Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni pagina 17

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vostra bellezza non ha da essere soverchiamente coperta. BEATRICE Orsù, vi aspetto dal signor Pantalone; fatevi accompagnare da Truffaldino. FLORINDO L'attendo ancora un poco, e se il banchiere non viene, ritornerà un'altra volta. BEATRICE Mostratemi l'amor vostro nella vostra sollecitudine. (s'avvia per partire) TRUFFALDINO (Comandela, che resta a servir sto signor?). (piano a Beatrice, accennando Florindo) BEATRICE (Sì, lo accompagnerai dal signor Pantalone). (a Truffaldino) TRUFFALDINO (E da quella strada lo servirò, perché no gh'è Pasqual). (come sopra) BEATRICE Servilo, mi farai cosa grata. (Lo amo più di me stessa). (da sé, e parte) Scena dodicesima Florindo e Truffaldino TRUFFALDINO Tolì; nol se vede. El patron se veste, el va fora de casa, e nol se vede. FLORINDO Di chi parli? TRUFFALDINO De Pasqual. Ghe voio ben, l'è me amigo, ma l'è un poltron. Mi son un servitor che valo per do. FLORINDO Viemmi a vestire. Frattanto verrà il banchiere. TRUFFALDINO Sior padron, sento, che vussioria ha d'andar in casa de sior Pantalon. FLORINDO Ebbene, che vorresti tu dire? TRUFFALDINO Vorria pregarlo de una grazia. FLORINDO Sì, te lo meriti davvero, per i tuoi buoni portamenti. TRUFFALDINO Se è nato qualcossa, la sa, che l'è stà Pasqual. FLORINDO Ma dov'è questo maledetto Pasquale? Non si può vedere? TRUFFALDINO El vegnirà sto baron. E cusì, sior patron, vorria domandarghe sta grazia. FLORINDO Che cosa vuoi? TRUFFALDINO Anca mi, poverin, son innamorado. FLORINDO Sei innamorato? TRUFFALDINO Signor sì; e la me morosa l'è la serva de sior Pantalon; e vorria mo, che vussioria... FLORINDO Come c'entro io? TRUFFALDINO Oh, no digo, che la ghe intra; ma essendo mi el so servitor, che la disess una parola per mi al sior Pantalon. FLORINDO Bisogna vedere, se la ragazza ti vuole. TRUFFALDINO La ragazza me vol. Basta una parola al sior de sta carità. FLORINDO Sì, lo farò; ma come la manterrai la moglie? TRUFFALDINO Farò quel, che poderò. Me raccomanderò a Pasqual. FLORINDO Raccomandati a un poco più di giudizio. (entra in camera) TRUFFALDINO Se non fazzo giudizio sta volta, no lo fazzo mai più. (entra in camera, dietro a Florindo) Scena tredicesima Camera in casa di Pantalone. Pantalone, il Dottore, Clarice, Silvio, Smeraldina PANTALONE Via, Clarice, non esser cusì ustinada. Ti vedi, che l'è pentio sior Silvio, che el te domanda perdon; se l'ha dà in qualche debolezza, el l'ha fatto per amor, anca mi gh'ho perdonà i strambezzi; ti ghe li ha da perdonar anca ti. SILVIO Misurate dalla vostra pena la mia, signora Clarice, e tanto più assicuratevi, che vi amo davvero, quanto più il timore di perdervi mi aveva reso furioso. Il Cielo ci vuol felici, non vi rendete ingrata alle beneficenze del Cielo. Coll'immagine della vendetta non funestate il più bel giorno di nostra vita. DOTTORE Alle preghiere di mio figliuolo aggiungo le mie. Signora Clarice, mia cara nuora, compatitelo il poverino; è stato lì, lì, per diventar pazzo. SMERALDINA Via, signora padrona, che cosa volete fare? Gli uomini, poco più, poco meno, con noi sono tutti crudeli. Pretendono un'esattissima fedeltà, e per ogni leggiero sospetto ci strapazzano, ci maltrattano, ci vorrebbero veder morire. Già con uno, o con l'altro avete da maritarvi; dirò, come si dice agli ammalati, giacché avete da prender la medicina, prendetela. PANTALONE Via, sentistu? Smeraldina al matrimonio la ghe dise medicamento. No far che el te para tossego. (Bisogna veder de devertirla). (piano al Dottore) DOTTORE Non è né veleno, né medicamento, no, il matrimonio è una confezione, un giulebbe, un candito. SILVIO Ma, cara Clarice mia, possibile che un accento non abbia a uscire dalle vostre labbra? So, che merito da voi essere punito, ma per pietà, punitemi colle vostre parole, non con il vostro silenzio. Eccomi a' vostri piedi; movetevi a compassione di me. (s'inginocchia) CLARICE Crudele! (sospirando verso Silvio) PANTALONE (Aveu sentio quella sospiradina? Bon segno). (piano al Dottore) DOTTORE (Incalza l'argomento). (piano a Silvio) SMERALDINA (Il sospiro è come il lampo: foriero di pioggia). (da sé) SILVIO Se credessi, che pretendeste il mio sangue in vendetta della supposta mia crudeltà, ve lo esibisco di buon animo. Ma oh Dio! in luogo del sangue delle mie vene, prendetevi quello, che mi sgorga dagli occhi. (piange) PANTALONE (Bravo!). (da sé) CLARICE Crudele! (come sopra, e con maggior tenerezza) DOTTORE (È cotta). (piano a Pantalone) PANTALONE Animo, levève su. (a Silvio, alzandolo) Vegnì qua. (al medesimo, prendendolo per la mano) Vegnì qua anca vu, siora. (prende la mano di Clarice) Animo, tornève a toccar la man; fè pase, no pianzè più, consolève, fenila, tolè; el Cielo ve benediga. (unisce le mani d'ambidue) DOTTORE Via; è fatta. SMERALDINA Fatta, fatta. SILVIO Deh, signora Clarice, per carità. (tenendola per la mano) CLARICE Ingrato! SILVIO Cara. CLARICE Inumano! SILVIO Anima mia. CLARICE Cane! SILVIO Viscere mie. CLARICE Ah! (sospira) PANTALONE (La va). (da sé) SILVIO Perdonatemi per amor del Cielo. CLARICE Ah! vi ho perdonato! PANTALONE (La xè andada). DOTTORE Via, Silvio, ti ha perdonato. SMERALDINA L'ammalato è disposto, dategli il medicamento. Scena quattordicesima Brighella e detti. BRIGHELLA Con bona grazia, se pol vegnir? (entra) PANTALONE Vegnì qua mo, sior compare Brighella. Vu sè quello, che m'ha dà da intender ste belle fandonie, che m'ha assicurà, che sior Federigo giera quello, ah? BRIGHELLA Caro signor, chi non s'averave ingannà? I era do fradelli, che se someggiava come un pomo spartido. Con quei abiti averia zogà la testa, che el giera lu. PANTALONE Basta; la xè passada. Cossa gh'è da niovo? BRIGHELLA La signora Beatrice l'è qua, che la li vorria reverir. PANTALONE Che la vegna pur, che la xè parona. CLARICE Povera signora Beatrice, mi consolo, che sia in buono stato. SILVIO Avete compassione di lei? CLARICE Sì, moltissima. SILVIO E di me? CLARICE Ah briccone! PANTALONE Sentìu, che parole amorose? (al Dottore) DOTTORE Mio figliuolo poi ha maniera. (a Pantalone) PANTALONE Mia fia, poverazza, la xè de bon cuor. (al Dottore) SMERALDINA (Eh, tutti due sanno fare la loro parte). (da sé) Scena quindicesima Beatrice e detti. BEATRICE Signori, eccomi qui a chiedervi scusa, a domandarvi perdono, se per cagione mia aveste dei disturbi... CLARICE Niente, amica, venite qui. (l'abbraccia) SILVIO Ehi? (mostrando dispiacere di quell'abbraccio) BEATRICE Come! Nemmeno una donna? (verso Silvio) SILVIO (Quegli abiti ancora mi fanno specie). (da sé) PANTALONE Andè là, siora Beatrice, che per esser donna, e per esser zovene gh'avè un bel coraggio. DOTTORE Troppo spirito, padrona mia. (a Beatrice) BEATRICE Amore fa fare delle gran cose. PANTALONE I s'ha trovà, né vero, col so moroso? Me xè stà contà. BEATRICE Sì, il Cielo mi ha consolata. DOTTORE Bella riputazione! (a Beatrice) BEATRICE Signore, voi non c'entrate ne' fatti miei. (al Dottore) SILVIO Caro signor padre, lasciate che tutti facciano il fatto loro; non vi prendete di tai fastidi. Ora, che sono contento io, vorrei che tutto il mondo godesse. Vi sono altri matrimoni da fare? Si facciano. SMERALDINA Ehi, signore, vi sarebbe il mio. (a Silvio) SILVIO Con chi? SMERALDINA Col primo, che viene. SILVIO Trovalo, e son qua io. CLARICE Voi? Per far che? (a Silvio) SILVIO Per un poco di dote. CLARICE Non vi è bisogno di voi. SMERALDINA (Ha paura che glielo mangino. Ci ha preso gusto). (da sé) Scena sedicesima Truffaldino e detti. TRUFFALDINO Fazz reverenza a sti signori. BEATRICE Il signor Florindo dov'è? (a Truffaldino) TRUFFALDINO L'è qua, che el vorria vegnir avanti, se i sè contenta. BEATRICE Vi contentate, signor Pantalone, che passi il signor Florindo? PANTALONE Xèlo

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