I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi pagina 11

Testo di pubblico dominio

carità…." "Date ascolto, vi dico;" ed una mano gli si posò su la spalla scotendolo forte; ond'ei volgendo il capo vide il suo Principale. "Ah! siete voi, signor Waltom? Vi aveva scambiato col carnefice…." "Di simili errori è padre il delitto.—Dove avete le chiavi della cassa?" "Eccole." "Levatevi, e andiamo a riscontrarla." "Non importa…" "A me importa moltissimo." "Non importa, vi dico…." "Perchè? Dite: perchè?" "Perchè è vuota." "Vuota!" "Vuota." "Ahimè!" esclama il mercante abbandonandosi sopra una sedia;—"il male dunque è maggiore di quello che io immaginava! Domani dovrò sospendere i pagamenti! Fallire!" "Fallire…. oh no! Vi salderò…. stanotte." "Saldarmi voi? Stanotte? E con che?" "Oh io saldo tutti stanotte…. in verità…." rispose il giovane dando in altissimo scoppio di riso. "Miserabile! e ardisci ancora aggiungere lo scherno?"—vinto da immenso sdegno proruppe il signore Waltom; e stretto il pugno precipitò a percuoterlo nel volto. "Non mi battete!" balzando in piedi con disperata passione urla
Guglielmo; e cavatasi una pistola di tasca la sporge verso il signore
Waltom.
"Scellerato! vuoi ancora levarmi la vita?" urla a sua posta il signore
Waltom tratto fuori di sè.
"Ma uccidetemi…. piuttosto…. in carità,"—prosegue Guglielmo senza badare e forse senza udire le parole del Waltom. "È dovere liberare da questo iniquo la terra" continua il Waltom, il quale non udiva nè vedeva più nulla, non si accorgendo lo sciagurato giovane avergli voluto porgere l'arme perchè lo uccidesse. Nel concetto che avesse Guglielmo attentato ai suoi giorni, il signore Waltom esce furioso serrando la porta a doppio giro di chiave, e così come l'ira lo mena, in veste da camera, col capo scoperto, si caccia giù per le scale, e corre ad accusare il misero giovane al Presidente della Corte Criminale. Lo insidiatore sentì aprire la porta di casa; vide precipitare un uomo e correre alla sua volta; pensò fuggire, poi temè levare rumore, stette e si rannicchiò. Il signore Waltom passandogli da canto come folgore lo urlò, ma tanto l'ira il vinceva che non se ne accorse neppure. "Dove va costui?"—E lo seguitò alla lontana: in breve ebbe chiarito ogni incertezza, vedendolo entrare nel palazzo della Corte Criminale.—. "Per Dio! così non va bene: la matassa incomincia a imbrogliarsi: procedure criminali non mi accomodano; basta mettere un filo in mano a cotesti signori della Corte, che presto sanno dipanare il gomitolo. A tempo sereno ogni piloto vale. Una buona azione! Ride il Demonio…. rida…. il Demonio è uno stupido: se venisse nel mondo, i borsaioli adesso gli ruberebbero la coda; egli è buono per mettere paura ai bambini. Del gran cimbalo dell'universo bisogna sapere toccare tutti i tasti.—Ora è mestieri vedere Guglielmo, e poichè non si è voluto ammazzare, ed ha torto, persuaderlo alla fuga. A me basta l'animo per trafugarlo e nasconderlo fino…. fino al giorno del giudizio.—Certo io aveva immaginato il mio poema senza tanti episodi, semplice come una tragedia di Eschilo, ma la fortuna mi ci annesta sopra avvenimenti sì inaspettati e nuovi, che di classico a mio dispetto divento romantico…." Queste ed altre simili diavolerie fantasticando, con presti passi si accostava alla casa del signore Waltom: la trovò chiusa; stette alquanto sopra di sè considerando se fosse o no bene bussare, e darsi a conoscere al servo che gli aveva aperto poco anzi: non gli parve prudente. Allora, fecondissimo com'egli era di partiti, gli occorse un ripiego. Perlustrata la via, raccoglie diversi sassi, e con bella destrezza prende a gettargli nella finestra del secondo piano. I sassi tratti da mano maestra arrivavano al punto: ruppe due vetri, ma nessuno si affacciò; e sì che Guglielmo era nella stanza, e si vedeva la sua ombra passare e ripassare traverso il chiarore della finestra, e doveva pur sentire. "Cane d'Inglese! ha il capestro al collo, e fa il superbo!" Allora si attentò a chiamarlo piano dapprima; poi, urgendo la necessità, a poco a poco più forte: invano! Nessuno si mosse. Ma l'uomo dabbene ebbe avvertenza a tutto, e notando da lungi un insolito rumore, si trasse curioso in disparte. In breve fu udito più distinto un suono di voci concitate, di passi, e di armi; e indi a breve vide passare il signore Waltom, magistrati, e guardie di sicurezza. Waltom aperse l'uscio, entrò, e con esso gli altri, e richiusa la porta, ogni cosa tornò in silenzio. Costui ritto, attaccato alla parete, non fiatava; il cuore per paura di tratto in tratto gli dava dentro un trabalzo, ma egli costringeva quel cuore ribelle a starsi quieto con mano di ferro. Allo improvviso scoppia un tiro di pistola, e subito dopo prorompono diversi urli: un altro vetro della finestra del secondo piano vola in pezzi, di cui alcuni cadono addosso al Presidente. "E ci voleva tanto!" dilatando i polmoni con una lunga aspirazione di aria esclamò costui: "così aveva immaginato, e così va bene. La girandola ha preso tardi, ma ha preso. Adesso non mi rimane a fare più nulla, e posso andarmene a letto e dormire tranquillo." E ridottosi a casa si coricò difatti, e dormì tranquillo. La mattina appresso la dolente nuova si diffuse per la città: si fecero capannelli, corsero molte e diverse voci; le passioni come acqua turbata a poco a poco si acquietarono; la casa Waltom soccorsa opportunamente sì sostenne; nuovi e grossi guadagni ristorarono il danno, e la superficie fredda ed unita degli affari coperse di oblio cotesto avvenimento. Guglielmo rimase spento sul tiro: essendosi sparato la pistola in fondo alla bocca, la palla andò in linea retta a percuotere il cranio sotto il cervelletto; trovato lo intoppo dell'osso, tornò indietro traversando diagonalmente la testa, e spingendosi avanti il cervello ruppe l'osso frontale con un foro tondo quanto uno scudo. Quinci usciva in compagnia del cervello; ma il cervello come più casalingo rimase in camera, e si adagiò per l'appunto sopra la lettera che Guglielmo aveva scritto alla madre; la palla poi di voglie viaggiatrici prese la finestra…. "Possa Dio seccarti la lingua come il tendine del tuo avo Giacobbe!—Vuoi tu lacerti, Zabulone?.. tu mi laceri il capo…. or come ti basta l'animo per raccontare con tante arguzie sì dolenti cose?" "Non ricordava i tuoi nervi di seta.—La belva era presa: si adunarono per dividerne i brani sanguinosi: tra biglietti di banca, ghinee, zecchini, napoleoni, ed altre monete di oro di ogni maniera, fu trovato che il valsente carpito al defunto sommava a meglio di ventimila lire di sterlini,—valore enorme:—due sesti ne toccarono al Presidente, perchè così per patto; due sesti al gentil giovane dalla chioma bionda che estraeva le carte dalla cassetta chiusa per allontanare perfino il sospetto della lealtà sua nel giuoco; un sesto alla madre, un sesto alla figlia—Ma la supposta figlia si fece aspettare un pezzo, e poi non venne: andarono a trovarla, e piangeva. La dileggiarono, la schernirono; ella indicava il cuore, e le risposero con un coro di risa chiamandola: pazza! pazza!—ella prese a piangere, e le fecero sfolgorare su gli occhi napoleoni nuovi, ghinee di Giorgio IV ardenti e lampeggianti: ella supplicò a mani giunte la lasciassero in pace, e tutti insieme l'ammirarono per la stupenda attitudine a sostenere qualunque parte, anche la Maddalena penitente, la Margherita da Cortona:—brava, bravissima per verità! Tribolata con mille modi, impaziente di cotesta infame tortura con le fibre più dolorose del cuore, la peccatrice cessa le lacrime allo improvviso, con ambe le mani si tira i capelli dietro le orecchie, e favella risolutamente: "Levatemi davanti il prezzo del sangue! Guai a voi se lo accetto; io nol potrò tenere in mano non altramente che se fosse un tizzo acceso, e lo porterei al Magistrato, per impiccarmi poi come Giuda…." "Dice davvero!" mormorarono i complici; e non se lo fecero ripetere la seconda volta. Si restrinsero

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Argomenti: doppio giro,    tempo sereno,    altissimo scoppio,    immenso sdegno,    cuore ribelle

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