenire in casa, ama con fedeltà, è dolce da pratticare, nobile da conversare, schietta nel contrattare e discreta nel comandare, pronta nell'ubidire, onesta nel ragionare, modesta nel procedere, sobria nel mangiare, parca nel bere, mansueta con quelli di casa e trattabile con quelli di fuora. In somma, la donna apresso l'uomo si può dire ch'ella sia una gemma orientale, legata in oro purissimo; e per una che caschi in qualche frenesia o umore stravagante, mille all'incontro ne sono onestissime e da bene; e però io tengo che la sentenza da me data sia stata giusta. BERTOLDO Veramente si vede che tu ami molto le donne, e però hai fatto sì bella spiegata di parole in lode loro. Ma che dirai tu se io ti farò tornare a dietro tutto quello che in suo favore hai detto, prima che tu vadi a dormire doman di sera? RE Quando tu farai questo, il quale tengo che sia impossibile che lo facci, io dirò che tu sei il primo uomo del mondo; ma se tu non lo farai io ti farò impiccar subito. BERTOLDO Orsù, a rivederci domani. Così, essendo sera, il Re si ritirò nelle sue stanze e Bertoldo, dopo aver cenato, andò a dormire alla stalla per quella notte, andando fantasticando fra sé di trovar strada acciò che il Re cantasse alla roversa di quanto avea detto in lode delle donne; e, avendo pensato una nuova astuzia, si pose a dormire, aspettando il giorno per porla in essecuzione. Astuzia di Bertoldo. Venuta la mattina, Bertoldo si levò dalla paglia e andò a trovare quella femina alla quale il Re aveva data la sentenza in favore e gli disse: BERTOLDO Tu non sai quello che ha determinato il Re? AURELIA Io non so nulla se tu non me lo dici. BERTOLDO Egli ha commesso che lo specchio sia spezzato, com'ei disse, e dato la metà a quell'altra perché ella si è appellata della sentenza; onde il Re, per non udire più querelle, vuole, col dividerlo, sodisfare all'una e all'altra. AURELIA Come che il Re ha determinato che il mio specchio sia spezzato, se di già egli ha sentenziato ch'esso mi sia restituito sano e intiero? Oh, che tu mi burli, va' via! BERTOLDO Io non ti burlo, certo; che gliel'ho udito dire con la sua propria bocca. AURELIA Ohimè, che è quello ch'io sento; forsi ei fa questo per dar sodisfazzione a quella maledetta femina. Oh che giuste sentenze, oh che nobili azzioni d'un Re, oh povera giustizia, come sei tu bene amministrata, poiché adesso si crede più alla bugia che alla verità. Oh misera me! Pur converrà ch'io ti veggia rotto in mille pezzi, caro il mio specchio, uh, uh! BERTOLDO Il ciel volesse che non vi fusse di peggio. AURELIA E che cosa vi può essere di peggio per me che questo? BERTOLDO Egli ha ordinato una legge che ogni uomo debba prendere sette mogli. Or mira un poco tu che ruina sarà per le case con tante femine. AURELIA Come, ch'ei vuole che ogni uomo pigli sette mogli? Oh questo è ben peggio che s'ei facesse rompere quanti specchi sono nella città. Ma che pazzia è

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