Novelle rusticane di Giovanni Verga pagina 13

Testo di pubblico dominio

comprava subito un pezzo di terra; perché voleva arrivare ad avere della terra quanta ne ha il re, ed esser meglio del re, ché il re non può né venderla, né dire ch'è sua. Di una cosa sola gli doleva, che cominciasse a farsi vecchio, e la terra doveva lasciarla là dov'era. Questa è una ingiustizia di Dio, che dopo di essersi logorata la vita ad acquistare della roba, quando arrivate ad averla, che ne vorreste ancora, dovete lasciarla! E stava delle ore seduto sul corbello, col mento nelle mani, a guardare le sue vigne che gli verdeggiavano sotto gli occhi, e i campi che ondeggiavano di spighe come un mare, e gli oliveti che velavano la montagna come una nebbia, e se un ragazzo seminudo gli passava dinanzi, curvo sotto il peso come un asino stanco, gli lanciava il suo bastone fra le gambe, per invidia, e borbottava: - Guardate chi ha i giorni lunghi! costui che non ha niente! Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all'anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: - Roba mia, vientene con me! Storia dell'asino di S. Giuseppe L'avevano comperato alla fiera di Buccheri ch'era ancor puledro, e appena vedeva una ciuca, andava a frugarle le poppe; per questo si buscava testate e botte da orbi sul groppone, e avevano un bel gridargli: "Arriccà!". Compare Neli, come lo vide vispo e cocciuto a quel modo, che si leccava il muso alle legnate, mettendoci su una scrollatina d'orecchie, disse: "Questo è il fatto mio". E andò diritto al padrone, tenendo nella tasca la mano colle trentacinque lire. - Il puledro è bello - diceva il padrone - e val più di trentacinque lire. Non ci badate se ha quel pelame bianco e nero come una gazza. Ora vi faccio vedere sua madre, che la teniamo lì nel boschetto perché il puledro ha sempre la testa alla poppa. Vedrete la bella bestia morella! che mi lavora meglio di una mula e mi ha fatti più figli che non abbia peli addosso. In coscienza mia! non so d'onde sia venuto quel mantello di gazza al puledro. Ma l'ossatura è buona, ve lo dico io! Già gli uomini non valgono pel mostaccio. Guardate che petto! e che pilastri di gambe! Guardate come tiene le orecchie! Un asino che tiene le orecchie ritte a quel modo lo potete mettere sotto il carro o sotto l'aratro come volete, e fargli portare quattro tumoli di farro meglio di un mulo, per la santa giornata che corre oggi! Sentite questa coda, che vi ci potete appendere voi con tutto il vostro parentado! Compare Neli lo sapeva meglio di lui; ma non era minchione per dir di sì, e stava sulla sua colla mano in tasca, alzando le spalle e arricciando il naso, mentre il padrone gli faceva girare il puledro dinanzi. - Uhm! - borbottava compare Neli. - Con quel pelame lì, che par l'asino di san Giuseppe! Le bestie di quel colore sono tutte vigliacche, e quando passate a cavallo pel paese, la gente vi ride in faccia. Cosa devo regalarvi per l'asino di san Giuseppe? Il padrone allora gli voltò le spalle infuriato, gridando che se non conoscevano le bestie, o se non avevano denari per comprare, era meglio non venire alla fiera, e non far perdere il tempo ai cristiani, nella santa giornata che era. Compare Neli lo lasciò a bestemmiare, e se ne andò con suo fratello, il quale lo tirava per la manica del giubbone, e gli diceva che se voleva buttare i denari per quella brutta bestia, l'avrebbe preso a pedate. Però di sottecchi non perdevano di vista l'asino di san Giuseppe, e il suo padrone che fingeva di sbucciare delle fave verdi, colla fune della cavezza fra le gambe, mentre compare Neli andava girandolando fra le groppe dei muli e dei cavalli, e si fermava a guardare, e contrattava ora questa ed ora quella delle bestie migliori, senza aprire il pugno che teneva in tasca colle trentacinque lire, come se ci avesse avuto da comprare mezza fiera. Ma suo fratello gli diceva all'orecchio, accennandogli l'asino di san Giuseppe: - Quello è il fatto nostro. La padrona dell'asino di tanto in tanto correva a vedere cosa s'era fatto, e al trovare suo marito colla cavezza in mano, gli diceva: - Che non lo manda oggi la Madonna uno che compri il puledro? E il marito rispondeva ogni volta: - Ancora niente! C'è stato uno a contrattare, e gli piaceva. Ma è tirato allo spendere, e se n'è andato coi suoi denari. Vedi, quello là, colla berretta bianca, dietro il branco delle pecore. Però sinora non ha comperato nulla, e vuol dire che tornerà. La donna avrebbe voluto mettersi a sedere su due sassi, là vicino al suo asino, per vedere se si vendeva. Ma il marito le disse: - Vattene! Se vedono che aspetti, non conchiudono il negozio. Il puledro intanto badava a frugare col muso fra le gambe delle somare che passavano, massime che aveva fame, tanto che il padrone, appena apriva bocca per ragliare, lo faceva tacere a bastonate, perché non l'avevano voluto. - È ancora là! - diceva compare Neli all'orecchio del fratello, fingendo di tornare a passare per cercare quello dei ceci abbrustoliti. - Se aspettiamo sino all'avemaria, potremo averlo per cinque lire meno del prezzo che abbiamo offerto. Il sole di maggio era caldo, sicché di tratto in tratto, in mezzo al vocìo e al brulichìo della fiera, succedeva per tutto il campo un gran silenzio, come non ci fosse più nessuno; e allora la padrona dell'asino tornava a dire a suo marito: - Non ti ostinare per cinque lire di più o di meno; che stasera non c'è da far la spesa; e poi sai che cinque lire il puledro se le mangia in un mese, se ci resta sulla pancia. - Se non te ne vai - rispondeva suo marito - ti assesto una pedata di quelle buone! Così passavano le ore alla fiera; ma nessuno di coloro che passavano davanti all'asino di san Giuseppe si fermava a guardarlo; e sì che il padrone aveva scelto il posto più umile, accanto alle bestie di poco prezzo, onde non farlo sfigurare col suo pelame di gazza accanto alle belle mule baie ed ai cavalli lucenti! Ci voleva uno come compare Neli per andare a contrattare l'asino di san Giuseppe, che tutta la fiera si metteva a ridere al vederlo. Il puledro, dal tanto aspettare al sole, lasciava ciondolare il capo e le orecchie, e il suo padrone s'era messo a sedere tristamente sui sassi, colle mani penzoloni anch'esso fra le ginocchia e la cavezza nelle mani, guardando di qua e di là le ombre lunghe che cominciavano a fare nel piano, al sole che tramontava, le gambe di tutte quelle bestie che non avevano trovato un compratore. Compare Neli allora e suo fratello, e un altro amico che avevano raccattato per la circostanza, vennero a passare di là, guardando in aria, che il padrone dell'asino torse il capo anche lui per non far vedere di star lì ad aspettarli; e l'amico di compare Neli disse così, stralunato, come l'idea fosse venuta a lui: - O guarda l'asino di san Giuseppe! Perché non comprate questo qui, compare Neli? - L'ho contrattato stamattina; ma è troppo caro. Poi farei ridere la gente con quell'asino bianco e nero. Vedete che nessuno l'ha voluto fino adesso! - È vero, ma il colore non fa nulla, per quello che vi serve. E domandò al padrone: - Quanto vi dobbiamo regalare per l'asino di san Giuseppe? La padrona dell'asino di san Giuseppe, vedendo che si ripigliava il negozio, andava riaccostandosi quatta, quatta, colle mani giunte sotto la mantellina. - Non me ne parlate! - cominciò a gridare compare Neli, scappando per il piano. - Non me ne parlate che non ne voglio sentir parlare! - Se non lo vuole, lasciatelo stare - rispose il padrone. - Se non lo piglia lui, lo piglierà un altro. "Tristo chi non ha più nulla da vendere dopo la fiera!" - Ed io voglio essere ascoltato, santo diavolone! - strillava l'amico. - Che non posso dire la mia bestialità anch'io? E correva ad afferrare compare Neli pel giubbone; poi tornava a parlare all'orecchio del padrone dell'asino, il quale voleva tornarsene a casa per forza coll'asinello, e gli buttava le braccia al collo,

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Argomenti: pelame bianco,    ragazzo seminudo

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